La storia di Soldano: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Vicende storiche del ridente villaggio la cui fondazione va probabilmente collocata nell’ambito della generale rinascita socio-economica seguita all’anno Mille
Sanremo. Il tradizionale appuntamento con la storia locale a cura dello storico Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato alle vicende storiche del ridente villaggio di Soldano, la cui fondazione va probabilmente collocata nell’ambito della generale rinascita socio-economica seguita all’anno Mille.
«Dopo la rinascita sociale, spirituale ed economica seguita al Mille è probabilmente da collocarsi la fondazione dell’attuale centro abitato di Soldano. Secondo una teoria molto accreditata in passato, il paese sarebbe stato fondato dal Comune di Ventimiglia tramite l’insediamento in zona di prigionieri condotti dai campi di battaglia di Almeria (1147) e Tortosa (1148). In base a questa ipotesi, il nucleo più antico del borgo risalirebbe alla prima metà del XII secolo, quando sarebbe stato edificato come fortezza in cui rinchiudere i prigionieri oppure originato dallo stanziamento in loco degli stessi. Un’altra teoria sostiene invece che il paese sarebbe stato fondato nel Medioevo da una famiglia di profughi di Ventimiglia, dalla quale deriverebbe il nome, teoria che potrebbe anche essere valida considerato il fatto che molti documenti comprovano l’esistenza di famiglie Soldano nella Liguria del XII secolo, ma sembra tuttavia alquanto improbabile che una famiglia di profughi possa aver fondato un borgo fortificato quale era allora Soldano. L’ipotesi più storicamente attendibile sembra dunque quella che il paese sia stato formato come borgo fortificato dagli abitanti di Ventimiglia e di altri centri della costa, che si rifugiarono nell’entroterra per sfuggire alle scorrerie dei saraceni. Nel 936 si verificò infatti una massiccia incursione saracena nella Liguria occidentale, dove molte città, tra cui Ventimiglia e Sanremo, furono saccheggiate inducendo numerosi abitanti della zona costiera a trovare riparo sulle montagne dell’interno. Ed è proprio in questo periodo che sembra assai probabile che molte famiglie si siano spostate nelle valli interne fondandovi alcuni paesi tra cui Soldano. Tale deduzione potrebbe trovare un valido riscontro nella stessa conformazione e posizione dell’abitato, costruito in modo da poter essere facilmente difeso. Il nucleo centrale, che è anche il più antico, venne costruito infatti in modo tale da risultare assolutamente invisibile dal mare, cioè da dove arrivavano i saraceni per depredare le località rivierasche, rimanendo non individuabile anche addentrandosi nella vallata fino a poche centinaia di metri dallo stesso. Il borgo è inoltre costruito tra il torrente Verbone e il rio Fulavin, i quali formano un fossato che lo circonda quasi interamente, mentre gli accessi ad est e a nord del paese erano entrambi protetti da massicce porte, di cui restano ancora alcuni resti, tra i quali i più evidenti sono quelli della porta settentrionale, sopra la quale vi era un’apertura quadrata, tuttora visibile, da cui era possibile rovesciare olio bollente ed altri materiali propellenti e offensivi su eventuali assalitori. Tali elementi contribuiscono a suffragare ulteriormente l’ipotesi che il primitivo centro abitato di Soldano sia stato costruito per sfuggire in qualche modo ai predatori, per cui, anche non conoscendo l’anno esatto di fondazione del paese, considerato pure il susseguirsi di numerose incursioni saracene non sempre collocabili precisamente nel tempo, si può far ragionevolmente risalire la fondazione di Soldano ad un periodo quasi sicuramente compreso tra l’XI e il XII secolo» – racconta Andrea Gandolfo.
