Triora, riapre il museo etnografico e della stregoneria

25 marzo 2022 | 16:58
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Triora, riapre il museo etnografico e della stregoneria

Chiuso dal 16 febbraio scorso per completare la documentazione per la prevenzione incendi

Triora. Bella notizia per i turisti, i visitatori e gli amici di Triora. Il museo etnografico e della stregoneria, rimasto chiuso dal 16 febbraio scorso per completare la documentazione per la prevenzione incendi, sarà riaperto al pubblico sabato 26 marzo, con il consueto orario (ore 10,30-12 e 14,30-18).

Si ricorda che il museo sarà aperto tutti i giorni, durante i quali si potranno visitare le sei sale rappresentanti ognuna di esse un ciclo di vita contadina. Al piano centrale nella sala grande gli attrezzi utilizzati dai contadini, dai mulattieri, dai falegnami e dai panettieri testimoniano la vita dei campi ed il ciclo del grano. La sala attigua e dedicata al ciclo del castagno. Nella cucina, ricostruita secondo tradizione con il focolare e l’essicatoio pare gustare i sapori di un tempo. I vari oggetti: la madia, la credenza, i lumi, il treppiede, dove sembra accendersi da un momento all’altro il fuoco, riportano indietro nel tempo, quando le numerose famiglie riunite si sedevano attorno al focolare. La lavorazione del latte ed i prodotti della pecora sono oggetto di un piccolo locale comunicante con la cucina. I vari attrezzi parlano di un’attività già floridissima, che oggi sopravvive soltanto in poche zone. Le vigne, che un tempo si spingevano vino ad incredibili altezze, stanno anch’esse scomparendo; sono rimasti a testimoniare quest’attività redditizia, documentata da un vecchio elenco di viticoltori, oggetti quali botti, tini, fiaschi, bottiglie, damigiane e recipienti di ogni misura, disposti in ordine nella cantina.

Non poteva mancare qualcosa che riguardasse le streghe e la loro triste persecuzione, avvenuta negli anni 1587-89: nei sotterranei, già sedi delle carceri, sensazioni contrastanti colgono il visitatore, dalla curiosità al timore dell’inconscio e del soprannaturale. Se da un lato le superstizioni e le credenze popolari sono tuttora assai vive, magari camuffate da una profonda conoscenza delle erbe medicinali e dei metodi curativi empirici, documenti conservati nell’Archivio di Stato di Genova, qui fedelmente riprodotti ed esposti seppur in minima parte, raccontano supplizi tremendi ed interrogatori spietati. Ben quattro lugubri sale sono dedicate a questa tragedia locale. In una di queste è stata ricostruita una scena dell’inquisizione con una povera strega rinchiusa in cella, mentre il suo torturatore sta per firmare la sua condanna a morte. Vicino un’altra donna, ricoperta semplicemente da un camice bianco, è sdraiata, le mani ed i piedi legati, su di un cavalletto, in attesa del supplizio. Nelle altre celle, oltre alle lettere, ai verbali d’interrogatorio ed alle sentenze di condanna a morte, sono riprodotte streghe artigianali di materiale diverso nelle loro abitudini quotidiane.

Era tutt’altro che una bàgiua, cioè una fattucchiera, Luigia Margherita Brassetti, benefattrice triorese, vissuta a Triora per oltre venticinque anni, dispensando aiuti e privandosi di ogni ricchezza materiale. I trioresi non hanno dimenticato le sue attività benefiche ed hanno voluto dedicarle un’apposita sala al piano strada, dove sono esposti i suoi diari, le sue fotografie ed alcuni oggetti che le appartennero, oltre ai pensierini degli alunni ed agli scritti delle amiche più intime.

Particolarmente interessante è la sezione archeologica del museo, dove sono esposti i reperti rinvenuti nell’alta valle Argentina. Oggetti di corredo funerario raccolti fra le ossa di non meno di quattro individui nell’Arma della Gastea e frammenti di due o tre vasi a bocca quadrata e di altri ad impasto, assieme a reperti ossei, scoperti nella Tana della Volpe a Loreto sono i più antichi, riferibili al Neolitico medio (3800-3000 a.c.). Anche gli scavi nell’Arma della Gra’ di Marmo, nell’Arma della Vigna, nella cava di Loreto, nel Pertuso, nel Buco del Diavolo e nel Bric del Castellaccio hanno portato alla luce oggetti di uso quotidiano, ornamentale e di difesa, databili dall’Eneolitico all’Età del Ferro.

