Alessandro Natta, l’uomo politico originario di Oneglia: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

26 marzo 2022 | 06:01
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Alessandro Natta, l’uomo politico originario di Oneglia: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Ricoprì la carica di segretario generale del Pci dal 1984 al 1988 nei difficili anni del passaggio dalla segreteria di Berlinguer al nuovo Partito democratico della sinistra

Sanremo. Il tradizionale appuntamento con la storia locale a cura dello storico sanremese Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato alla figura di un nostro grande conterraneo, l’uomo politico originario di Oneglia Alessandro Natta, che ricoprì la carica di segretario generale del Pci dal 1984 al 1988 nei difficili anni del passaggio dalla segreteria di Berlinguer al nuovo Partito democratico della sinistra.

Ecco dunque il racconto dello storico Andrea Gandolfo sulla vita di Alessandro Natta: «Nacque a Oneglia il 7 gennaio 1918 da Antonio e da Delfina Muratorio, ultimo di sei figli. Durante l’infanzia ricevette cure sollecite dalla sorella Giuseppina, di professione maestra, che svolse un ruolo importante nella sua formazione culturale. Concluse brillantemente gli studi magistrali nel 1935 e conseguì la maturità classica l’anno successivo. Nel 1936 si iscrisse alla Scuola normale superiore di Pisa, dove si laureò in lettere con il massimo dei voti nel 1940 presentando una tesi sulla rivoluzione napoletana e sul pensiero storico e politico di Vincenzo Cuoco. Alla Normale iniziò un periodo di intenso attivismo politico, in un gruppo fondato insieme ad altri studenti antifascisti per impulso di Aldo Capitini, allievo e poi segretario della Scuola, da cui fu cacciato nel 1933 per aver rifiutato la tessera fascista. Si trattava di un gruppo spontaneo, di orientamento liberalsocialista, con una riserva fortissima nei confronti del comunismo. In questi anni Natta combinò l’attività di natura cospirativa con la partecipazione al Gruppo universitario fascista pisano. Nonostante la profonda compromissione del direttore Giovanni Gentile con il regime fascista, fino al 1939-40 il clima universitario si rivelò abbastanza aperto e gli anni trascorsi a Pisa furono decisivi per la formazione di Natta, cui contribuirono professori come Luigi Russo, Giorgio Pasquali, Guido Calogero e Delio Cantimori mentre il rigore, la disciplina e la severità degli studi rappresentarono una decisiva occasione di educazione culturale e di maturazione politica».

«Al momento dello scoppio della guerra, i giovani antifascisti della Normale salutarono l’evento come l’unica strada per la sconfitta del fascismo. Interrotto, nel 1941, il perfezionamento a causa del servizio militare, Natta fu inviato come ufficiale di artiglieria in Grecia, dove partecipò alla difesa dell’aeroporto di Gadurrà attaccato dai tedeschi. Imprigionato, rifiutò di collaborare con i tedeschi e fu internato in Germania dal marzo 1944 fino alla liberazione nel 1945, in quattro campi: Mühlberg sull’Elba, Küstrin, Sandbostel, Wietzendorf. Natta raccontò questa esperienza nel libro L’altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania, consegnato agli editori nel 1957, ma pubblicato soltanto nel 1997. Una volta rientrato in Italia, non aveva ancora compiuto una scelta di campo definitiva, tanto che sia i socialisti sia i comunisti di Imperia non sapevano da che parte si era schierato. Nell’estate del 1945 si iscrisse al Partito comunista italiano e nello stesso periodo sposò la sua coetanea Adele Morelli, conosciuta sui banchi delle magistrali, e dalla quali ebbe poi la figlia Antonella.Iniziò a lavorare come professore presso il liceo di Imperia, ma la scelta politica condizionò presto l’attività di insegnante, che lasciò per dedicarsi al lavoro di partito e agli incarichi pubblici. Consigliere comunale di Imperia dal giugno 1946, fu eletto deputato nel 1948 e sarà riconfermato per dieci legislature consecutive. Il lavoro parlamentare assunse un posto di primo piano nella sua attività, anche se rimase segretario della federazione di Imperia dal 1950 al 1955, quando fu nominato direttore dell’Istituto Gramsci, ruolo ricoperto fino alla fine del 1956; un periodo breve, ma condizionato da una serie di drammatici eventi, tra cui la rivolta in Ungheria e in Polonia nel 1956 e la crisi tra gli intellettuali e il Pci» – racconta Andrea Gandolfo.