«Il primo documento certo che attesta l’esistenza di Soldano risale al 1257, anno in cui venne stilato un atto notarile relativo alla vendita di una terra situata nel Castrum di Soldano da parte di un certo Brunodel «Castro Soldano» a Gandolfo Massoto. Questo atto rogato a Ventimiglia, il 1° ottobre del 1257, conferma in primo luogo l’esistenza a Soldano di un borgo fortificato in quanto con il termine castrum si era soliti indicare nel Medioevo un raggruppamento di abitanti all’interno di una cinta fortificata. È anche interessante osservare come il toponimo della località dove era situato il terreno venduto, si sia mantenuto pressoché inalterato nel tempo e sia tuttora identificabile con l’attuale Ferenghè, una località ubicata nei pressi dell’odierno paese verso nord. Si nota inoltre come l’attività principale del luogo sia l’agricoltura e in particolare la coltura di fichi, viti e ulivi, un’attività praticata allora anche in vari paesi limitrofi, come attestato da altri documenti dell’epoca. Dalla seconda metà del XIII secolo sino alla fine del XV la documentazione relativa a Soldano è peraltro assai scarsa essendo andata perduta nel corso delle contese che videro in lotta le grandi famiglie degli Adorno e dei Fregoso, dei Grimaldi di Monaco e dei Doria di Dolceacqua e che sarebbero culminate nel sacco di Ventimiglia del 1526 durante il quale venne appiccato il fuoco agli archivi del comune e si dispersero i documenti dell’archivio capitolare. Dalla seconda metà del Duecento sino all’ultimo quarto del Quattrocento si può tuttavia desumere, in mancanza di adeguata documentazione, che l’attività dei Soldanesi si sia concentrata soprattutto sulle tradizionali colture quali la vite e l’ulivo con una discreta produzione olearia, mentre il centro abitato si andava contestualmente ingrandendo e consolidando. Tale situazione pare confermata da documenti esistenti, che, a partire dal 1486, confermano la crescita del paese, che appare ancora citato come castro, da cui si desume che il borgo era allora ancora racchiuso nella primitiva cinta muraria e non aveva quindi registrato un particolare incremento nel numero delle abitazioni. Sul finire del secolo, in documenti risalenti per la precisione al 1499, l’attributo castro scompare per essere sostituito da quello di villa, un termine che designa appunto un villaggio sviluppatosi all’aperto in contrapposizione al borgo e al castello. Da tale documento risulta poi chiaramente come il paese stesse gradualmente espandendosi e le case, aumentando di numero, ne ampliassero la superficie abitata proiettandolo fuori dalla cinta muraria. Tale crescita è ulteriormente confermata da una ricca serie di atti, dai quali è possibile desumere un notevole incremento delle attività commerciali, tra le quali, a partire dalla fine del XV secolo, risulta particolarmente sviluppata quella tessile con una buona produzione e commercializzazione di panni, che si sarebbe ulteriormente incrementata nei secoli successivi. In un documento del 1499 risulta poi la stipulazione di patti tra un certo Giacomo Curto di San Biagio della Cima e Nicola Sicardo di Borghetto da una parte e Bertono Cohendi di Ventimiglia dall’altra, dai quali emerge una serie di informazioni assai rilevanti concernenti l’economia rurale di Soldano. Nell’atto, infatti, i due abitanti di San Biagio e Borghetto promettevano di dare a Bertono tutte le pelli di ovini e suini che essi avrebbero prodotto nei macelli di Vallebona, Borghetto e Soldano; da tale dato si può quindi arguire come Soldano fosse già allora un centro di una discreta rilevanza se era dotato di un macello, mentre nei pascoli circostanti era particolarmente fiorente la pastorizia, anche se in tale documento appariva limitata soltanto a ovini e suini. Nello stesso periodo si sviluppò pure la coltura e lo sfruttamento dell’ulivo, come attestato da un atto del 3 gennaio 1528 con il quale veniva venduto a un certo Filippo Conte di Soldano un frantoio. L’attività agricola e commerciale subì un ulteriore incremento nei decenni successivi contemporaneamente allo sviluppo dell’edilizia abitativa, rurale e destinata alla lavorazione e trasformazione della produzione agricola. Tale sensibile crescita avrebbe assunto un ritmo ancora più rapido a partire dalla metà del XVI secolo, come attestato da una copiosa documentazione dell’epoca, nella quale si trattano vendite di case rurali, terreni, case d’abitazione situate a Soldano, mulini e frantoi, pagamenti di vario genere, questioni relative ad eredità e doti, procure» – narra Andrea Gandolfo.
