“La sindrome di Proust” i segreti di Taggia legati alla Maddalena e al Santo Graal. Il nuovo libro di Alessandro Venuto
Un libro che è una sorta di gioco dell’oca dove al centro non c’è il Graal, ma la sua ricerca e il bisogno di un mito sempre inarrivabile
Taggia. Quanti sanno che quello che per molti secoli è stato ritenuto il vero Santo Graal, è esposto al Museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo? O che la Maddalena avrebbe pernottato nell’Eremo a lei dedicato a Taggia? A sostenerlo è lo scrittore ligure Alessandro Venuto che svela questi e altri miti del nostro territorio nel suo nuovo libro “La sindrome di Proust”. Dopo il successo di “Triora“, ritroviamo il commissario triorese Aurelio Armato, che questa volta indagherà sui misteri liguri del Graal.
Alessandro Venuto, scrittore ligure, di adozione milanese ma amante della Liguria. Taggia e Proust. Un mix eterogeneo ma fedele al nostro territorio. «La Sindrome di Proust, edito da Booktribù è un sequel ma anche un romanzo a sé stante, completo: l’idea condivisa con l’editore era che un personaggio come Aurelio fosse troppo bello, troppo umano da definirsi in un solo racconto, c’era molto da dire su di lui ancora e molto che potesse fare per divertire. Soprattutto casini. Avevamo ragione. La seconda avventura di Armato mi ha permesso, da ligure che vive fuori regione, di toccare temi per me molto importanti legati alla mia terra, qualcosa con il quale ancora fatico a fare i conti come quanto accaduto a Genova durante il G8 e lo strazio del Ponte Morandi. Anche questa volta uso la magia del thriller per toccare con delicatezza temi importanti, alla Mozart» commenta l’autore.
Un sequel di Triora dove la trama è tutta made in Liguria. «La storia inizia con un prete che viene trovato morto vicino all’Eremo della Maddalena, a Taggia. Il nostro Aurelio, in vacanza con la figlia in Svizzera, viene convocato al Palazzo delle Nazioni dell’Onu da un certo Revelli per indagare sul presunto omicidio rituale del religioso. Da lì in poi inizia il viaggio che, da Taggia, lo porterà a Genova sulle tracce del Sacro Catino e del suo pezzo mancante per poi tornare a Taggia in tempo per il Ballo della Morte e risolvere un mistero che collega tra loro il crociato Guglielmo Embriaco, Napoleone, i Maddalenanti e persino i cavalieri pisani dell’Ordine di Santo Stefano. E Proust, sullo sfondo».
Perchè proprio Proust? «La sindrome di Proust è la nostra malattia del ricordo, dovuta a una memoria a volte troppo corta, altre volte rimaneggiata, spesso incoerente. Quest’anno mi sono regalato una lettura completa della Recherche proustiana e ho capito quanto un’opera come questa fosse fondamentale per il mio modo di intendere la vita, di sentirla; non solo è entrato nella mia psicologia, ma ne faceva già parte. Ne ha parlato persino Vasco Rossi in una recente intervista, dice che La Recherche gli ha salvato la vita: di certo, te la cambia. Nel mio libro, uso la libertà del thriller per parlare delle ferite ancora aperte della mia terra in un volano ideale che, decollato dalla Terra Santa della Prima crociata, arriva fino ai giorni nostri sorvolando i cieli di giornate drammatiche come quelle del G8 o del crollo del Ponte Morandi».
E non mancano i riferimenti ai miti della Liguria e alle sue leggende «quanti sanno che quello che per molti secoli è stato ritenuto il vero Santo Graal, il Sacro Catino, è esposto al Museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo? Guglielmo Embriaco, che lo ha portato via dalla Terra Santa, è rappresentato mentre lo tiene in palmo di mano sul palazzo di San Giorgio a Genova. O che la Maddalena avrebbe pernottato nell’Eremo a lei dedicato a Taggia? Ho persino scoperto che Napoleone, bloccato a Taggia dove già si trovava il fratello di Robespierre, dal fiume Argentina in piena, avrebbe dimenticato lì un pacco con le sue posate personali. Quando mi sono documentato su queste storie, grazie anche al volume di Massimo Centini ‘Templari e Graal in Liguria’, e ho scoperto gli studi del canonico Lotti e il movimento dei Maddalenanti che ogni anno mettono in scena l’antico rito della Madaena ho capito che avevo la mia storia, dovevo solo scriverla. E collegarla ai fatti più recenti. In questo mi ha aiutato il prezioso libro di Benedetta Alciato, ‘Vite spezzate’, sulle vittime innocenti del crollo del ponte Morandi, che mi ha aiutato a inquadrare bene il peso emotivo dei fatti accaduti».
Un libro che è una sorta di gioco dell’oca dove al centro non c’è il Graal, ma la sua ricerca e il bisogno di un mito sempre inarrivabile, incomprensibile come un trucco di magia del quale non vorremmo mai sapere come funziona. «Per citare un altro ligure, il Graal per me è come quei gabbiani che nella poesia di Montale richiamano a un altrove sempre un passo più in là, così vicino ma mai avvicinabile, afferrabile. Siamo abituati a consumare e possedere, ma quale bellezza ha qualcosa che non possiamo avere? Questo per me è il bello di un mito come il Graal, il suo essere qui e lì, sempre, dai mille significati e dai mille volti, una chimera che ci spinge a cercare. Tanto quello che troviamo, poi, è sempre dentro di noi» conlcude Venuto.