Il caso

Sanremo, la vendita di Casa Serena bocciata dall’Anticorruzione

Richiamo al Comune dopo la segnalazione di un dirigente. "La gara doveva essere soggetta all’espletamento di una procedura aperta"

polizia casa serena
- Foto d'Archivio

Sanremo. L’autorità nazionale anticorruzione stronca la valorizzazione di Casa Serena, pianificata e attuata dall’amministrazione Biancheri nel settembre 2021. È inconfutabile il richiamo dell’Anac inviato a Palazzo Bellevue lo scorso 10 agosto, scaturito dalla segnalazione del luglio 2021 di un dirigente comunale. Colui che evidentemente – stando gli atti – per primo deve aver ritenuto potenzialmente illegittima la procedura di gara imbastita dall’ex segretario generale Tommaso La Mendola, arrivando, si scopre oggi, ad inviare una segnalazione diretta all’anticorruzione nazionale.

Il tenore del parere reso dall’Anac, a firma del presidente Giuseppe Busia, lascia adito a pochi dubbi. L’appalto di Casa Serena non doveva essere aggiudicato passando per la formula del “rent to buy”. Un’interpretazione  tranciante, quella dell’Anticorruzione, idonea a fare scuola su scala nazionale, e che ora rischia di rimettere in discussione la privatizzazione della residenza protetta di Poggio. Privatizzazione completata l’anno passato in un mare di polemiche. A vincere l’appalto con la formula rent to buy (il privato paga un canone e poi riscatta la proprietà del bene alla fine del periodo di concessione), era stata la My Home Srl. Tra My Home e amministrazione Biancheri era anche scoppiata di recente una battaglia legale al Tar per l’annullamento dell’affidamento in questione. In primo grado l’aveva spuntata la società con sede a Vercelli.

“La vendita di un bene di proprietà comunale tramite “rent to buy” non rientra tra i contratti soggetti all’applicazione del codice appalti né nel partenariato pubblico privato. Quindi non può essere affidato tramite una procedura analoga a quella prevista in materia di finanza di progetto”. Così si esprime il presidente nazionale Anac Giuseppe Busia, nel commentare il caso Sanremo.

“Il rent to buy è un nuovo tipo di contratto, introdotto nel nostro ordinamento dal Decreto Sblocca Italia nel 2014, con cui il proprietario consegna l’immobile al conduttore nonché futuro acquirente, il quale paga il canone; dopo un periodo di tempo fissato nello stesso contratto il conduttore può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo una parte dei canoni già pagati”.

I fatti. “L’istruttoria Anac è scaturita dalla segnalazione di un dirigente del comune ligure che ha denunciato la presunta illegittimità delle proroghe concesse per contratti di servizi (cucine, raccolta rifiuti, servizio di telemedicina, pulizia e altro), in una casa di riposo (Casa Serena, ndr), proroghe concesse “nelle more della procedura di alienazione” dell’azienda comunale a privati. Per la cessione del bene a privati, il Comune ha optato per un contratto “rent to buy” che, valutata di pubblico interesse la proposta irrevocabile di acquisto formulata dal soggetto proponente (cioè l’azienda che aveva in concessione i servizi in questione), è stato affidato con una procedura analoga al project financing. Il dirigente contesta l’illegittimità del ricorso a tale procedura che assegna al proponente un diritto di prelazione per aggiudicare un contratto non soggetto alla disciplina del codice appalti”.

I rilievi di Anac. “L’Anticorruzione ritiene che le proroghe concesse non siano in contrasto con la legge mentre per quanto riguarda la vendita della casa di riposo tramite contratto “rent to buy”, l’Autorità precisa che tale contratto non rientra in quelli regolati dal Codice né nel partenariato pubblico privato. Con la conseguenza di non poter applicare la procedura del project financing (prevista dall’articolo 183 del codice appalti). La modalità di vendita proposta avvantaggia l’azienda uscente che ha fatto la proposta concedendogli il diritto di prelazione: rispetto a una normale procedura aperta ha chiari effetti anti-competitivi come confermato dagli esiti della gara celebrata che ha visto la partecipazione della sola impresa proponente e la presentazione dell’offerta con un rialzo dello 0,1%. L’ambito di applicazione della finanza di progetto andrebbe strettamente limitato ai casi in cui tale istituto è espressamente previsto dalla norma e non può essere indiscriminatamente esteso per analogia”.

Conclusioni. “La vendita della casa di riposo doveva essere soggetta all’espletamento di una procedura aperta da parte del Comune, quindi non è conforme il ricorso a una procedura concorsuale che “in analogia a quanto previsto in materia di finanza di progetto” assegna al proponente un diritto di prelazione, dato che la procedura, conferendo al proponente un indubbio vantaggio competitivo, è applicabile solo a casi strettamente previsti dal codice”.

Infine secondo Anac, “non c’è neanche la convenienza economica dell’operazione visto che l’importo della proposta di “rent to buy”, ossia 9.846.800 euro, è sì superiore alla base d’asta dell’ultima gara andata deserta (9.560.000 euro) ma non garantisce all’amministrazione un immediato ricavo in quanto sarà corrisposto per il 60% in canoni mensili durante i dieci anni della concessione in uso e per il 40% alla fine di tale periodo”.

Termina l’Autorità: “Dall’esame della documentazione fornita dal Comune (memoria del segretario generale Stefania Caviglia – dimissionaria – datata maggio 2022, ndr), quest’Ufficio ha potuto verificare che alla proposta di “rent to buy” era allegata esclusivamente la bozza di contratto e la stessa non comprendeva né un piano economico finanziario né una matrice dei rischi che dimostrasse il trasferimento del rischio operativo in capo al proponente: in definitiva, quindi, essa era priva del supporto documentale minimo per qualificare la proposta come partenariato pubblico privato in conformità alle previsioni del Codice dei contratti”.

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