Nella sala grande al piano strada, mentre l’antico orologio campanario pare scandire il tempo, le statuette lignee del Maragliano e dei suoi discepoli, fra i quali lo sconosciuto Domenico Pittaluga, quelle di scuola napoletana, le processionarie rinascimentali, rinvenute nella Chiesa di San Bernardino, il letto ed il bagno dei nobili, le marionette del parroco Don Filippo Laschi, giocattoli, bamboline e vestiti d’altri tempi, assieme a numerosissime fotografie d’epoca, testimoniano l’arte, il tenore di vita e le differenze sociali del passato. Due fisarmoniche, già appartenute ad Alberti Domenico, tornato cieco dalla Grande Guerra, fanno bella mostra di sé; la più antica di queste, eseguita dalla ditta Salas di Stradella, è un pezzo veramente raro. Molto importanti dal punto di vista storico sono un registro delle deliberazioni dell’anno 1797 – Repubblica Ligure, un registro delle deliberazioni della Congregazione di Carità di Triora, ma soprattutto un antifonario su pergamena, scritto dal cartografo canonico Giovanni Maria Capponi nella seconda metà del secolo XVIII, nel quale, oltre ad una bellissima veduta del borgo, fra i capilettera sono riprodotte le chiese dell’epoca.

Entrando a destra la sezione faunistica, con i suoi numerosi esemplari, fra cui il gufo reale, la poiana, l’allocco, il gheppio, l’upupa e la donnola, non è riferita al passato ma può essere ancor oggi osservata tra le rocce e le fasce dell’alta valle Argentina.

Chi, stanco di girare nelle sale, vuole assaporare un attimo di tranquillità, può uscire nel piccolo giardino botanico; qui, nel mezzo di piante d’ogni tipo, sorge una sorta di Minitriora, con tanto di castello, fontana di Campumavue, lavatoio della Noce, ponte di Loreto, Arma pisciusa e soprattutto di chiese ormai scomparse (San Pietro e San Francesco).

Il museo è arricchito da una consistente bibliografia sulla stregoneria, la demonologia e la magia, con volumi sia antichi che moderni, il tutto per documentare nel modo più soddisfacente le affascinanti materie. Sono sempre più frequenti le donazioni di cittadini, fra i quali si annoverano pezzi unici ed artistici; è il caso della bottiglia con le streghe che giocano e danzano con i diavoli del maestro Aldo Codognato, del diavolo in legno di Giulio Protopapa o delle tavole della stregoneria di UPUI, eseguite su rame e donate in segno di riconoscenza al museo.

La Pro Triora, che nel 1990 ha fondato una modesta Casa Editrice, ha voluto dare il proprio contributo per la salvaguardia delle tradizioni culturali dell’alta valle Argentina, dando alle stampe numerose pubblicazioni, alcune delle quali esaurite, perseguendo in tal modo l’identico scopo del museo: quello di non permettere che il passato debba scomparire per sempre.

Un’altra novità è costituita dalla “strega del 2000”, realizzata con materiale povero oltre trent’anni fa, nell’atto di offrire un intruglio magico ai visitatori. Posta nella piazza Rosi, meglio nota come piazzale della strega, è stata di recente restaurata da uno dei due realizzatori: si tratta di Simonetta Bracco. Sarà un ulteriore motivo di curiosità per chi si avventura tra i meandri del centro storico ed oggetto di infinite foto-ricordo.

Per informazioni: info@museotriora.it. Orario: dal 1 novembre al 31 marzo dalle 14,30 alle 18, dal 1 aprile al 31 ottobre dalle 14 alle 18,30, sabato, domenica, festivi e nel periodo agosto-settembre, anche al mattino dalle 10,30 alle 12. Ingresso: 2,00 euro, comitive 1,50 euro, bambini 1,00 euro.