Omicidio a Ventimiglia, in aula sfilano i testi della difesa: «Aldel era stanco, da anni cercava di regolarizzare la sua posizione»

9 novembre 2022 | 13:28
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Omicidio a Ventimiglia, in aula sfilano i testi della difesa: «Aldel era stanco, da anni cercava di regolarizzare la sua posizione»

Udienza aggiornata al 30 novembre, quando verrà ascoltato il dottor Ravera

Ventimiglia. Un uomo tranquillo, solo, che da anni cercava di regolarizzare la propria posizione in Italia e che, negli ultimi tempi, «sembrava stanco» ed era stato visto «in condizioni di alterazione causata da alcool o altro». E’ il ritratto di Mohammed Aldel, 36 anni: lo straniero finito a processo con l’accusa di omicidio aggravato da futili motivi (si parla del furto di un telefonino) per aver ucciso, tra il 25 e il 26 novembre scorsi, un giovane connazionale, colpendolo con sette coltellate, nel giaciglio di fortuna in cui la vittima viveva, a ridosso del parcheggio antistante il cimitero di Roverino, a Ventimiglia.

Davanti alla Corte d’Assise, nell’Aula Trifuoggi del Tribunale di Imperia, dove si celebra il processo, stamani (con un’ora e mezzo di ritardo a causa della mancanza dell’interprete) sono sfilati i testi della difesa, affidata all’avvocato Stefania Abbagnano, legale di fiducia di Aldel.

«Mentre ero al lavoro è arrivato un ragazzo, intorno alle 9.30 del mattino, e ci ha detto che c’era una persona ferita sotto il ponte. Eravamo in due. Abbiamo trovato la vittima e abbiamo chiamato la polizia» ha raccontato il primo teste, un sudanese di 39 anni, che lavora come mediatore culturale alla Caritas di Ventimiglia. «Conoscevo l’imputato da circa 7-8 mesi – ha aggiunto – Perché era arrivato alla Caritas a chiedere il permesso di soggiorno. Lo conoscevo da 6/8 mesi. Quando l’ho conosciuto non era in regola (aveva un permesso di soggiorno scaduto nel luglio 2019, ndr) ma Adel si stava impegnando in tutti modi per regolarizzare la sua posizione». «Lo vedevo tranquillo, sempre da solo o con un amico che al momento è ancora a Ventimglia – ha proseguito il teste -. Gli avevamo suggerito di seguire un percorso con uno psicologo perché lo avevamo visto particolarmente stanco e che non stava bene e secondo noi poteva avere problemi psicologici, era preoccupato».

Nel corso del dibattimento, è emerso anche che l’imputato aveva tentato, più volte, di entrare in Francia in modo illegale. Ma non essendoci riuscito, aveva avviato le pratiche per ottenere il permesso di soggiorno in Italia.

A testimoniare è stata poi un’operatrice sociale che ha detto di non ricordare con esattezza dove avesse conosciuto l’imputato, «ma sono certa di averlo conosciuto o sotto il ponte o nei pressi del parco Roya. L’imputato si è rivolto a noi nel 2021 per avere informazioni sull’esito della sua richiesta di asilo fatta nel 2017. L’esito non poteva essere notificato perché l’imputato non aveva una residenza e avrebbe dovuto recarsi in Prefettura. Aldel ha avuto per due volte un appuntamento, ma non si è mai presentato». Sul comportamento del presunto killer: «Non ha mai manifestato condotte aggressive, è sempre stato calmo e rispettoso – ha detto -. Nel 2021 quando lo abbiamo rivisto dopo un paio di anni sembrava stanco e abbattuto dalla situazione: una cosa che vediamo spesso nei ragazzi di cui ci occupiamo».

L’ultimo teste, una donna che ha svolto volontariato a Ventimiglia, ha riferito di aver incontrato diverse volte l’imputato durante la distribuzione di cibo sul piazzale antistante il cimitero di Roverino, a Ventimiglia. «L’ ho visto in condizioni di alterazione causato da alcool o altro», ha detto.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 30 novembre, quando verrà ascoltato il dottor Roberto Ravera: medico che ha avuto modo di incontrare l’imputato in carcere su richiesta della difesa. La sua testimonianza è considerata cruciale.