Omicidio a Rocchetta Nervina, udienza fiume in tribunale. Sartori al 112: «Ho ammazzato mia moglie»
La famiglia non si aspettava un epilogo del genere. Il nipote: «Erano come Sandra e Raimondo»
Imperia. «Pronto, ho ammazzato mia moglie, venite a prendermi». A parlare è Fulvio Sartori, 81 anni, che all’alba del 19 aprile dello scorso anno iniziò così la telefonata al 112, confessando agli operatori di aver ucciso la moglie, Tina Boero, 80 anni. L’uomo, attualmente ricoverato in ospedale a Genova, è a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver sgozzato la compagna di una vita nel loro appartamento in via Umberto I a Rocchetta Nervina.
Stamane, nel corso di un’udienza fiume davanti alla Corte di Assise, presieduta dal giudice Laura Russo, è stata riprodotta la telefonata che quel mattino Sartori fece, intorno alle 5,30. Agli operatori l’ottantenne dichiarò anche che la sua intenzione era quella di farla finita, ma non ci era riuscito. Lo troveranno il nipote e i carabinieri con una ferita al collo e una al braccio, nel letto, seduto vicino al corpo della moglie e della loro cagnolina Luna, sgozzata dal padrone.
Nella telefonata si sente l’anziano parlare prima con l’operatore della centrale e successivamente con i carabinieri di Ventimiglia. Quando il militare gli chiede come l’ha uccisa, lui risponde in maniera molto laconica: «Con il coltello».
Undici i testimoni ascoltati oggi, quasi tutti della pubblica accusa, rappresentata dal pm Antonella Politi. Tra questi, un appuntato di Ventimiglia, il primo ad arrivare sul posto e il luogotenente Pasquale Mennito, comandante della Stazione di Dolceacqua, che ha illustrato il proprio intervento. «Mi ha visto entrare dalla porta, mi ha sorriso e mi ha detto: ‘Maresciallo, ho disturbato anche lei, mi scusi per il disturbo che le sto arrecando’. E si è messo a parlare. Mi ha detto che non ce la faceva più. Mi ha colpito la freddezza, la lucidità, non mostrava nessun pentimento». «Con me era lucido e rispondeva a tono – ha aggiunto sempre Mennito -. Per me viveva quel momento come una liberazione». Su richiesta di Sartori, Mennito ha recuperato da un cassetto «18mila e 300 euro in contanti. Mi ha detto di darli al nipote per le spese». Nell’illustrare il profilo di Sartori, Mennito ha poi aggiunto: «E’ sempre stata una persona tranquilla, molto silenziosa. Era la classica brava persona. Era stato vicesindaco a Rocchetta, una trentina di anni fa. Era in pensione da tanti anni. Quando sono arrivato era già in pensione da parecchio».
Tra i testimoni anche Massimo R., nipote della vittima: «Alle 5,25 mi ha chiamato mio figlio Stefano che era di turno in ambulanza ed era stato chiamato dal 118 ad intervenire. Mi ha detto: “Papà, lo zio ha ammazzato la zia”. Mi sono alzato, ho provato a chiamare mio zio. Subito non ha risposto, poi dopo un secondo ha richiamato e mi ha detto: “Non ce la facevo più, non ce la facevo più, ho ammazzato la zia”. A quel punto il nipote corre a casa della madre, sorella della vittima, per prendere le chiavi di casa degli zii e in pochi istanti si reca nell’appartamento dei due anziani coniugi. «Ho spinto la porta – racconta – Sono arrivato al secondo piano. C’era buio. Ho aperto la porta e siccome conosco bene la casa ho subito schiacciato l’interruttore della luce. Quando si è accesa ho visto l’inferno. Ho visto mia zia, ho capito che non c’era più niente che potessi fare. Così sono rimasto lucido e ho pensato a mio zio che era sotto le coperte. Gli ho chiesto cosa avesse combinato. Mi ha detto: “Non lo so, non lo so…. Non ce la facevo più”. Ho toccato il cane per vedere se fosse vivo e ho chiesto a mio zio: “Ma hai ammazzato anche il cane?”. “Sì, sì”, mi ha risposto. Ho visto che aveva un taglio sul collo, era pieno di sangue e allora gli ho chiesto dove si fosse tagliato e lui mi ha indicato il collo e dalle coperte ha tirato fuori il braccio. Non l’ho fatto alzare dal letto. Ho aspettato che arrivassero i carabinieri».
