Ventimiglia, a Ponte San Ludovico il saluto ad Ahmed Safi: il 19enne morto nel tentativo di attraversare la frontiera

13 novembre 2022 | 13:00
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Fiori, lumini e preghiere per Ahmed e le vittime della frontiera

Ventimiglia. Una commemorazione, un saluto, un addio, come si fa quando a lasciarci è un amico: è quanto hanno fatto stamane al valico di frontiera di Ponte San Ludovico, a Ventimiglia, circa quaranta persone, quasi tutte legate al mondo dell’associazionismo italiano e francese. In cerchio, con in mano fiori e candele, hanno ricordato Ahmed Safi: il migrante afgano di 19 anni che il 7 novembre scorso è morto sull’A10, alla barriera di Ventimiglia, travolto da due auto e da un tir mentre cercava di raggiungere a piedi la Francia.

Sceso da un mezzo pesante in corsa, il giovane ha attraversato la carreggiata, in galleria, e dopo essere stato urtato da due auto, un tir lo ha trascinato per oltre cinquecento metri, lasciando il suo corpo straziato tra i caselli allo svincolo di Ventimiglia.

«Ahmed è l’ennesima vittima delle politiche di discriminazione e respingimento della fortezza Europa – hanno detto i manifestanti, leggendo un messaggio in italiano, francese e inglese – Come lui sono più dei cinquanta le persone morte dal 2015 ad oggi nel tentativo di attraversare la frontiera italo-francese».

I manifestanti hanno posato mazzi di fiori e lumini, riunendosi in cerchio all’interno  dell’opera “Terzo Paradiso” di Michelangelo Pistoletto: qui hanno ricordato Ahmed e intonato una canzone intitolata “Ventimiglia tu sei maledetta”. «La mattina del 30 settembre si muovevano le truppe italiane Ventimiglia le terre lontane e dolente ognun si partì/ sotto il sole che batteva rovente si bloccavano i confini vicini, e dai monti colline e gran valli si partiva dicendo così:/ Ventimiglia, tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza, dolorosa ci fu la partenza è il ritorno una scelta, non fu/O vigliacchi, voi ve ne restate con le scarpe sui letti di lana schernitori di noi carne umana, questa guerra ci insegna a partir./Voi chiamate democrazia questa terra dai confini qui si muore gridando assassini».

Tra le varie associazioni presenti, anche Amnesty Italia e Francia, con Maria Giulia Latini del “Gruppo 73”: «Siamo qui per Ahmed l’ultima vittima, purtroppo, di quanti tentato di passare il confine. Questo è il luogo, dove ci riuniamo sempre ogni anno per la giornata del rifugiato. Amnesty è sempre polarizzata su questo enorme problema che dà tanto dolore e purtroppo lede i diritti umani fondamentali di queste persone». Alcuni attivisti hanno mostrato il cartello con su scritto: «Percorsi sicuri e legali». «Per evitare queste morti che sono orribili e non devono accadere – ha aggiunto Latini -. Ci dev’essere una presa di coscienza da parte di tutte le nazioni, bisognerà agire su Dublino. Tantissime regole devono essere messe in atto, perché queste morti e tragedie dei migranti siano fermate». Nel corso della cerimonia ha preso la parola anche uno dei tanti stranieri fermi al confine, che rivolgendosi ai media ha affermato: «Ho moglie, casa e famiglia. Vi siete chiesti perché siamo qui, perché siamo immigrati e chi ha creato l’immigrazione? Siete giornalisti, il vostro dovere è cercare la verità: chiedete ai vostri politici perché ci hanno costretto a lasciare le nostre terre e a venire qui. A noi la nostra famiglia manca e c’è chi, come Ahmed, non potrà tornare mai più dai suoi cari».

Presente alla manifestazione anche l’Anpi di Ventimiglia, con il segretario Dantilio Bruno: «Saremo sempre qui, finché le forze ce lo permetteranno», ha detto. «Ma non deve accadere mai più», ha concluso il professor Enzo Barnabà, legato al mondo dell’associazionismo.