Aurigo nel racconto dello storico Andrea Gandolfo

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata agli approfondimenti
Aurigo. Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata agli approfondimenti storici a cura dello storico sanremese Andrea Gandolfo che oggi ha ricostruito per i lettori di Riviera24.it la storia del borgo di Aurigo, sorto intorno all’anno Mille intorno all’antica pieve di Sant’Andrea Apostolo e passato nel 1555 sotto la giurisdizione del Marchesato di Dolceacqua:
“Aurigo è un caratteristico borgo ligure di crinale situato lungo una piatta diramazione laterale che si diparte dalle pendici meridionali del Monte Guardiabella ad una altitudine di circa 430 metri alla confluenza del rio Lacorì nel torrente Impero. Il territorio comunale è delimitato a settentrione dallo spartiacque del Guardiabella, a sud confina con l’Impero, ad ovest con il territorio di Conio e ad est con quello di Candeasco, che sono attualmente entrambi frazioni del Comune di Borgomaro. Nei pressi del borgo vi sono inoltre le confluenze dei modesti corsi d’acqua delle Coette, del Succo, di Lacorì e del Banco nel torrente Impero, mentre i boschi circostanti sono ricchi di querce, uliveti e carpini.
L’etimologia del toponimo è forse ricollegabile, come Apricale, il paese della Val Nervia, al termine latino apricus, cioè “solatio, esposto al sole”, con il prefisso aur- derivato probabilmente da avr-, di cui rappresenta un esito anomalo, mentre altri hanno ipotizzato una possibile derivazione dal nome di persona germanico Aurigis, formato sul modello dei numerosi toponimi derivati da nomi di persona in seguito a sopravvenuta ellissi dell’appellativo, con il nome Aurigo derivato quindi da castrum Aurigis.
Per la sua particolare posizione il luogo venne scelto nel XIII secolo dai conti di Ventimiglia per costruirvi un castello, attorno al quale si andò gradualmente formando il nucleo primitivo del paese a partire dal Quattrocento, quando il borgo si spostò più a sud rispetto alla sua iniziale ubicazione più settentrionale nei pressi dell’antica chiesa di Sant’Andrea, da dove si sarebbe trasferito, secondo la tradizione, per un’invasione delle formiche, mentre, in realtà, sembra che lo spostamento sia attribuibile all’esigenza della popolazione di trasferirsi in un sito maggiormente difeso intorno al castello dei signori feudali del paese.
La disposizione dell’abitato assunse allora una forma triangolare con al vertice la roccaforte, posta in cima e dominante l’ammasso delle case attraversato da vicoli particolarmente stretti e tortuosi, che denotano la notevole antichità del borgo. Fin dal Medioevo gli abitanti di Aurigo si dedicarono alla raccolta delle olive nei numerosi uliveti che circondano il paese. Erano parimenti molto diffuse la cerealicoltura, la produzione di vino e l’allevamento dei bovini, alimentato quest’ultimo dalla raccolta di ingenti quantità di fieno nella vasta prateria estesa tra il Colle San Bartolomeo e la zona di San Bernardo di Conio.
Nel corso dei secoli a cavallo del Mille la primitiva comunità di Aurigo si andò costituendo nei pressi dell’antica pieve di Sant’Andrea Apostolo, che svolse le funzioni di prima parrocchiale del borgo e la cui esistenza è sicuramente attestata a partire dal 1242, quando vi venne sottoscritto il 2 di dicembre un atto di transazione tra gli uomini di Aurigo e Poggialto e il conte Filippo di Ventimiglia, la cui famiglia deteneva allora la signoria feudale del paese.
In questo patto vennero stabilite le franchigie accordate dal conte Filippo alle comunità di Aurigo e Poggialto, le quali facevano così atto di totale sottomissione ai loro signori in cambio della loro tutela e protezione. Il paese si era inoltre dotato di propri Statuti, che regolavano minuziosamente ogni aspetto della vita politica, sociale ed economica della piccola comunità, prevedendo tutta una serie di sanzioni per eventuali trasgressioni alle regole stabilite per il buon andamento della cosa pubblica sotto l’amministrazione comitale, che ne avrebbe poi approvato anche un testo riformato nel 1349.
