Il caso

Bimbo ferito a Ventimiglia, l’avvocato della famiglia: «Mai sospettato di nonna e compagno»

Per giorni gli inquirenti hanno sentito la coppia che ha sempre ribadito la prima versione: quella dell'auto pirata

polizia ventimiglia

Ventimiglia. «Il padre ha sempre lasciato a sua madre e al compagno il figlio. Era tranquillo come lo sono i genitori che sanno di poter contare sui nonni. Non ci sono mai stati segni sul corpo del bambino né altro che potessero far pensare a maltrattamenti. Non sappiamo quello che è successo quel giorno. Ci affidiamo alla magistratura e alla squadra di polizia che sta indagando serratamente sul caso: hanno la nostra piena fiducia». A parlare a nome del papà del piccolo R., ricoverato all’ospedale Gaslini di Genova dal 19 dicembre scorso, è l’avvocato Maria Gioffrè, legale del genitore che da quel giorno non lascia un attimo il suo bambino.

Per quanto accaduto, sono indagati per lesioni gravissime a piede libero la nonna paterna e il compagno, un uomo di 75 anni. Il bimbo era con loro, la mattina di quel 19 dicembre, e sempre loro, inizialmente, hanno dichiarato di averlo perso di vista per poi ritrovarlo sull’asfalto, nella strada davanti a casa, in via Gallardi, in condizioni critiche. I due lo hanno caricato in auto e portato in piazza Costituente dal papà, che ha allertato i soccorsi. Sia agli inquirenti, che ai soccorritori, che allo stesso padre, i due hanno mentito per giorni, dichiarando che il bimbo era stato investito da un’auto pirata. Una versione, questa, che sembrava essere avvalorata da quanto dichiarato dal medico del 118 che lo aveva visitato per primo. Secondo il medico, le lesioni riportate sulla schiena del bambino potevano essere assolutamente compatibili con un investimento. Ma nessuna vettura, si scoprirà poi visionando gli esami delle telecamere, era stata vista transitare in via Gallardi.

Il bimbo, semi-incosciente, aveva risposto «non ricordo» al papà che gli chiedeva, disperato, cosa gli fosse successo. Non ricordava, il piccolo, o forse non voleva ricordare, quello che gli era stato fatto. Quelle botte prese dal compagno della nonna, che lo ha ridotto in fin di vita per motivi ancora poco chiari.

Per giorni gli inquirenti hanno sentito la nonna e il compagno che hanno sempre ribadito la prima versione, e pure il padre del bimbo, sconvolto per quanto era successo, fino a ieri, prima di scoprire la verità, ci aveva creduto, chiedendo al “pirata” di costituirsi. I nonni erano anche andati al Gaslini per vedere il bimbo e mentre la nonna piangeva, il compagno, ancora lontano dal confessare, ha messo una mano sulla spalla del genitore e gli ha detto di farsi forza.

Il piccolo da ormai dieci giorni è ricoverato al Gaslini, dove è giunto in condizioni critiche a causa di lesioni interne e fratture a braccio e polso sinistro e a otto vertebre. L’ospedale fa sapere che il bimbo è «stabile ma necessita ancora di supporto ventilatorio e rimane ricoverato in terapia intensiva in prognosi riservata».

La verità è venuta a galla ieri, quando l’uomo, dopo aver mentito per giorni creando una verità alternativa, insieme alla compagna, si è recato in commissariato a Ventimiglia con il suo legale e si è costituito. “L’ho picchiato io”, ha detto anche se ancora non si sa bene né il perché, né il come. Non si esclude che lo abbia colpito in due momenti diversi, sia in casa che fuori. Ma gli atti sul delicato caso sono ancora secretati. L’interrogatorio dei due, ora entrambi indagati per lesioni gravissime, è andato avanti per ore: dalle 13 alle 19,30. Poi sono tornati a casa, scortati dalla polizia, per evitare di essere linciati da parenti e amici dei genitori del bimbo.

Oltre alla coppia, la polizia ha sentito un testimone, un vicino, che ha dichiarato di aver visto il bimbo rannicchiato a terra vicino al cortile di casa e di averlo segnalato al nonno acquisito.

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