Branco di lupi semina morte e terrore nei boschi di Sanremo: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Accadde tra il 1814 e il 1816
Sanremo. Il tradizionale appuntamento con la storia matuziana a cura dello storico Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato ad un episodio forse poco noto della storia locale del primo Ottocento: quando, tra il 1814 e il 1816, un feroce branco di lupi cervieri seminò morte e terrore nei boschi circostanti l’abitato di Sanremo.
Ecco dunque il racconto dello storico Andrea Gandolfo su quei tragici fatti: «A partire dalla fine del 1814 i boschi circostanti l’abitato di Sanremo cominciarono ad essere infestati da branchi di voraci lupi cervieri, che seminarono morte e terrore. Il 18 giugno 1815 i lupi sbranarono le due sorelle Buschiazzo di Sanremo, che si trovavano nei boschi di Bignone, mentre alla fine del mese di agosto erano già quarantasei le persone rimaste ferite o uccise dai lupi in tutto il circondario. In seguito a questi fatti, il vice intendente di Sanremo d’Aste inviò un appello al capo anziano Tomaso Borea d’Olmo, il 29 maggio 1815, per invitare tutti i cittadini a partecipare alla caccia e ad uccidere, per quanto possibile, i pericolosi canidi. Preoccupato per l’ulteriore aggravamento della situazione il vice intendente d’Aste inviò la seguente missiva al marchese Borea d’Olmo il 19 agosto 1815: “Signore, l’Umanità freme a tutta ragione sulla strage continua che fanno di tanti miserabili le bestie feroci che infestano questi boschi. Pare impossibile che non possa riuscire di distruggerle e dare maggiore eccitamento a cacciatori affine che vogliansi occupare di andarne in traccia con buon successo. Io m’affretto di farle sapere che ho fissato un premio di lire trecento a chi ucciderà un grosso lupo o una lupa. Questo premio sarà in parte pagato dal governo e in parte dalle Comuni. Non posso dissimulare che se questo eccitamento non basterà a mettere in moto tutti i cacciatori dei rispettivi Comuni per distruggere suddette bestie feroci che ormai nel mio Circondario hanno già divorato più di venticinque persone, io sarò costretto a far venire pichette di truppa, che a spese dei rispettivi Comuni saranno piazzati nei boschi per eseguire essi la caccia ordinata. Io la prego di dare la maggiore pubblicità alla presente faccendo affiggere copia e spedendone pure copia a tutti i SS.ri Capi Anziani de’ Comuni del suddetto Cantone”. Per contrastare ulteriormente la minaccia dei lupi, il 24 agosto Tomaso Borea d’Olmo decise di inviare messi comunali forniti di tamburo nelle valli dell’entroterra di Sanremo per avvertire gli abitanti quando si fossero potuti addentrare nei boschi per raccogliere legna o fieno senza incappare nelle pericolose fiere. Intanto continuavano gli attacchi dei lupi: il 2 settembre un certo Donato fu assalito e ucciso con un morso alla gola ai confini dei boschi di Perinaldo, il 12 due grossi lupi sbranarono un bambino di sei anni nel prato di San Romolo, prima che la madre che si trovava in un orto sottostante potesse accorrere in suo aiuto. Il 19 una ragazza veniva ferita gravemente a Sanremo. Mentre succedevano questi episodi iniziavano a dare i loro frutti le contromisure adottate dall’amministrazione civica: il 9 settembre tre cacciatori di Verezzo uccidevano con due colpi di fucile un esemplare maschio, che vagava nei boschi vicino a Baiardo. Furono anche promessi vistosi premi in denaro a coloro che fossero venuti a portare agli appositi delegati comunali delle teste di lupo, come prova delle avvenute uccisioni delle pericolose fiere. Il 21 giugno 1815, ad esempio, Gio Batta Borea, “per aver amazato un lupo nelli horti dei Ciapelassi di questa città”, ricevette in premio uno scudo d’oro. Il 27, “per havere amazzata una lupa nel fondo di Maitina Bestoso”, in regione Suseneo, ne avrebbe ricevuti due, “essendo detta lupa femmina”, un certo Mattia Pagliero. Quindici giorni più tardi ne avrebbe riscosso uno Paolo Papone e un altro fu dato a Giacomo Sardo per aver portato due teste mozzate di lupo cerviero in Comune, bestie “occise sopra li fini della braia di Lanza”».