«L’analisi della documentazione cinquecentesca consente inoltre di rilevare come, a fianco delle colture già praticate di viti, fichi e ulivi, si siano aggiunte quelle di agrumi e ortaggi. Per quanto concerne la presenza di edifici destinati alla lavorazione dei prodotti locali, si può notare come nel 1560 svolgessero regolare attività almeno due mulini e due frantoi, mentre nell’edilizia rurale si registra l’esistenza di una caratteristica costruzione adibita a ricovero notturno delle greggi ancor oggi nota con la voce dialettale «curtì». Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento la popolazione di Soldano era tuttavia ancora piuttosto contenuta, attestandosi su circa 100-150 abitanti. Il primo dato certo sulla consistenza della popolazione soldanese è contenuto in un documento del 1514 relativo alla cessione, da parte della Repubblica di Genova, al Banco di San Giorgio di Ventimiglia e delle sue ville. In tale occasione gli abitanti di Ventimiglia e delle ville dipendenti tra cui Soldano, riuniti nella piazza della cattedrale di Ventimiglia, giurarono fedeltà ai Protettori del Banco di San Giorgio. Per Soldano, in particolare, erano presenti 63 uomini, che avrebbero dovuto rappresentare tutti i maschi adulti del paese, la cui popolazione complessiva si doveva quindi aggirare sulle 150-200 persone. Il rilievo successivo è costituito dal catasto del 1545, nel quale furono censiti cinquantacinque proprietari terrieri; dall’esame delle partite iscritte al catasto è inoltre possibile farsi un’idea abbastanza precisa sulla composizione delle famiglie e i loro possedimenti, nonché sulle dimensioni del centro abitato e sulla toponomastica locale, mentre l’integrazione di questi dati con quelli provenienti dalle fonti notarili consente di desumere informazioni dettagliate sui tipi di coltura praticata e sulle attività svolte dagli abitanti di Soldano. L’analisi dei dati demografici, dai quali risulta una consistenza della popolazione quasi identica a quella del 1514, potrebbe far pensare ad una situazione abbastanza statica, ma in realtà si deve registrare un certo movimento di persone che da Soldano andarono ad abitare in altri paesi e viceversa, anche se il saldo finale rimase praticamente invariato. Da un successivo censimento, ordinato ai consoli di Ventimiglia dai commissari generali del Banco di San Giorgio Agostino Pallavicini e Stefano de Franchi, risultano i primi dati certi sulla popolazione di Soldano nella seconda metà del XVI secolo, quando i residenti erano 159, delle quali 43 erano uomini che avevano più di vent’anni, 36 bambini o uomini al di sotto dei vent’anni, mentre le donne e le bambine ammontavano ad ottanta unità. In base ad un ulteriore censimento, redatto dal capitano di Ventimiglia Filippo Fieschi tra la fine di agosto e i primi di settembre del 1607 su ordine del Senato genovese, si rileva come la popolazione di Soldano fosse allora costituita da 43 fuochi per un totale di 181 persone, di cui 56 uomini, 48 donne, 38 bambini e 39 bambine. Nel periodo compreso tra la fine del secolo XV e l’inizio del XVI si erano inoltre sviluppate in modo particolare a Soldano le colture della vite e del fico, mentre altre varietà di piante coltivate risultavano assai ridotte e destinate appena a soddisfare il fabbisogno familiare. Le due colture principali, costituite da coltivazioni di ulivi e fichi, erano seguite da quelle di mandorle e nocciole, che erano abbastanza diffuse anche se difficilmente si trovano atti relativi a terreni interamente adibiti a tali colture, mentre a volte viene segnalata anche la presenza di alberi da frutta come limoni e ciliegi. Alcuni terreni venivano inoltre definiti ortivi per la presenza di verdura destinata alla consumazione familiare, che veniva coltivata, per la necessità di notevoli quantità di acqua, in terreni vicini ad una sorgente o ai canali che portavano l’acqua a mulini e frantoi. L’ulivo, che sarebbe diventato nei secoli XVII-XIX una delle colture principali della zona, era invece ancora poco diffuso tanto che, per il territorio di Soldano, non esistono nel corso dei secoli XV e XVI atti relativi a terreni coltivati ad ulivo e anche per i paesi limitrofi se ne trovano pochissimi nei quali l’ulivo è presente in modeste quantità. Dalla prima metà del Cinquecento si assisté peraltro ad una notevole crescita dei terreni destinati alla coltura olivicola ubicati soprattutto nelle zone collinose più lontane dal mare, e in particolare le località dove essa è più diffusa sono Pigna, Isolabona e Apricale. A conferma della buona crescita della coltivazione dell’ulivo pure nella zona di Soldano vi è la presenza di un frantoio in paese nel 1528, mentre negli anni in cui fu compilato il catasto nel territorio soldanese ne risultavano attivi addirittura due, di cui uno era di proprietà di Luca Amalberti, l’altro per metà di Giacomo Anfosso, per un quarto di Giacomo Conte e per un quarto di Pietro Giovanni Conte. Nel corso del XVI secolo erano inoltre presenti nella zona di Soldano terreni cosiddetti prativi, peraltro in numero estremamente ridotto, che erano generalmente adibiti al pascolo, attività praticata soprattutto nell’alta Val Nervia e nell’alta Val Roia, mentre a Soldano era limitata a poche persone» –fa sapere Andrea Gandolfo.
