Uccise moglie e cane a Rocchetta Nervina, la difesa: «Nella mente malata di Sartori era unica soluzione»

4 maggio 2022 | 17:18
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La sentenza il 10 maggio a Imperia

Imperia. «Sartori è stato descritto da tutti come un brav’uomo, sempre pronto ad aiutare. La sorella della vittima, tra le lacrime, ci ha detto che era un sant’uomo. I nipoti dicono che lui, per la moglie, era il suo colf, il suo infermiere, lo faceva con amore. Dicono che era un santo. La povera vittima era una donna sempre abituata ad essere accudita e coccolata dal marito fin dai primi anni del matrimonio. Una donna che caricava il marito di ogni suo malessere, ogni suo bisogno. Poteva sembrare una donna un po’ pesante, un po’ noioso. Ma questo non era per il marito, che l’ha sempre assecondata. “Voi non capite, è malata”, in questa frase c’è tutto il sentimento nei confronti della moglie». A dirlo, nella sua arringa difensiva, è l’avvocato Roberta Rosso, legale di Fulvio Sartori, 81 anni, accusato di omicidio volontario aggravato per aver ucciso la moglie Tina Boero, 80 anni, e la loro cagnolina Luna, che la coppia di anziani coniugi accudiva con amore, come fosse una figlia.

Era l’alba del 19 aprile del 2021 in una casetta di pietra tipica dei carruggi liguri. Nessun rumore interruppe il sonno degli abitanti di Rocchetta Nervina, paese in cui per 52 anni hanno vissuto Sartori e Boero come marito e moglie. Ma in quella casa, immersa nel silenzio, c’era l’inferno.

Perché Sartori ha ucciso la moglie? «Sartori ha compiuto questo gesto nell’intento di concludere una vita di sofferenza per sé e per la moglie – dichiara l’avvocato -. Il cane faceva parte della famiglia, quindi l’intento era quello di chiudere completamente una sorta di cerchio di cui facevano parte la moglie, il cane e il Sartori medesimo. Il Sartori ha tentato il suicidio, quindi voleva concludere la propria esistenza, voleva porre fine ad una situazione che per lui era diventata intollerabile».

Al termine dell’arringa, l’avvocato Rosso ha chiesto l’assoluzione per l’uccisione del cane «perché noi riteniamo, contrariamente a quanto sostenuto in capo di imputazione, che il gesto non fu compiuto senza un motivo e con crudeltà. Non vi fu una crudeltà particolare perché, certamente è stata cagionata la morte, ma senza una crudeltà ulteriore rispetto a quello che è l’atto lesivo in sé e comunque vi fu una necessità, che fu proprio quella di evitare anche al cane ulteriori sofferenze come quella della perdita dei padroni».

Per l’accusa principale, quella dell’omicidio della moglie, l’avvocato ha chiesto che venga riconosciuta «la diminuente per il vizio di mente riconosciuto in perizia. E ho contestato tutte le cinque aggravanti».

«Sartori ha visto come ultima via d’uscita la morte per non essere di peso a nessuno, senza disturbare nessuno – ha detto nella discussione -. Nell’ultimo periodo soffriva di angoscia, insonnia, rimuginazione, perdita di affetti, sintomi della depressione. Non è stato un futile motivo quello che ha guidato la mano di Sartori: ha agito nell’intento di porre fine alle sofferenze della moglie».

L’omicidio, secondo la difesa, non fu aggravato dalla crudeltà: «La ghigliottina venne inventata come atto di clemenza, perché provoca morte certa e sicura, priva di agonie. Ha cercato di tramortire la moglie, con un colpo in testa. Il solo fatto che abbia cercato di tramortirla denota la volontà di non provocare sofferenza. Se avesse sparato, con un colpo di fucile, non è detto che la morte sarebbe stata certa ed immediata».