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Vescovo Suetta su migranti e guerra: «La Pasqua illumini le menti di chi è chiamato a prendere decisioni importanti»

Centro di accoglienza a Ventimiglia e risultati delle presidenziali in Francia: l'analisi del vescovo diocesano

Sanremo. Emergenza migranti, elezioni presidenziali in Francia, auspici per la Santa Pasqua. Il vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta, ha parlato a lungo di argomenti importanti, allacciandosi al pensiero espresso ancora recentemente da Papa Francesco, che in un’intervista pubblicata sulla rivista “La civiltà cattolica” ha dichiarato, in merito ai migranti, che paesi come l’Italia e la Grecia «sono i primi porti, ma poi l’Europa deve farsene carico». «In Europa – ha aggiunto il Santo Padre – Bisogna progredire con i diritti umani per eliminare la cultura dello scarto». Una frase molto forte, che pone la nostra civiltà davanti a una profonda riflessione.

«E’ un tema (quello dell’immigrazione, ndr) che sta molto a cuore al Santo Padre e praticamente è fin dall’inizio del suo pontificato che ripete questo – dice monsignor Suetta -. Lo ripete non perché sia una sua ossessione, ma lo ripete perché purtroppo la cronaca e direi anche la storia pongono in generale all’Occidente questo grave problema delle migrazioni di popoli interi che lasciano i loro Paesi o per fuggire dalla guerra o per fuggire ad altre situazioni di gravità, ad esempio carestie o violazioni gravi dei diritti umani o anche semplicemente la mancanza di prospettive di futuro». «Il Papa propone questo appello accorato e costante in maniera molto ragionata e approfondita – aggiunge il vescovo – Cioè non si limita soltanto a dire che occorre accogliere, ma dice che occorre accompagnare, conoscere, integrare e promuovere le persone. Chiaramente questo discorso, per quanto attiene alla nostra situazione, riguarda direttamente l’Europa e condivido pienamente quello che il Papa ha ricordato all’Europa, cioè che bisogna superare la cultura dello scarto. Purtroppo la cultura dello scarto non si evidenzia soltanto in talune gravi mancate accoglienze di migranti ma si manifesta in tante altre situazioni che riguardano la vita contemporanea, quindi un certo modo di concepire l’esistenza, un certo ripiegamento nell’individualismo, l’esasperazione di alcuni diritti che vanno a scapito di altri diritti magari di altre persone».

Come i diritti dei migranti, da troppi anni calpestati al confine tra Ventimiglia e Mentone. Una situazione che il vescovo conosce benissimo. «La situazione dell’estremo ponente ligure è una situazione del tutto particolare che si differenzia anche parecchio da altre situazioni italiane – dichiara il vescovo – Perché noi non abbiamo profughi che raggiungono il nostro territorio desiderando di restarvi, perché come purtroppo è noto il nostro territorio non è in grado di offrire straordinarie opportunità lavorative, ad esempio, e quindi l’inserimento sarebbe più complicato. La situazione emergenziale che noi viviamo nei confronti dei migranti è soprattutto legata al loro transito e la causa vera delle problematiche che si registrano nel nostro territorio è la chiusura delle frontiere francesi. Perché da una parte, cioè dal punto di vista dei diritti, noi sosteniamo, come è giusto che sia, che le persone hanno libertà di circolare». «Spesso i migranti che sono da noi – spiega – Sono in ricerca di un ricongiungimento familiare, saprebbero anche dove andare, e vengono interrotti in questo loro percorso a motivo di questa chiusura assoluta, unilaterale e immotivata. Tante volte ho ripetuto che la Francia, essendo una nazione europea, dovrebbe meglio coordinarsi e meglio essere coordinata dalla comunità europea nell’organizzare una adeguata distribuzione dei migranti, sia per coloro che chiedono di stabilizzarsi sul territorio, sia per coloro che chiedono di passare».

E l’Italia cosa dovrebbe fare? «Ho detto tante volte e ancora lo ribadisco – risponde monsignor Suetta – Che sarebbe sufficiente pensare ad un buon centro di accoglienza temporanea. Tutto si può migliorare, per cui io non dico che il campo di accoglienza che era al parco Roja fosse l’ottimo: tutto si può migliorare, ottimizzare e rendere più funzionale, però trovo che fosse una buona soluzione perché dava una risposta prima di tutto in termini umanitari, nel senso di non lasciare le persone all’addiaccio, in secondo luogo dava anche una risposta alla città, aiutando un certo ordine, una certa organizzazione e anche evitando quel disturbo che naturalmente persone che hanno necessità varie, senza cattiva volontà, ma inevitabilmente creano alla cittadinanza, così come darebbe anche una migliore percezione del senso di sicurezza».

In Francia si vota per il nuovo presidente, al ballottaggio ci sono Emmanuel Macron, liberale ed europeista, e la sovranista e ultranazionalista Marine Le Pen, leader del Rassemblement National. Se con il primo, negli anni scorsi, non si è vista un’apertura nei confronti dei migranti, con Le Pen la situazione potrebbe anche peggiorare? «Se uno considera la prospettiva dal punto di vista delle posizioni ideologiche, sicuramente si è indotti a pensare in questo modo – risponde Suetta – Io dico “non necessariamente”, perché molto spesso alcune cose accadono e arrivano da dove non ci si aspetta e sovente molte cose dipendono anche da un tipo di organizzazione, cioè non sono direttamente volute o non volute, ma spesso diventano conseguenze obbligate di scelte che vengono poste ad esempio in altri ambiti». «Ora io non conosco così bene la situazione francese – aggiunge – Ma penso che questa renitenza all’accoglienza dei profughi, anche semplicemente al loro passaggio, forse può essere dovuta anche dalla presenza di lunga data di immigrati sul territorio francese. Credo che l’immigrazione da anni in Francia sia stata gestita in maniera problematica, forse anche in ragione dei rapporti coloniali che la Francia aveva, quindi per tante cause di natura storica. Di fatto in Francia si è creato come due blocchi, le famose banlieue, cioè questi grandi agglomerati alle periferie delle città abitati da migranti o ex migranti o comunque da gente non di origine francese. Questo ha creato spesso due blocchi contrapposti, creando insicurezza, disordini e tensioni. Quindi si può anche capire che l’idea di base sia quella di risolvere un problema sociale e di conseguenza poi si prendono anche altre decisioni. Può anche darsi che un’organizzazione diversa della gestione interna possa anche magari questa situazione, io me lo auguro».

Oggi è Pasqua, un giorno di festa per tutti i cristiani. Qual è il suo augurio? «La Pasqua per i cristiani e per l’umanità intera ha un forte contenuto di speranza ed è la realtà di cui noi oggi abbiamo maggiormente bisogno – dice il vescovo -. Non siamo ancora usciti completamente dalla pandemia e purtroppo viviamo questa Pasqua con la tristezza della guerra nel cuore. Questo ci fa capire quanto i nostri equilibri siano instabili, quanto la nostra vita sia esposta al rischio, alla fragilità, al limite e al pericolo. Auguro a tutti che la luce della speranza pasquale illumini i cuori e illumini anche le menti di coloro che sono chiamati a prendere decisioni importanti, e consoli il cuore di tante persone che senza essere minimamente coinvolte a livello decisionale in questi fatti che turbano la vita delle comunità pagano il prezzo più alto, o direttamente come le persone coinvolte nella guerra, o come noi che poco o tanto ne subiamo comunque delle conseguenze. In sintesi: speranza, pace, consolazione e bene per tutti».

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