«Negli atti notarili della prima età moderna relativi a Soldano appare inoltre con una certa frequenza la definizione di «publicus negociator» riferita ad abitanti del paese, la quale dimostra inconfutabilmente l’espandersi e il fiorire delle attività commerciali soldanesi, mentre è attestato che «negociatores» di Soldano si siano spinti nel corso del XVI secolo oltremare, sino in Corsica a Portovecchio, soprattutto nel periodo compreso tra il 1578 e il 1581, quando i ventimigliesi Pietro Mazza e Giacomo Palmero si recarono nell’isola, con 150 famiglie del Ponente ligure, che, abbandonati i luoghi di origine a causa delle ristrettezze economiche e delle precarie condizioni di vita, nella speranza di una sorte migliore, si trasferirono a Portovecchio, ormai spopolato per riedificarlo e ripopolarlo. Durante il XVII secolo anche il territorio di Soldano venne interessato dal passaggio di truppe impegnate in una serie di conflitti, e in particolare le due guerre tra la Repubblica di Genova e il Ducato sabaudo combattute rispettivamente nel 1625 e nel 1672, mentre, a causa degli eventi bellici e di micidiali pestilenze, la popolazione soldanese registrava nello stesso periodo un netto decremento che non andò disgiunto da un brusco rallentamento delle attività legate al commercio e all’agricoltura. Data la congiuntura economica sfavorevole, i pagamenti venivano allora solitamente effettuati in natura, specialmente in olio, mentre i consiglieri comunali, pensando di trarre un discreto tornaconto persino dalla spazzatura, iniziarono nel 1680 la vendita della «rumenta» scopata in piazza, alienazione che si sarebbe ripetuta anche negli anni successivi con un graduale incremento dell’introito. Oltre a questa fonte, le casse municipali erano alimentate dal gettito proveniente dalla locazione del forno e del mattatoio pubblici e dai proventi delle vendite di olio, fichi e vino prodotti dai suoli pubblici e da una serie di gabelle imposte alla moneta, alla pinta e al pane. Proprio a causa della particolare esosità di tali balzelli imposti dalle autorità ventimigliesi iniziò ad acuirsi in modo preoccupante il malcontento della popolazione delle otto ville, che, prendendo spunto dalle rivendicazioni avanzate dagli abitanti di Camporosso nel 1673, chiesero formalmente al Senato genovese l’autorizzazione a staccarsi dal capoluogo sotto l’aspetto fiscale per via della ormai insopportabile pressione tributaria esercitata su di loro dagli amministratori intemeli. L’11 febbraio 1683 il Senato della Repubblica emanò quindi un primo decreto con cui accordava alle otto ville il permesso di separarsi da Ventimiglia nel campo della tassazione, a cui seguì una richiesta di separazione vera e propria avanzata dai rappresentanti di Bordighera il 4 marzo successivo, mentre i delegati degli otto paesi e non più ville dipendenti decidevano di riunirsi in un’apposita confederazione che assunse il nome di «Magnifica Comunità degli Otto Luoghi». Il 21 aprile 1686 i deputati eletti dagli otto paesi si radunarono allora nell’Oratorio di San Bartolomeo a Bordighera, dove, presente il commissario della Repubblica Gerolamo Invrea, sottoscrissero solennemente l’atto di Convegno degli Otto Luoghi, in forza del quale veniva proclamata l’istituzione della nuova comunità, mentre l’assemblea dei delegati provvedeva anche ad approvare uno statuto che ne avrebbe regolato l’attività, ossia i capitoli del buon governo della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi. Una serie di ulteriori provvedimenti ratificati dalle due parti sancì quindi i confini tra i due territori della comunità e di Ventimiglia, poi fissati definitivamente da una sentenza emessa il 14 aprile 1695 dal giudice arbitro Bartolomeo De Rustici. La nuova comunità aveva intanto provveduto a dotarsi di proprie autonome istituzioni, rappresentate da quattro sindaci e da un Parlamento, composto da venti deputati, al quale era affidato il compito di amministrare il territorio della comunità, che risultò suddiviso nelle zone di Camporosso, di Vallecrosia, che comprendeva San Biagio, Vallecrosia e Soldano, di Vallebona, che includeva Vallebona, Borghetto San Nicolò e Sasso, e di Bordighera» – dice Andrea Gandolfo.