«Ho chiesto ai carabinieri se potevo far cambiare mio zio e quando mi hanno detto di sì l’ho accompagnato in bagno, l’ho portato a lavarsi – ha aggiunto – Era rassegnato. Mi ha detto che era colpa di un coniglio, perché lui la sera prima l’aveva cucinato e la moglie non lo voleva mangiare. Le ho chiesto: “Ma la zia dormiva?”. E lui mi ha detto: “Dormiva, ma si è resa conto. Ma è stato un attimo”. Mi ha detto che era successo alle 4. Poi si è messo nel letto, si è tagliato, e ha chiamato 112. Mi ha detto: “Io speravo che stamattina ci trovavate tutti e tre qua morti, che non c’eravamo più”».
Oltre al problema della cena, tra i due coniugi c’era stato un battibecco per la televisione. Ma era intervenuto un tecnico ed aveva risolto. «Lei gli avrebbe detto che era stato lui a toccare la televisione – aggiunge il nipote – Ma era intervenuto l’elettricista e aveva risolto il problema».
«Lei era una di quelle donne che di tutto ne faceva un dramma – ha aggiunto, descrivendo la vittima -. Stava in poltrona, buttata lì, abbacchiata. Loro vivevano l’uno per l’altra. Lui l’ha sempre assecondata. Non avevano figli, erano un incastro: l’uno aveva bisogno dell’altra. Il cane per loro era in pratica una figlia, “amore qua”, “amore là”. Hanno vissuto più di 50 anni di matrimonio…. Io lo giudico un gesto d’amore, anche se condanno il gesto».
Quando il giudice ha chiesto cosa intendesse con “un gesto d’amore”, il nipote ha specificato: «Dopo di loro c’eravamo noi… penso che nella sua testa, lui pensava “se muoio prima io rimane la zia sulle spalle loro… o il cane da accudire… allora ce ne andiamo tutti e tre, e non diamo fastidio”, per non pesare sugli altri. E’ una mia interpretazione… Lui vedendola sempre così con questi problemi… avrà pensato che quella era la soluzione migliore per loro e per lui».
Ascoltato poi il medico legale che ha effettuato l’esame autoptico sul corpo della vittima, la dottoressa Francesca Fossati: «Indossava un pigiama azzurro (la vittima, ndr), una canottiera, slip bianco e un calzino. Gli indumenti erano totalmente pieni di materiale ematico. Mostrava una ferita lacero contusa sulla regione occipitale destra. Una ferita profonda, perché arrivava fino all’osso della testa, ma l’esame dell’encefalo ha escluso la presenza di emorragie sottostanti. Sul volto c’erano tre ferite superficiali, a margini netti, di lunghezza e direzione differente. Tutti a margini lineari netti». Un colpo alla testa, quello inferto con un batticarne in legno da Sartori alla moglie addormentata, che non l’aveva tramortita. Anzi. Probabilmente la donna era stata svegliata. La dottoressa ha poi illustrato i particolari dell’esame autoptico: «Nella regione del collo c’era un’ampia breccia cutanea, con recisione di tutti gli organi del collo che arrivava fino alle vertebre della colonna cervicale. Quasi una decapitazione. Rimaneva da recidere solo la colonna». Tina Boero ha provato a difendersi: «Sulle mani aveva ferite da arma da taglio, lesioni da difesa attiva, sul pollice e sulla mano – ha specificato il medico -. Come quando si cerca di impugnare l’arma per allontanarla da sé stessi». Il medico legale parla anche di una ferita superficiale alla gamba: «Ho ipotizzato potesse essere stata fatta dopo la morte. Può essere che per accoltellare il cane abbia tagliato lei». «La signora si è accorta, è morta al massimo in un minuto: ha reciso tutto, tutto: carotide, esofago (…). Si è proprio interrotta la linea della vita. La posizione delle gambe (…) sembrava quasi da fuga. Lei era lucida, ha tentato di difendersi». Ha concluso.