«Il 17 settembre giunsero a Sanremo venti soldati del reggimento di Nizza, inviati dall’intendente generale di Nizza per dar manforte agli uomini del posto nella caccia ai pericolosi predatori. Otto giorni più tardi un militare del reggimento nizzardo, mentre si trovava nel cantone di Santo Stefano, colpì con il suo fucile un grosso lupo di sesso maschile, che venne rinvenuto senza vita la mattina dopo nel bosco di San Salvatore, nel territorio di Castellaro. Il 18 ottobre le autorità comunali dei vari paesi del circondario si riunirono a Taggia e decisero di organizzare una grande battuta di caccia, alla quale avrebbero dovuto partecipare tutti gli uomini delle diverse comunità interessate dagli attacchi dei lupi. A guidare le squadre si dovevano porre elementi armati e già esperti di caccia, mentre gli altri, con un semplice bastone, avrebbero aiutato come potevano, anche con grida, per stanare le fiere nascoste nelle loro tane. La grande giornata di caccia venne fissata per domenica 22 ottobre 1815 e affinché tutti potessero adempiere al precetto festivo in alcuni paesi si dispose la celebrazione di più messe contemporaneamente, come accadde a Bussana, dove se ne tenne una alle due, un’altra alle due e mezza e una terza poco prima del sorgere del sole. Intanto, ai primi di ottobre, il capo anziano Tomaso Gio Batta Borea d’Olmo aveva emanato le seguenti disposizioni per l’organizzazione della caccia ai pericolosi carnivori: “1. Per domenica prossima 22 corrente ottobre resta fissata la caccia generale de’ lupi; 2. Un’ora prima dell’alba tutti i cacciatori dovranno essere ai loro posti che saranno designati dai sig.ri Capi Anziani; 3. Li cacciatori saranno distribuiti in giro alle montagne o boschi d’ogni Commune, in guisa che non resti libera l’uscita alle sudette bestie feroci, a queste dovranno restare in guardia con proibizione di non sbarrare (sparare) se non nell’occorrenza di poter ferire con probabilità; 4. Delle turbe guidate dai Capi, che verranno scielti dai sig.ri Capi Anziani, saranno pronte all’alba per entrare nei boschi, che verranno designati, per snidare dai loro covili i lupi con tutto il possibile clamore, onde darli alla fuga, ed acciò possano cadere in mano dei cacciatori portati come sopra”» – fa sapere il sanremese Andrea Gandolfo.