«Raggiunta così la tanto sospirata autonomia amministrativa, Soldano e le altre ville vissero un periodo di notevole prosperità economica favorito dal non dover più sottostare alle pesanti gabelle di Ventimiglia e dalla buona amministrazione locale della cosa pubblica. Nel corso del Settecento si consolidò anche il livello culturale del centro, incentivato dall’istituzione di una scuola nel 1754, voluta da Gio Bartolomeo Soldano, che nel suo testamento legò alla parrocchia alcune terre e case, coi proventi delle quali il prete avrebbe dovuto celebrare ogni anno trenta messe cantate per la sua anima e fare scuola ai ragazzi del paese insegnando loro a leggere e a scrivere. Intanto anche l’estremo Ponente ligure veniva coinvolto nei sommovimenti causati dalla Rivoluzione francese, cosicché nell’aprile del 1794 la Liguria occidentale fu invasa dalle truppe rivoluzionarie guidate dal generale Massena. Dopo l’istituzione della Repubblica Ligure nel 1797, venne sancita la fine della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi in seguito all’abolizione delle istituzioni locali decretata dal governo provvisorio repubblicano. Nella nuova suddivisione del territorio ligure varata dalla Repubblica, Soldano entrò a far parte del distretto del Roia, con capoluogo Ventimiglia, rimanendovi però soltanto per pochi mesi in quanto già nel 1798 il distretto del Roia venne abolito e i paesi che ne facevano parte furono inclusi nel nuovo Distretto delle Palme, con capoluogo Sanremo. Dopo un temporaneo ripristino del regime oligarchico, caduto già nel giugno del 1800 in seguito alla definitiva sconfitta degli austriaci a Marengo, la Repubblica Ligure subì un terzo riordinamento amministrativo nel 1802, quando vennero istituiti sei distretti, con il territorio di Soldano incluso in quello degli Ulivi. Nel 1805 tutta la Liguria passò quindi sotto il dominio dell’Impero napoleonico e Soldano entrò a far parte del nuovo Dipartimento delle Alpi Marittime con capoluogo Nizza. Alla caduta di Napoleone il paese, con il resto della Liguria, fu annesso nel 1815 al Regno di Sardegna, rimanendo sotto la giurisdizione della Divisione di Nizza, dopo la cui cessione alla Francia nel 1860 sarebbe stato inserito nella neocostituita provincia di Porto Maurizio. A partire dai primi anni dell’Ottocento si verificò inoltre una costante crescita della popolazione soldanese, che passò dai 272 abitanti dell’inizio dell’Ottocento ai 405 del 1838, per un totale di 89 famiglie e 73 case; da questo momento si registrò ogni anno un notevole e costante incremento sia nella popolazione sia nell’edilizia con 432 abitanti del 1848, che passarono a 447 nel 1857 e ancora 467 abitanti nel 1861, 479 nel 1871, 525 nel 1881 per raggiungere infine i 561 abitanti nel 1901. Intanto il paese cresceva sotto il profilo economico e sociale, mentre il terremoto del 23 febbraio 1887 causò soltanto lievi danni ad alcuni edifici, per cui due soldanesi ricevettero dallo Stato un mutuo pari a 4.100 lire per la riparazione delle loro case lesionate dal sisma. Dopo gli anni della prima guerra mondiale, nel corso della quale caddero alcuni militari di Soldano, il nuovo governo fascista decretò il 6 dicembre 1923 la soppressione dei comuni di San Biagio della Cima e Soldano e la loro unione a quello di Vallecrosia, mentre il 7 agosto 1925 Soldano fu ricostituito Comune autonomo. Il 15 aprile 1928 fu ancora aggregato a San Biagio della Cima, dal quale sarebbe dipeso fino al 22 novembre 1946, quando Soldano fu venne nuovamente ricostituito nella sua precedente circoscrizione comunale che corrisponde a quella odierna» – dichiara Andrea Gandolfo.
