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Ventimiglia sulla rotta della tratta, giovani ivoriane “invisibili” nelle mani di passeur e trafficanti

29 luglio 2022 | 15:30
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Difficile avvicinarle, le ragazze hanno paura e a chi tende loro la mano rispondono di non aver bisogno di aiuto

Ventimiglia. L’ultima ha 19 anni. E’ arrivata in frontiera a mezzogiorno, respinta dalla Francia, dopo un mese dal suo sbarco in Europa. Ad occuparsi di lei, sola e spaventata, sono i volontari di WeWorld, Caritas, Diaconia Valdese e Save The Children, che l’hanno accompagnata nella sede della Caritas diocesana con la speranza di aiutarla.

Secondo l’ultimo rapporto redatto da Save The Children, Piccoli schiavi invisibili 2022”, da Ventimiglia passano giovanissime donne, alcune poco più che bambine, destinate a una vita di sfruttamento in Francia. Si tratta, in particolare, di ragazze sole di età compresa tra i 14 e i 17 anni provenienti dalla Costa d’Avorio. Un flusso in crescita, quello delle ivoriane, il cui cambiamento è stato osservato negli ultimi anni proprio a Ventimiglia. Per questo tema, proprio oggi, il prefetto di Imperia ha convocato gli attivisti dell’associazione umanitaria.

«Nei primi mesi dell’anno – spiega Jacopo Colomba, responsabile di We World a Ventimiglia – Le ivoriane erano molto presenti. Negli ultimi due mesi invece qualcosa è cambiato, ce ne sono molte meno e non riusciamo a capire se ad essere cambiato è il flusso o se sono molto più controllate». Secondo quanto osservato dai volontari, le giovani arrivano in stazione con il treno intorno a mezzanotte. Ma appena scese dal convoglio vengono portate in fondo al primo binario, ritrovo di passeur e altri stranieri ormai stanziali che le “aiutano” a raggiungere la Francia.

Dal 2018, le associazioni operanti a Ventimiglia si occupano di monitorare l’arrivo di giovani donne, sole, con bambini o accompagnate da persone che dicono di essere loro familiari. Inizialmente, però, ad essere vittime della tratta erano le donne nigeriane. «Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 – spiega Colomba – Si è cominciato a notare un cambiamento, e il rapporto di Save The Children avvertiva di porre attenzione sull’aumento di sbarchi di giovani ivoriane. Un fenomeno che prima non si era mai registrato».

«Queste ragazze provenienti dalla Costa d’avorio si avvicinano al confine per poter andare in Francia, così dicono – spiega Emanuela, che segue il progetto contro la tratta – Abbiamo contattato anche la Francia per capire dove vanno, perché per esempio a Marsiglia non ci sono ragazze ivoriane, sono tutte nigeriane. Sembra che le ivoriane arrivino prevalentemente a Parigi».

Fenomeni di prostituzione vera e propria a Ventimiglia non sembrano esserci. E’ assodato, però, che durante il viaggio o per passare la frontiera, molte donne vengano violentate. “Survival sex“, lo chiamano gli addetti ai lavori: sesso per sopravvivere alla strada.

«Queste ragazze quando arrivano a Ventimiglia sono prese in carico direttamente dai passeur che sono in stazione, dunque noi non abbiamo modo di agganciarle – raccontano gli attivisti – Perché appena scendono dal treno sono già accerchiate dal gruppo di trafficanti che poi permetterà loro di passare il confine, o pagando o tenendole a fondo binario: due o tre testimonianze di violenza carnale le abbiamo avute».

tratta ventimiglia

L’ultima, terribile, è quella di una giovane mamma di due bimbi piccoli, minacciata di morte con una bottiglia rotta appoggiata sullo sterno: «Volevano obbligarla a fare sesso per pagarsi il viaggio – racconta Emanuela – Lei è riuscita a scappare, si è nascosta, poi si è avvicinata qua, e ha raccontato. La sua non era la prima testimonianza. Però ci vuole anche coraggio a parlare quando sei ancora sul territorio. Le ragazze hanno paura, sono terrorizzate».

In corrispondenza con la chiusura del campo Roja, spiega Colomba «si sono create delle zone “invisibili”, prima fra tutti questo centro in fondo al primo binario della stazione di Ventimiglia, sotto il cavalcavia di San Secondo. Effettivamente quello è un luogo che si è venuto a creare con la chiusura del campo di accoglienza, gestito da una rete di ex migranti, stranieri, che hanno trovato questa zona franca, agiscono e favoriscono i passaggi della frontiera». E’ qui, che è emerso soprattutto il passaggio di nigeriane. «Ho iniziato a notare una donna con un carrellino – spiega – Portava pacchetti di cibo, ma al tempo stesso dava impressione di essere lì in caso ci fossero donne e bambini. Una figura, la sua, che in Nigeria è conosciuta come “Madam” ed è ben codificata nel circuito della tratta nigeriana». Una sorta di “magnaccia” al femminile, che gestisce le donne e le controlla. Un fenomeno ben codificato, quello della tratta nigeriana, per la quale Ventimiglia rappresenta un anello di congiunzione tra l’Africa e la Francia. «Non appena arrivate a Ventimiglia – spiega Colomba – Le donne venivano portate alla foce del fiume Roja, dove avveniva uno scambio di documenti. Dopo di ché venivano portate in luoghi ai quali non abbiamo avuto accesso, probabilmente case, luoghi abbandonati, non luoghi, dove venivano tenute per un certo tempo e poi dirette verso la Francia.
Personalmente ho incontrato due ragazze nigeriane che erano riuscite ad affrancarsi, erano passate di qui nella prima fase dell’emergenza, poi portate a Marsiglia, sfruttate sessualmente, e infine ritornate in Italia».

tratta ventimiglia jacopo colomba

Per quanto riguarda le ivoriane, al momento le testimonianze raccolte non sono molte, anche e soprattutto per la difficoltà di riuscire a costruire un legame con le donne. «Due ragazze provenienti dalla Costa d’Avorio ci hanno detto che sarebbero andate a lavorare in famiglie facoltose a Parigi – spiega Emanuela -. Stiamo cercando di capire perché arrivano tutte lì e quando arrivano si presentano tutte in un Comune a Parigi dove le associazioni le registrano per vedere cosa possono fare e poi spariscono. Non sappiamo nulla e stiamo cercando di capire se si tratta di sfruttamento sessuale o lavorativo».

«Un modo che abbiamo per poter monitorare il fenomeno è la casa di accoglienza fornita dalla diocesi – conclude Jacopo Colomba – Dal quando, nel novembre 2020, è stata aperta la casa, la nazionalità ivoriana è la seconda più accolta. Ma queste giovani ergono un muro di diffidenza, di paura. Prima era più facile parlare con loro, si lasciavano avvicinare, chiedevano aiuto. Negli ultimi due anni e mezzo le cose sono cambiate. Ora le ragazze, quando si lasciano avvicinare, rispondono tutte allo stesso modo: “Non mi serve il tuo aiuto, ho mio fratello che mi aspetta in stazione”». E’ proprio questa risposta “codificata”, uguale per tutte le donne, che fa temere il peggio: una creazione, anche per le giovani ivoriane, di una modalità di tratta simile a quella che porta centinaia di nigeriane ad essere sfruttate in Europa.

tratta ventimiglia jacopo colomba