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Arrivati a Imperia i primi profughi ucraini, saranno ospitati da famiglie italiane

13 marzo 2022 | 14:48
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Hanno risposto all’appello lanciato dall’imperiese Matteo Lodi

Imperia. Saranno ospitati tutti da famiglie italiane che si sono rese disponibili, i primi 23 profughi ucraini giunti a Imperia dopo oltre venti ore di viaggio. Sono donne, bambini e pochissimi uomini: uno anziano e un altro padre di tre bimbi piccoli, che hanno potuto lasciare l’Ucraina perché esentati dai combattimenti.

Ad accoglierli, all’uscita dello svincolo autostradale di Imperia Ovest, c’è Matteo Lodi, promotore dell’iniziativa in sostegno dei profughi, che ha coinvolto numerosi cittadini di tutta la provincia: c’è chi ha messo a disposizione alloggi, chi auto per gli spostamenti, chi ha raccolto alimenti e chi invece si occupa di un primo tampone agli ucraini scesi dal pullman.

«I profughi verranno ospitati da famiglie private, che hanno dato la loro disponibilità per solidarietà umana – spiega Lodi  -. Abbiamo creato un ponte umanitario privato». Le persone arrivate oggi a Imperia, spiega sempre Lodi: «Sono state raccolte al confine tra Ucraina e Ungheria, hanno fatto 25 ore di viaggio. Altri arriveranno in treno tra oggi e domani, passando da Milano, da Vienna. E’ un ponte che si sta allargando, perché ogni giorno mi chiamano tra le cinque e le dieci famiglie disponibili ad ospitare. Mettono a disposizione parti della propria casa, appartamenti adiacenti, dependance. C’è chi non ha casa e allora mette a disposizione la macchina, mette il tempo, mette ciò che ha. E’ una gara di solidarietà dal basso». Tra i profughi anche una famiglia intera, l’unica in cui anche il padre è potuto fuggire «perché ha tre figli minorenni e non è stato obbligato a combattere», dice Lodi, che aggiunge: «Un altro padre arriverà domani, perché ha avuto un’operazione chirurgica e quindi non è stato obbligato alla guerra». Dopo il primo tampone effettuato da volontari allo svincolo autostradale, tra lunedì e martedì gli ucraini si recheranno agli hub gestiti dall’Asl1 per sottoporsi a un secondo tampone e all’eventuale vaccinazione. «Oggi verranno completati anche i moduli per la questura (per gli stranieri che soggiornano temporaneamente in Italia, ndr), in modo che sia tutto in regola», conclude Matteo Lodi.

«I miei nipoti sono partiti una settimana fa per venire qui da me, sono cinque mamme con dieci bimbi piccoli – racconta Lyudmyla, ucraina che da circa vent’anni vive a Imperia – Ma visto che il viaggio (per l’Italia) era troppo lungo, si sono fermati in Polonia. Subito pensavano di fermarsi un paio di giorni, invece poi si sono trovati molto bene, sono stati ospitati in un albergo e stanno lì perché non vogliono stare lontano da casa». Quasi tutti i profughi, spiega la donna, sono convinti che la guerra durerà poco e per questo, in previsione del ritorno a casa, vogliono restare il più vicino possibile al proprio Paese, evitando lunghi viaggi. «I miei nipoti pensano “Se veniamo da te, facciamo questo viaggio lungo con i bambini e poi magari tra tre giorni finisce tutto e dobbiamo tornare indietro e affrontare di nuovo un lungo viaggio”. Pensano che sia un conflitto che finirà presto, pensano tutti così, e dicono: “Stiamo due giorni e poi torniamo a casa”». Ma la paura che la guerra non si fermi all’Ucraina è tanta. Dice Lyudmyla: «Stamattina hanno bombardato vicino a Leopoli, che è al confine con la Polonia, speriamo che non si allargano di più, speriamo che finisca tutto il più presto possibile».

«C’erano i carri armati che sparavano a trenta metri dalle abitazioni – raccontano Valentina e il marito Viktor, due anziani coniugi che provengono da Bucha, un centro distante trenta chilometri da Kiev -. Ora la nostra casa non c’è più, è rimasta solo cenere. Un missile l’ha distrutta». I due raccontano, che quando sono scappati la loro città è stata occupata dai russi. «Bucha è il posto dove bombardano più che altrove – aggiungono -. I nostri vicini ci hanno portato al confine con la Slovenia». La figlia, il marito e la nipote, invece, hanno impiegato quattro ore per uscire dal loro Paese.

Ci sono Valentina e Viktor, ci sono le mamme e i loro bambini, alcuni piccolissimi. C’è chi beve un tè caldo per riprendersi dal lungo viaggio, c’è chi disegna sull’asfalto con i gessetti colorati. I bambini ucraini giocano con i nuovi amici italiani: sono gli unici a capirsi subito. Mentre per gli adulti è necessario un mediatore, la lingua dei piccoli è universale e basta un gessetto colorato per oltrepassare un confine per altri invalicabile.

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