«Mia sorella aveva un carattere particolare, forse perché ha trovato un uomo molto buono – ha detto Irene, ricordando la sorella Tina e parlando del cognato -. Lei era come una bambina viziata, lui la viziava in tutto… se lei voleva una cosa lui andava a Ventimiglia a prendergliela. Ma non si è mai lamentato. Lo faceva con piacere. L’accompagnava dal parrucchiere. Ci diceva: “Voi non la capite, lei è malata”». La sorella dice che tra i due, in 52 anni di matrimonio, non c’era mai stato un litigio importante, solo battibecchi.
«Li ho sempre definiti Sandra e Raimondo, si bettegavano sempre, tutto il giorno, mio zio è una persona con una pazienza infinita. Lei era una zia bambina, sempre coccolata e viziata. Non hanno mai avuto discussioni brutte», ha detto l’altro nipote, Luca R. «Lei non ha mai lavorato, lavorava lui. Lei negli ultimi due anni era cambiata: ogni mattina ne aveva una. Faceva tutto lui. Lei non usciva praticamente mai. Non andava neanche a messa, gli ultimi mesi, per la paura del covid. Lui sì, sempre». Solo l’ultima domenica, prima dell’omicidio, la donna si è recata in chiesa con il marito e la sorella per la messa in memoria di sua madre. «Quella domenica la zia mi ha chiamato, era contenta. Aveva visto il nipotino di mio fratello, diceva che era bello, un bambolotto». «Lo zio non riusciva ad avere una vita sociale, lei lo chiamava sempre al telefono – ha concluso il nipote -. L’unico suo hobby, fino a qualche anno fa, era la caccia».
Il dettaglio della telefonata al 112
Sartori: “Pronto, ho ammazzato mia moglie, venite a prendermi”.
Operatore: “Ma quando è successa questa cosa?”
Sartori: “Adesso”
Sartori fornisce successivamente le coordinate agli operatori del 112, dicendo che si trova a Rocchetta Nervina, in via Umberto Primo
Operatore: “In che senso l’ha ammazzata?”
Sartori: “Volevo farla finita anch’io”.
Operatore: “La faccio parlare intanto con un operatore sanitario, se si può fare ancora qualcosa”
Sartori: “E no, non si può fare niente”
Operatore: “va bene, la faccio parlare con le forze dell’ordine, attenda un momento in linea”
L’operatore si mette in contatto con i carabinieri di ventimiglia e anticipa che dall’altra parte c’è un uomo che afferma di avere ucciso la moglie.
Carabinieri: “Carabinieri di Ventimiglia, dica”
Sartori: “Sono a Rocchetta, ho ammazzato mia moglie”
Carabiniere: “Dove si trova, in casa”
Sartori: “In casa, sì”
Carabiniere: “Come l’ha uccisa?
Sartori: “Con il coltello”
Carabiniere: “Lei quanti anni ha?”
Sartori: “Ottant’anni”
Carabiniere: “E sua moglie?”
Sartori: “Anche”
Carabiniere chiede poi dove si trova a Rocchetta, se quello che appare è il suo numero di cellulare e altre informazioni sul delitto: quando e dove è successo.
Carabiniere: “Ma quando lo ha fatto questo atto? Mentre sua moglie dormiva?”
Sartori: “Sì”
Carabiniere: “Va bene, adesso arriviamo subito”
Sartori: “Non ce la faccio”
Il carabiniere chiede se Sartori abita in una casa indipendente o in un appartamento in un condominio.
Carabiniere: “Lei non riesce ad aprirci la porta?”
Sartori: “No, non ce la faccio”