«Nei primi decenni del Novecento le tradizionali colture del luogo, presenti fin dal Medioevo, ossia quelle della vite, del fico e dell’ulivo, cominciarono a subire radicali cambiamenti dovuti ai progressi intervenuti nelle tecniche agricole e in generale nel comparto economico, ma soprattutto a causa delle mutate esigenze di mercato e della sempre più forte concorrenza, per cui trovandosi con prodotti poco richiesti o non riuscendo a produrli a prezzi competitivi, i soldanesi sostituirono tali colture con altre più redditizie sotto il profilo commerciale. A partire dai primi anni del XX secolo, si verificò una progressiva scomparsa del fico a favore della vite e di altre colture in grado di assicurare maggiori introiti. Fino ai primi del Novecento il paese era inoltre particolarmente rinomato per l’industria della tela, tanto che ogni famiglia del borgo possedeva almeno un telaio azionato a forza di gambe e braccia. Nel corso della settimana le donne si dedicavano alla tessitura e la domenica mattina portavano a vendere il prodotto del loro lavoro nei paesi vicini, specialmente quelli della Val Nervia. In quegli anni era stato anche scoperto un piccolo filone di carbon fossile, che aveva acceso speranze di ricchezza, poi svanite a causa della pratica impossibilità ad effettuare l’estrazione e la purificazione del carbone. Dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, forse a causa di un errore militare, Soldano fu il primo paese della zona intemelia a subire un’incursione aerea nemica: nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1941 alcuni aerei sganciarono infatti cinque bombe di grosso calibro che per fortuna non colpirono il centro abitato creando però notevole panico tra la popolazione. A partire dal 15 settembre 1943 si insediò invece in paese un presidio tedesco e un reparto automobilistico comandati da un tenente. I nazisti occuparono la canonica e alcune case di civili, mentre la locale compagnia, sostituita da altra periodicamente, non mancava di compiere rapine e violenze. I soldati requisirono inoltre sei muli, del fieno, vari attrezzi e istituirono il lavoro forzato, per cui il Comune fu obbligato a compilare giornalmente la lista dei lavoratori adibiti alla costruzione di fortificazioni. Soldano sarebbe quindi rimasta presidiata dalle truppe naziste fino alla Liberazione. Nel pomeriggio del 9 luglio 1944, nel corso di un massiccio rastrellamento compiuto da alcune centinaia di soldati tedeschi, il paese venne incendiato e saccheggiato, mentre i tre soldanesi Giuseppe Anfosso, Mario Amalberti e Luigi Guglielmo venivano assassinati dai nazisti, i quali, prima di ripartire, riempirono i loro camion di refurtiva e, per maggior prudenza, si portarono via anche numerosi ostaggi, poi rilasciati quando furono al sicuro dagli attacchi dei partigiani. A ricordo di questo tragico avvenimento l’amministrazione comunale avrebbe poi intitolato una strada del paese «Via IX Luglio». Nel secondo dopoguerra si è registrato un consistente calo della produzione olivicola sostituita, già a partire dagli anni Venti, dalla coltivazione della vite, con buona produzione di vino Rossese, sempre più conosciuto nei paesi limitrofi, apprezzato e ricercato, annoverato tra i vini «Doc» a partire dal 1972 sotto la denominazione di «Dolceacqua o Rossese di Dolceacqua», prodotto nei vigneti soldanesi ed esportato in vari paesi esteri anche di oltreoceano. Durante gli ultimi cinquant’anni si è andata inoltre sempre più sviluppando la coltivazione dei fiori, con la presenza lungo i pendii delle colline circostanti l’abitato di roseti in pien’aria, serre, coltivazioni di gerbera, mimose estive e invernali, fiori di pesco, ginestre e verde ornamentale, tanto che oggi la floricoltura è divenuta la principale risorsa dell’economia locale. La particolare vicinanza del paese ai centri urbani costieri ha inoltre alimentato il fenomeno del pendolarismo, per cui molti soldanesi si recano a lavorare nelle località costiere, dove sono impiegati soprattutto nel settore impiegatizio, edile e alberghiero; tale particolare circostanza può essere anche all’origine del fatto che, a differenza di altri paesi dell’entroterra che tendono a spopolarsi, Soldano registra una consistenza demografica in costante aumento. Segna infine un notevole sviluppo anche il comparto del turismo, che registra il picco massimo durante la stagione estiva in occasione delle varie manifestazioni organizzate dalla Pro Loco e dal Comune, ma che può contare pure su una clientela turistica alla ricerca di un ambiente salubre e accogliente valorizzato dalla presenza di un cospicuo patrimonio storico e artistico» – conclude Andrea Gandolfo.