Le mani russe su Kiev, la guerra raccontata da docente sanremese per anni in Ucraina

3 marzo 2022 | 07:00
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Fabio Boero: «E’ come un banchetto dove ci sono tanti invitati che hanno mangiato, ma poi l’Ucraina ha dovuto pagare il conto»

Sanremo. Da Kiev, dove per otto anni ha diretto il Centro italiano di cultura Fabrizio De André, Fabio Boero è tornato a Sanremo a causa della pandemia da Covid-19, nella speranza di poter tornare in Ucraina a stretto giro. A fermarlo, ora, non è più il virus, ma la guerra, quella scoppiata il 24 febbraio quando l’esercito russo ha invaso il paese che tanto ama.

Eppure la divisione tra russi e ucraini, dieci anni fa, non c’era. «Ricordo che nel 2010, 2011 – racconta Boero – C’erano le parate militari a Kiev, in ricordo della Seconda Guerra Mondiale, con in testa le bandiere russa e ucraina. Quindi è cambiato tutto in un decennio. Ovvio, bisogna andare molto cauti perché in realtà nessuno ha le informazioni complete. Però possiamo dire che la situazione si è evoluta molto, iniziando dal 2014».

Per descrivere la situazione, Fabio Boero usa una metafora: «E’ come un banchetto dove ci sono tanti invitati che hanno mangiato, ma poi l’Ucraina ha dovuto pagare il conto. Tanti si sono seduti, hanno mangiucchiato, ma alla fine l’Ucraina è rimasta da sola a pagare il conto un po’ di tutto». «Io ero proprio a Maidan (piazza centrale di Kiev, sede degli scontri nel 2014 terminati con la cacciata dell’allora presidente ucraino Viktor Janukovyč ndr) nella rivoluzione ed è innegabile che ci siano state pesanti interferenze americane ed europee che invitavano la piazza in rivolta a ribellarsi, ovviamente sentendo una piazza che voleva essere dalla parte europea: la maggioranza di chi voleva avvicinarsi all’Europa era schiacciante rispetto a chi aveva una visione filo-russa, che veniva vista da tutti come un ritorno all’Unione Sovietica».

Generico marzo 2022

«Il problema, secondo me – spiega Boero – E’ stato che c’erano stati altri governi vicini all’Europa, ma nessuno aveva mai sbattuto la porta a Mosca. Era un vicino ingombrante, un vicino che aveva tanti punti in comune, anche culturalmente, seppur con tante differenze. Quindi se fino ad allora si era cercato di fare politiche guardando all’Europa ma non chiudendo (alla Russia), con quella rivoluzione c’è stato forse uno stacco e una chiusura abbastanza violenta».

Generico marzo 2022

La guerra del Donbass. «L’Ucraina è divisa in due tra la parte ovest, che parla ucraino, e la parte est che è sempre stata russofona ma le due parti hanno sempre coesistito almeno fino al 2014, quando la parte ucraina ha preso il sopravvento – dice Boero -. Secondo me, all’inizio ci sono stati moti di piazza spontanei e poi qualcuno si è seduto al banchetto, perché è inimmaginabile pensare che non ci sia stato un supporto militare. Come diceva De Andrè “Non esistono poteri buoni”: questo bisogna sempre tenerlo a mente. Dal 2014 ad oggi c’è stato questo conflitto dal Donbass ed è una delle ragioni che oggi viene usata per dire “stiamo ponendo fine a questo scempio nel Dombass”. Viene anche da chiedersi quale stato moderno accetterebbe un’auto-proclamazione interna su base militare senza fare nulla».

Gli ucraini si aspettavano un attacco del genere? «Era sulla bocca di tutti, se ne parlava, ed era talmente chiaro, scritto anche sui giornali, che sembrava impossibile che succedesse, quindi in realtà la maggioranza non se lo aspettava. Paradossalmente, la sera prima dell’attacco c’era gente che faceva festa, andava al ristorante… Anche io sinceramente sono stato sorpreso. Ho cercato di dire ad alcune persone: “Forse è meglio se andate via”, ma rispondevano: “Ma no, non succede niente”».