Nel 1270 il paese venne conquistato da Carlo d’Angiò, ma tre anni dopo, con l’aiuto determinante delle truppe genovesi, i conti di Ventimiglia rientrarono in possesso del loro feudo, che avrebbero mantenuto per oltre due secoli. Alla fine del XV secolo, però, il signore del Maro Giovanni Antonio di Tenda, figlio di Onorato e di Margherita Del Carretto, rivendicando suoi antichi diritti di proprietà del territorio aurighese, attaccò il borgo e distrusse il castello dei conti, che tuttavia avrebbero riassunto il dominio del paese nel 1511 grazie all’aiuto fornito per l’occasione da Renato di Savoia.
Nel 1555 il feudo, insieme a quelli di Maro e Prelà, entrò a far parte del Marchesato di Dolceacqua, che passò in seguito sotto la giurisdizione del duca di Savoia Emanuele Filiberto. Intanto il dominio del paese era passato al ramo dei Ventimiglia-Lascaris, allora conti di Tenda, che vi costruirono un grandioso palazzo nella parte più alta dell’abitato a poca distanza dall’antico castello medievale dei Ventimiglia, che – come si è detto – era stato distrutto alla fine del Quattrocento durante il tentativo operato dal figlio di Margherita Del Carretto per cacciare gli antichi signori e impadronirsi del feudo. Nel corso della prima metà del XVI secolo la popolazione aurighese, insieme a quella del vicino paese di Poggialto, raggiunse la consistenza di 185 «fuochi», corrispondenti a circa 750 abitanti, con ben 170 fuochi concentrati solo ad Aurigo, che rappresentava così il centro più popoloso dell’intera Valle del Maro, superando lo stesso Maro Castello unito in quel tempo al «borgo» (l’odierna Borgomaro), che non superavano insieme i 130 fuochi.
Nel corso dell’età moderna venne anche istituito un Monte di Pietà, mentre, in base alle disposizioni testamentarie di Gregorio Mela, la comunità di Aurigo si impegnò a spendere ogni anno la somma di 25 scudi, metà dei quali destinati alle figlie di nuclei familiari che versavano in condizioni particolarmente misere e l’altra metà finalizzata a sovvenzionare varie opere pie. Con altro testamento, rogato dal notaio Berrobianco nel 1633, l’aurighese Giorgio Ventimiglia, allora residente a Milano, promosse la fondazione di una cappellania nella locale chiesa di Santa Maria, che seguiva di un anno quella istituita dal rettore Agostino Bruna con lascito del 4 aprile 1632 rogato dal notaio Andrea Melissano.
Particolarmente efficiente e curata era pure l’organizzazione militare del paese, che fu gestita a partire dal XVII secolo da esponenti della famiglia Emerigo, tra i quali il luogotenente Gio Francesco Rolando e i capitani Nicolao, Gio Giacomo, Gio Antonio e Giacomo ricoprirono la carica di comandante delle milizie locali per quasi tutto il Settecento, e precisamente in un periodo compreso tra il 1699 e il 1784. Alla fine del secolo diciottesimo svolgeva le mansioni di capitano delle milizie di Aurigo Giuseppe Dellerba, figlio del notaio Filippo.
Molto attivo sotto il profilo politico e amministrativo era inoltre il locale Parlamento, che assunse numerose deliberazioni tra il XVII e il XVIII secolo su questioni inerenti la vita sociale del borgo e sui suoi, a volte complessi e non sempre lineari, rapporti con le comunità vicine come la podesteria del Maro, con la quale sorse una controversia discussa nel corso di una seduta parlamentare tenuta nel 1707. Due anni dopo venne fatta una transazione tra la comunità di Aurigo e il sacerdote Gio Stefano Bruna unitamente ai suoi parenti con atto rogato dal notaio Giacomo Maria Clerici.
Nel XVIII secolo il paese entrò quindi stabilmente nell’orbita politica dei sovrani sabaudi, che avevano ereditato il dominio del borgo dalla gestione dell’antica famiglia comitale dei Ventimiglia-Lascaris, il cui ramo collaterale dei De Gubernatis aveva ormai fissato la sua residenza nello storico palazzo avito nella piazza del Castello e si sarebbe poi imparentato con i marchesi Ferrero di Alassio.