«Nell’attività parlamentare, Natta diede prova di grande impegno, serietà e preparazione, a cui contribuirono il rigore appreso alla Normale e l’esempio di Palmiro Togliatti. Fu eletto membro del comitato centrale del Pci nel 1956 e dall’anno successivo fu responsabile della commissione scuole di partito, ruolo ricoperto fino al 1960, quando si trasferì in pianta stabile a Roma e assunse l’incarico di responsabile della commissione stampa e propaganda.Entrato nella segreteria del Pci nel 1962, fu chiamato nella direzione alla fine del 1963. Limitando l’impegno parlamentare, si dedicò al lavoro di partito in qualità di responsabile della commissione culturale per tutto il 1962; diresse, insieme con Luigi Longo, la rivista Critica marxista, che uscì per la prima volta all’inizio del 1963, fino al 1966, quando divenne responsabile del settore organizzazione, dove rimase tre anni. Vicino a Togliatti al momento della morte (1964), che raccontò in Le ore di Yalta (Roma 1970), ritenne fondamentale l’esempio del segretario come combattente e uomo politico che aveva elaborato l’idea del partito comunista di massa e della vita italiana al socialismo. Condivise pienamente i contenuti della risposta fornita da Togliatti al processo di destalinizzazione e ai fatti di Ungheria e Polonia, assumendo un profilo di politico fedele al centro rappresentato dal segretario, che lo contraddistinse nell’attività politica successiva» – narra Andrea Gandolfo.

«Negli ultimi anni della direzione di Togliatti, come poi avvenne con Longo ed Enrico Berlinguer, la presenza di Natta all’interno della direzione nazionale si caratterizzò per le doti di equilibrio politico, di fedeltà ai segretari in carica e di scarsa propensione alla personalizzazione dei compiti assunti. L’educazione e i problemi della scuola furono centrali nella sua riflessione e nella sua proposta politica; tuttavia, durante la contestazione studentesca del 1968, la sua posizione, come quella di tutta la direzione del Pci, ebbe serie difficoltà nel fronteggiare una protesta molto diversa rispetto a quella del passato. Quando poi, nel 1969, alcuni membri del partito, tra i quali Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Aldo Natoli e Lucio Magri, crearono la rivista Il Manifesto, il compito di responsabile dell’organizzazione, le competenze teoriche di intellettuale, nonché la posizione centrista, fecero di Natta il candidato ideale per condurre l’accusa nei confronti del gruppo del Manifesto e a sostenere la richiesta, poi accolta, della radiazione dal Pci. Uscì ulteriormente rafforzata la sua immagine come politico comunista interamente al servizio del partito. Diresse il settimanale Rinascita dal 1970 al 1972, anno a partire dal quale, e fino al 1979, presiedette il gruppo parlamentare del Pci. Rientrato in segreteria nel luglio 1979, vi rimase fino al 1983, quando divenne presidente della commissione centrale di controllo. Con la nomina a vice responsabile dell’ufficio di segreteria e il successivo ingresso in direzione, entrò nel cuore organizzativo del Pci» – fa sapere Andrea Gandolfo.

