Il manifesto dell’ANPI per una per una «politica migratoria antifascista»

Scrive la presidente provinciale, Amelia Narciso
Imperia. Scrive la presidente dell’ANPI (Associazione nazionale partigiani italiani) Provinciale, Amelia Narciso «ANPI è una associazione che, nello spirito dei principi alla base dell’Unione Europea e della Costituzione italiana, lotta da anni per un cambiamento radicale delle politiche sulle migrazioni, promuovendo azioni nella direzione dell’accoglienza e della valorizzazione del ruolo che i migranti possono svolgere nelle nostre società. Laddove si intacchino le fondamenta della democrazia, l’ANPI non può restare in silenzio.
A Ventimiglia da anni ormai scricchiolano e vacillano le più elementari regole dell’accoglienza; si smantellano i servizi di base che potrebbero garantire una assistenza degna di questo nome a centinaia di persone, tra cui numerosi minori che viaggiano con le loro famiglie o non accompagnati, si assiste a un proliferare di promesse mai mantenute, di progetti sempre rimandati; si è testimoni di quotidiani episodi di violenza, degrado sociale, disperazione umana, abbandoni e morti che di accidentale non hanno nulla.
L’ANPI chiede con forza all’Amministrazione cittadina e a tutte le Istituzioni deputate alla tutela dei diritti fondamentali di dar conto dei colpevoli ritardi che rendono Ventimiglia una città inospitale, dove le pratiche illegali del respingimento sono all’ordine del giorno e il dispositivo “frontiera” manifesta tutto il suo potere sui più vulnerabili. I servizi pubblici e le Istituzioni non stanno offrendo alternative concrete e ‘reali’ dopo la chiusura del campo Roja e la solidarietà delle associazioni del territorio è l’unica forma di risposta visibile e accessibile ai tanti giovani e meno giovani in marcia verso l’esilio: in fuga da condizioni di vita impossibili o inaccettabili, perché semplicemente disumane. L’ANPI pensa qui ai tanti uomini, alle tante donne, ai tanti bambini e adolescenti che in questi anni hanno attraversato i nostri luoghi più familiari che diventano per loro posti abietti, scoscesi e impervi. Il recente rapporto della Caritas, pubblicato a gennaio 2022, presenta dati inequivocabili: delle duemilacentocinque persone assistite, novecento cinque arrivano dal Sudan, più di trecento dall’Eritrea e duecento dall’Etiopia. Cinquantotto sono stati i nuclei familiari, con ottantasei bambini accolti e sostenuti solo da volontari e volontarie che non vogliono girare il loro sguardo dall’altra parte. Parliamo di contesti d’origine attraversati da conflitti, dilaniati da colpi di Stato e da guerre di decennale memoria; di più, parliamo in molti casi di Paesi del Corno d’Africa rispetto ai quali l’Italia non ha un ruolo storico neutrale. L’ANPI Provinciale di Imperia non può esimersi da ricordare in questa lettera, l’eccidio coloniale di Addis Abeba avvenuto ottantacinque anni fa (il 19 febbraio 1937, Yekatit 12 secondo calendario copto): gran parte della popolazione civile e militare italiana e fascista ha, in tre giorni, trucidato migliaia di uomini, donne e bambini, come isterica rappresaglia per l’attentato in cui rimase ferito Rodolfo Graziani, comandante in capo delle truppe di occupazione. Né vogliamo qui dimenticare donne e uomini della lotta di liberazione che da quei paesi provenivano e hanno contribuito alla caduta di un regime assassino e alla costituzione di un’Italia democratica, come il partigiano italo-somalo Giorgio Marincola, barbaramente trucidato il 4 maggio 1945 in Val di Fiemme con altre venti persone, tra partigiani e abitanti di Stramentizzo, durante la ritirata tedesca di una autocolonna di SS. L’ANPI si unisce all’appello rivolto alle autorità locali da parte di diverse realtà associative che denunciano la costante e grave lesione dei diritti umani lungo una frontiera – quella italo-francese- dove si continua a morire (l’appello dell’ASGI dell’11 febbraio 2022 è reperibile a questo link:https://www.asgi.it/primo-piano/confine-italo-francese-una-frontiera-dove-si-continua-a-morire-appello/). Vogliamo dire basta a queste morti annunciate, alle esplosioni di violenza razzista (come quelle che hanno portato all’aggressione l’anno scorso del giovane guineano, Moussa Balde), alle forme di incuria sociale che portano a dipingere, nelle cronache locali e nazionali, Ventimiglia come una città “spettrale” e inospitale, abitata da ombre e fantasmi. Il nostro intento è piuttosto quello di contribuire, insieme a tutte le realtà territoriali e con l’Amministrazione cittadina, a fare di Ventimiglia un laboratorio sociale di vite condivise e comuni esperienze: una città che faccia della tutela dei diritti fondamentali e del diritto di asilo il principio giuridico intorno a cui ripensare le politiche migratorie locali, nel rispetto di quelle nazionali. I tragici eventi che in questi giorni stanno precipitando l’Europa in una storia che non avremmo mai voluto neppure immaginare, sono la prova terribile di quanto fragile sia la sicurezza di ogni popolo e di tutti coloro che, solo fino ad ieri, erano chiamati all’accoglienza di chi, più sventurato, chiedeva aiuto, fuggendo da altre sofferenze e da guerre poco più lontane da quelle che colpiscono in questo momento il cuore dell’Occidente: la storia di oggi ci impone di ripensare e attuare con la massima urgenza il riconoscimento dei diritti d’asilo e dei diritti fondamentali di ogni essere umano, da qualunque terra provenga e qualunque sia il colore della sua pelle: per questo il nostro appello oggi risuona più urgente che ma date queste premesse, Vi chiediamo di: allestire nei tempi più rapidi possibili un centro di accoglienza inclusivo e per questo ben collegato alla città, che diventi una realtà strutturale e non emergenziale, nella consapevolezza che da sempre Ventimiglia è città di frontiera; e di predisporre servizi adeguati a rispondere alle esigenze e al bisogno di protezione dei migranti presenti nei luoghi di frontiera, garantendo in primo luogo accoglienza anche alle persone in transito e luoghi sicuri a coloro che volessero fermarsi e costruire nella nostra realtà il loro futuro».