Durante l’età moderna le varie attività economiche, basate soprattutto sull’olivicoltura e la pastorizia, avevano il loro centro di promozione e sviluppo nell’antichissima fiera di San Paolo, che si teneva ogni anno il 29 e il 30 giugno alimentando il volume degli scambi commerciali tra i vari soggetti economici soprattutto nell’ambito del traffico di bestiame. Nonostante questa solida situazione economica, il paese non fu risparmiato dai numerosi conflitti che si succedettero nel corso del Sei-Settecento e che investirono pure il territorio di Aurigo, dove furono compiute pesanti incursioni, tra le quali spiccano quelle attuate dalle truppe franco-spagnole durante le operazioni belliche svoltesi nel Ponente durante la guerra di Successione austriaca, mentre l’episodio più tragico e drammatico della storia recente avvenne il 14 aprile 1800, quando, nel corso della guerra tra l’esercito napoleonico e le truppe austro-russe, il generale Jablonoski fece appiccare il fuoco alle case del borgo e consentì poi a suoi soldati di infierire sugli abitanti inermi e indifesi.
Dopo la breve parentesi della Repubblica Ligure e la dominazione napoleonica, il paese entrò a far parte, con tutto il territorio ligure, del Regno di Sardegna e fu incluso amministrativamente nella Divisione di Nizza, passando poi sotto la giurisdizione della provincia di Porto Maurizio dopo la cessione del Nizzardo alla Francia nel 1860. Nel frattempo la popolazione aurighese aumentava sempre di più raggiungendo, intorno al 1850, la consistenza di 700 unità, salite poi a 734 secondo i dati del primo censimento del Regno d’Italia, le quali sarebbero ulteriormente cresciute fino alla prima guerra mondiale (con un picco massimo registrato nel 1911) per iniziare una fase di lenta diminuzione, proseguita sino ai giorni nostri.
Il 23 febbraio 1887 il paese fu duramente colpito dal fortissimo terremoto che investì tutta la Liguria occidentale, tanto che si contarono ben dieci morti e tre feriti su una popolazione di soli 760 abitanti. Una trentina d’anni dopo la comunità di Aurigo pagò un altro tributo in termini di caduti e feriti per concorrere allo sforzo militare italiano nella Grande Guerra. Nel 1928 il paese divenne una frazione del Comune di Borgomaro, al quale sarebbe rimasto legato amministrativamente fino al 1954. Durante il secondo conflitto mondiale, il borgo, dove aveva la sua sede operativa un distaccamento partigiano della IV Brigata della II Divisione Garibaldi «Felice Cascione», conobbe la dura esperienza dell’occupazione tedesca e delle fasi più drammatiche della lotta di liberazione.
Dopo la fine della guerra la popolazione riprese le sue tradizionali attività legate soprattutto alla coltivazione degli ulivi e alla produzione di buoni vini da tavola commercializzati in area locale, mentre risulta molto attivo l’allevamento del bestiame costituito attualmente da circa 200 mucche e 180 pecore, che pascolano prevalentemente all’aperto allo stato semibrado effettuando la transumanza stagionale nelle zone alle spalle del Saccarello nei territori di Mendatica e Briga Alta e ridiscendendo a settembre a valle in occasione della fiera che si svolge annualmente a San Bernardo di Conio.
Meno importanti dal punto di vista economico generale sono le attività artigianali, limitate soltanto a una falegnameria e due panifici, oltre a una decina di muratori, mentre si registra la presenza di alcuni ristoranti che offrono ai propri clienti pasti genuini basati sulle tradizionali specialità locali contribuendo ad alimentare un flusso turistico, per la verità piuttosto contenuto, rappresentato in larga misura da una cerchia ristretta di ospiti domenicali e, durante la stagione estiva, anche da un piccolo gruppo di villeggianti, in buona parte abitanti nelle città costiere ma originari di Aurigo, che si recano a trascorrere le ferie estive nelle seconde case ubicate nel loro paese.
Compresa nel territorio comunale è anche la piccola frazione di Poggialto, una tipica borgata alpestre situata a 560 metri di altitudine e separata dal capoluogo da un costone boscoso, che presenta una struttura abitativa compatta con le case dall’apertura ridotta per difendersi dal clima rigido della stagione invernale. La frazione seguì le vicende di Aurigo condividendone la storia fino ad oggi e dipendendo anche dalla parrocchia del capoluogo fino a tutto il Settecento. La popolazione della borgata rimase infine sempre piuttosto limitata, non superando mai i 150 abitanti con una consistenza media intorno alle 100 unità, appartenenti peraltro alle stesse famiglie residenti ad Aurigo”.