«Dopo la morte di Enrico Berlinguer, il 26 giugno 1984 fu eletto segretario generale del partito, carica alla quale fu riconfermato al congresso di Firenze del 1986. Diversamente da quanto era accaduto per i segretari precedenti, informalmente designati, l’elezione di Natta fu una “tragica emergenza”, come egli stesso la definì nel suo discorso al partito, in cui espose i timori derivanti dal ricoprire un ruolo così importante ed espresse i motivi che lo avevano spinto ad accettare l’incarico: il senso del dovere, la fiducia nei compagni, la coerenza con la vita da militante. Pur nella continuità con il predecessore, cercherà di stemperare i toni della polemica con il Pcus moscovita e sarà protagonista di un viaggio nella capitale sovietica, organizzato da Armando Cossutta, che genererà furiose polemiche all’interno del partito. Negli anni della sua direzione Natta si trovò di fronte a rilevanti difficoltà e a uno scontro interno al partito, emerso già durante gli ultimi anni della segreteria di Berlinguer. L’esito negativo sul referendum sulla scala mobile, che era stato fortemente voluto dal Pci (1985) e il cattivo risultato elettorale del 1987 misero in discussione la gestione dell’eredità lasciata da Berlinguer e contribuirono alla crisi del partito» – dice Andrea Gandolfo.

«Il 30 aprile 1988 venne colpito da un infarto, mentre partecipava a un evento politico a Gubbio. Dopo le sue dimissioni, il 21 giugno la carica di segretario passò ad Achille Occhetto, esponente della generazione dei “cinquantenni”, con i quali il Pci concluderà la propria vicenda storica. Riguardo al modo in cui Occhetto venne decretato segretario, Natta espresse alcune critiche contenute in una lettera che egli stesso trasmise ai membri del partito, nella quale denunciava un comportamento non leale nei suoi confronti. Nel dimettersi espresse la volontà di tornare a essere “semplice frate”: nel dialogo con il mondo cattolico aveva appreso la regola francescana per cui il priore, al termine del mandato, diventa nuovamente frate, e l’aveva fatta propria. Mise in primo piano il senso del dovere e la persuasione di agire per l’interesse generale del partito, ma non mancò l’amarezza nei confronti dello scontro interno al Pci. Il 12 novembre 1989, in occasione della storica “svolta della Bolognina”, quando Occhetto propose il cambio del nome, Natta aderì al “Fronte del no” insieme a Cossutta, firmando, con Aldo Tortorella e Pietro Ingrao, la “mozione 2”, che si proponeva di rinnovare la cultura politica del partito senza abbandonare il marxismo. Quando sulle ceneri del Pci nacque il Partito democratico della sinistra, Natta non vi rimase, ma non aderì neanche al Partito della Rifondazione comunista, non ravvisando grosse prospettive nella nuova formazione politica creata da Cossutta, Sergio Garavini, Lucio Libertini e altri» – riferisce Andrea Gandolfo.

«Nel 1991 abbandonò formalmente la politica attiva con una lettera inviata al quotidiano la Repubblica, nella quale, oltre ad esprimere sfiducia verso tutta la classe politica del paese, respinse con forza il progetto di repubblica presidenziale perseguito in quegli anni da Bettino Craxi. Il 2 ottobre 1991 si dimise anche dalla carica di deputato. Nel 1996 espresse la sua soddisfazione per l’ingresso, con il primo governo Prodi, di Pds e Rifondazione comunista nell’area di governo, mentre avrebbe criticato, due anni dopo, la scelta del segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti di togliere la fiducia allo stesso governo.Dopo essersi ritirato a Imperia, Natta si spense nella sua città natale il 23 maggio 2001 all’età di 83 anni. Il 18 gennaio 2009, in occasione del novantunesimo anniversario della sua nascita, la città di Imperia gli ha dedicato alla memoria il molo lungo di Oneglia, dove Natta amava passeggiare dopo essersi ritirato a vita privata. Sempre alla sua memoria è stato inaugurato un altorilievo bronzeo realizzato dallo scultore piemontese Riccardo Cordero» – riporta Andrea Gandolfo.