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In carcere per reati commessi a Imperia, è malato di Sla. L’avvocato: «Rischia la vita»

7 aprile 2022 | 15:08
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In carcere per reati commessi a Imperia, è malato di Sla. L’avvocato: «Rischia la vita»

Condannato per usura ed estorsione, rischia di perdere tre anni di vita (dei cinque che gli restano) se non esce dal carcere

Imperia. Dall’aprile del 2021 è in carcere per una misura cautelare convalidata dal giudice a seguito dell’arresto dei carabinieri di Imperia, ma è gravemente malato e la sue condizioni, a detta di quattro medici, non sono compatibili con il regime carcerario: Maximiliano Cinieri, 45 anni, di Asti, lotta contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) nella casa circondariale Cantiello e Gaeta di Alessandria. Fino ad ora le istanze del suo legale, l’avvocato Andrea Furlanetto, sono cadute nel vuoto.

Una situazione paradossale, quella dell’uomo, a cui un giudice del tribunale di Asti ha negato gli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, chiesti dall’avvocato. «Il diritto alla salute viene prima del diritto alle esigenze cautelari – dichiara Furlanetto – Altrimenti al mio assistito viene preclusa un’aspettativa di vita di 5 anni, che si potrebbe ridurre, se rimane in carcere, a soli due: tre anni di vita in meno».

A dirlo non è il legale, ma i medici. Nell’ultima relazione del dottor Roberto Carbone, medico referente del carcere, si legge che «le condizioni generali del detenuto sono leggermente peggiorate rispetto alla relazione precedente, sia per il progredire dell’impaccio motorio, sia per il progressivo deterioramento dei meccanismi della deglutizione». E ancora: «Il carcere non è la collocazione idonea per un detenuto con le caratteristiche cliniche del Cinieri». Dello stesso parere anche altri professionisti, tra cui il perito di parte, il dottor Gianluca Novellone, e il direttore della Neurologia di Alessandria, il dottor Luigi Ruiz, che parlano di totale incompatibilità con il regime carcerario. Stessa conclusione anche per il dottor Umberto Manera, uno dei massimi esperti di malattie neurodegenerative.

L’unico medico convinto che Cinieri possa restare in carcere è il perito incaricato dal giudice, il dottor Francesco Romanazzi, direttore del dipartimento di Medicina Legale dell’Asl2 di Cuneo.

I fatti. Maximiliano Cinieri era finito al centro di un’indagine svolta dai carabinieri di Imperia, l’operazione “Sonacai” (oro nel dialetto dei Sinti piemontesi), che si è conclusa il 24 aprile scorso con 11 persone arrestate su ordine della procura. Nell’occasione erano stati anche sequestrati beni per un milione di euro, frutto, secondo l’accusa di furti commessi nelle colline imperiesi e di prestiti a interessi d’usura.

E proprio per sette episodi d’usura, cinque dei quali commessi a Imperia, nei confronti di pluripregiudicati e per un’estorsione con arma avvenuta ad Asti nel 2016 (dunque tre anni prima dei fatti contestati, ndr) ed emersa in fase di indagine, Cinieri è stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, a 8 anni di carcere. «Ho depositato ieri la richiesta di Appello – spiega l’avvocato – Si tratta di una condanna davvero pesante considerando il tipo di reato e la scelta dell’abbreviato».

Il calvario di Cinieri è iniziato a dicembre, quando oltre ad altre patologie di cui soffre, gli è stata diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica. «Ho visto il mio assistito la scorsa settimana – dice Furlanetto – Ha veramente grandissime difficoltà a interloquire. Capisce, ma non riesce a pronunciare più di dieci parole, poi si blocca, non riesce a muovere la mano, non riesce a scrivere, non riesce a legarsi le scarpe, ha difficoltà motorie». Visti i problemi di salute, il detenuto è stato trasferito in un’altra sezione del carcere. «Gli hanno messo un “piantone” – aggiunge il legale – Cioè un altro detenuto che lo deve guardare h24 come se fosse un familiare. Una sorta di badante all’interno del carcere. Ma non capiamo come possano continuare a tenerlo in carcere, non trattandosi neanche di una condanna definitiva, ma di una misura cautelare e considerando anche che il mio assistito ha risarcito tutti quelli che si sono presentato a processo come parti offese e ha mandato le lettere di scuse a tutti».

«Non ho chiesto la liberazione totale, ma che venga messo ai domiciliari con il braccialetto elettronico», dice ancora l’avvocato: «Non credo che una persona affetta da Sla, ad domiciliari e con il braccialetto elettronico possa reiterare il reato e nemmeno che ci sia un pericolo di fuga. L’inquinamento probatorio è escluso, visto che il processo è finito, per cui secondo me non esiste più alcuna esigenza cautelare».

Il legale ha già presentato dieci istanze, l’ultima delle quali, che deve ancora essere discussa, il 4 aprile scorso. «Attendiamo anche che venga fissato il Riesame», conclude l’avvocato, pronto a compiere tutte le mosse possibili per far valere i diritti di un uomo gravemente malato rinchiuso in una cella.