«Nel frattempo non cessavano gli attacchi mortali sferrati dai feroci animali: a Coldirodi un branco di lupi uccise una ragazza di sedici anni, a Baiardo il 16 ottobre un altro lupo uccise una donna mentre raccoglieva del fieno, a novembre le fiere sbranarono due donne nel bosco di San Romolo e infine, il 5 dicembre, altre due donne rimasero uccise, mentre una terza venne orribilmente mutilata, ma riuscì miracolosamente a salvarsi. A Bussana una certa Prospera Lupi, aggredita mentre pascolava due mucche, se la cavò soltanto con qualche ferita, venendo salvata dalle sue mucche che presero a cornate i lupi assalitori. Le fiere continuarono a seminare vittime e terrore anche nel 1816: il 2 gennaio alcune persone furono sbranate alle porte della città, il 2 aprile una donna fu trucidata da due lupi nel bosco di Ceriana e ancora il 4 aprile altre tre donne, di cui due di 18 anni e una anziana, furono uccise nei boschi di Castelvittorio. La questione dei lupi feroci del circondario di Sanremo divenne un fatto di rilevanza nazionale, tanto che sulla “Gazzetta Privilegiata di Venezia” del 14 febbraio 1816 venne pubblicata una corrispondenza da Genova, in cui si legge: “Abbiamo sotto gli occhi la storia purtroppo vera e deplorevole di altre persone sbranate nelle vicinanze di S. Remo dai lupi, dai quali non si è ancora potuto liberare quegli infelici paesi. Noi speriamo, riportandolo, non solo di smuovere a compassione le anime sensibili, ma di eccitare tutti quelli che hanno coraggio ed i mezzi adatti, di unirsi agli sforzi delle autorità costituite e di accorrere in soccorso di quelle desolate popolazioni. Il 18 dello scorso gennaio queste bestie feroci, avide più che mai di carne umana, divorarono due donne della comune di Sasso. Altro terribile caso è accaduto il 1° del corrente febbraio in una comarca dei boschi della città di S. Remo. Due lupi assalirono una povera ragazza di 15 anni: uno la morsicò in una coscia e l’altro nel collo. Alle sue spaventevoli grida accorse il fratello che era poco lontano e i lupi presero la fuga, ma, non essendo subito state medicate le sue ferite, morì per la perdita del sangue che ne sgorgava mentr’era condotta a casa. Non si sa ormai quali espedienti prendere per liberare quelle popolazioni da sì spaventoso flagello. Le carni avvelenate non giovano. I cacciatori si straccano di andare nei boschi. Pare che i lupi scaltriti si avvedano quando si dà loro la caccia. Se i cacciatori vanno, non riesce mai a vedere un lupo; se cessano ed ecco che i lupi che appunto in quel giorno fanno strage. Si dice che la caccia di queste bestie non può farsi con frutto senza cani avvezzi ad inseguirle ed atti a scoprirne le tane. Se vi fossero dei cacciatori provvisti di cani di questa specie, e volessero provarsi, noi siamo autorizzati ad assicurar loro che, oltre i premi proposti già dal Governo, le Comuni di quel circondario sono pronte a fissare un altro premio per l’uccisione di ciascun lupo, cosicché uccidendone due o tre, oltre le benedizioni di quelle popolazioni, si troverebbero largamente ricompensati del loro viaggio e delle loro fatiche”» – narra Gandolfo.
«Per debellare la piaga rappresentata dai feroci carnivori, il vice intendente d’Aste comunicò a tutti gli amministratori locali, il 4 marzo 1816, che il re di Sardegna, “per liberare queste popolazioni dal terribile flagello dei lupi”, aveva deciso di inviare ventiquattro cacciatori della Valle d’Aosta con un numero sufficiente di cani avvezzi alla caccia delle bestie feroci. Questi cacciatori sarebbero stati riforniti di pistole e sciabole dell’Armeria di Torino e la loro paga sarebbe stata a carico per metà del Tesoro e per metà dei Comuni. In una successiva circolare del 6 aprile 1816 il vice intendente, sdegnato per il fatto che nel giro di solo sei giorni altre cinque persone erano state uccise dai lupi, ordinò di organizzare per il 15 aprile “una battaglia generale” per snidare dai loro nascondigli i lupi, inviando alcune pattuglie nei boschi per coadiuvare i cacciatori valdostani. Nello stesso tempo d’Aste autorizzava tutti i comuni del comprensorio a prelevare dall’articolo delle spese impreviste dieci lire allo scopo di comprare della polvere e del piombo per armare le suddette pattuglie. Tale rinnovato impegno diede sicuramente dei buoni frutti in quanto da allora sarebbe stato raro l’avvistamento di lupi cervieri nei nostri boschi e le cronache non avrebbero più registrato delle aggressioni mortali» – racconta lo storico Andrea Gandolfo.