Uccise moglie e cane, pm chiede 20 anni per Fulvio Sartori

4 maggio 2022 | 15:56
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«Lucido e mai pentito», il magistrato parla dell’anziano che ha «massacrato la moglie»

Imperia. Diciannove anni per aver massacrato la moglie, che salgono a venti per aver ucciso anche il cane. E’ la richiesta di condanna che il pubblico ministero Antonella Politi ha formulato alla Corte di Assise di Imperia, presieduta dal giudice Laura Russo, nei confronti di Fulvio Sartori, 81 anni, finito a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver sgozzato la compagna di una vita, Tina Boero, 80 anni, e la cagnolina Luna nell’appartamento in cui vivevano in via Umberto I, nel cuore di Rocchetta Nervina all’alba del 19 aprile del 2021.

Al termine di una requisitoria durata circa un’ora e mezza, il pm ha dichiarato: «Non mi convince la tesi, voluta far passare, della persona che non vedeva via d’uscita e che quindi questa vicenda si sia consumata per motivi pietistici. A questa cosa io non credo». Una conclusione, quella del magistrato, basata sul fatto che Sartori, come emerso dai colloqui con il perito, aveva deciso di uccidere la moglie giorni prima del fatto e aveva pensato anche a togliersi la vita. Ma, se non fosse riuscito nell’intento, aveva già calcolato le soluzioni alternative. «Se non fosse riuscito ad uccidersi – ha detto il pm – Sarebbe andato in carcere e preferiva il carcere a rimanere in casa, in quello che per lui era il suo carcere interiore». Antonella Politi ha sottolineato la «rabbia e l’odio che Sartori provava per la moglie e che non aveva mai confessato a nessuno. E per il cane che portava in giro, forse perché glielo chiedeva la moglie, ma che in realtà lui non amava. Voleva chiudere con tutto».

Nel formulare la richiesta di condanna, il magistrato ha tenuto conto dell’attenuante del “vizio parziale di mente” riscontrato a Sartori. Un’attenuante che, a detta del pm, è superiore alle cinque aggravanti contestate: la crudeltà, i futili motivi, l’omicidio del coniuge, la minorata difesa e l’età avanzata della vittima. Partendo, dunque, da una pena base a 24 anni di reclusione, è scesa a 19 anni con la concessione della diminuzione, aumentata di un anno per l’omicidio del cane (reato contestato in continuazione). Nel corso della requisitoria la dottoressa Politi ha illustrato la perizia psichiatrica dell’assassino, che parla di un uomo colpito da depressione maggiore oltre che da un parziale vizio di mente. Ma questo non rappresenta un difetto di non imputabilità, in quanto l’uomo era capace di intendere e volere.

«Non c’è alcun dubbio sulla ricongiungibilità all’azione materiale di Sartori Fulvio – afferma il pm – posto che lo stesso è stato arrestato quasi nella fragranza di reato e che fino al momento in cui chiede l’intervento del 112, dice spontaneamente ‘ho ammazzato mia mogie’».

La ricostruzione della personalità di Fulvio Sartori. «Ex guardia forestale, è andato in pensione molto giovane, a circa 45 anni – ha ricordato il pm – Ed era un cacciatore di cinghiali. Ho insistito su questo aspetto, nel corso dell’istruttoria, per l’efferatezza del delitto che poteva ricordare la cattura e l’uccisione di animali». E ancora: «Una
brava persona, onesta, che aveva anche ricoperto il ruolo di vice sindaco. Tutte le persone lo descrivono come una persona molto tranquilla, serena. Ne parlano come una persona socievole, abituata a raccontare barzellette, a fare battute. Una persona che non aveva nessun segno di patologia fino a poco prima del fatto stesso».

Dopo l’omicidio e l’uccisione del cane, Sartori viene sottoposto a test psicodiagnostici dal dottor Rocca, psichiatra, che diagnostica un «disturbo depressivo maggiore con alterazioni comportamentali». L’uxoricidio viene descritto dal perito come un “episodio abnorme” di violenza verso la moglie.
«Il paziente accetta senza difficoltà di parlare del fatto e riferisce che la moglie era nevrotica, specie negli ultimi venti giorni. “Io dovevo sempre dire di sì se no non la smetteva più” – dice Sartori al medico -. La moglie gli aveva chiesto di cucinare perché non si sentiva bene. Questa cosa mi ha colpito molto – sottolinea il pm – Perché la richiesta di cucinare non mi sembra una cosa così pesante».

Sempre allo psichiatra, Sartori confessa di aver pensato «ad un decadimento senile della moglie». «Appare anaffettivo – continua il pm -. Quando gli viene chiesto come si sente, dice “normale”.  Dice che ha colpito la moglie con una martellata, e quando lei si è voltata le ha tagliato la gola, mima il gesto. Sono modalità piuttosto inquietanti, anche di raccontare».

Uccisione cane. «Quando gli chiedono perché ha ucciso anche il cane. Alza la voce e con rabbia dice: “Quello abbaiava”. E poi sostiene di averlo ucciso perché sarebbe rimasto solo».

Tutto era stato già deciso. Anche se l’aggravante della premeditazione non è stata contestata, nel corso del colloquio con il medico «emerge che la decisione di uccidere la moglie era stata ponderata giorni prima». «Il nipote ha parlato di un atto d’amore – aggiunge la dottoressa Politi – Ma questa mi sembra una frase alquanto inopportuna pensando alla povera signora decapitata.
Invito tutti per un attimo a mettersi nei panni della signora, abituata per una vita, per 52 anni, a stendersi nel letto con il marito, di cui si preoccupava. Lei teneva a suo marito, gli voleva bene. E’ stata svegliata brutalmente, con un colpo in testa. Si è voltata ed è stata aggredita dall’uomo, dal marito, dal “poverino”, tutta la vita succube di questa donna. Lei vede il suo assassino che inizia a tagliarle la faccia, il collo».

«Pur essendo molto determinato nella violenza contro la moglie, il Sartori (che voleva uccidersi dopo il delitto, ndr) si è inflitto dei tagli poco profondi, tanto che non sanguinava quindi la ferita non era così importante», aggiunge il pm: «Ha “macellato”, questa è la parola giusta,la povera moglie».

«Non vi sono aspetti di pericolosità sociale, perché la valvola è l’intolleranza, e aggiungerei l’odio nei confronti della moglie – ha concluso il magistrato -. Una depressione maggiore con decadimento cognitivo nella quale si innescava reazione abnorme tale da incidere su capacità di intendere e e di volere. Un episodio, in una persona mite, il cui agire è una frattura sul continuum del paziente. Qualcosa di molto potente, sembra essersi liberato in quel momento. […] Non ha mai dichiarato di essersi pentito, non è mai apparso sconvolto, mai un pianto, non ha mai detto: ‘oddio, cosa ho fatto’».