Incursioni dei corsari barbareschi a Sanremo: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

5 febbraio 2022 | 07:08
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Incursioni dei corsari barbareschi a Sanremo: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Nel corso del Cinquecento devastarono le coste della Città dei Fiori e della Riviera di Ponente

Sanremo. Il tradizionale appuntamento con la storia matuziana a cura dello storico Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato alle incursioni dei corsari barbareschi che, nel corso del Cinquecento, devastarono le coste di Sanremo e della Riviera di Ponente, arrivando a minacciare la città dei fiori, dove furono respinti nella celebre battaglia della Parà del 1543.

Ecco dunque il racconto dello storico Andrea Gandolfo sulle incursioni barbaresche: «Nel corso del XVI secolo Sanremo e l’intera Riviera di Ponente vennero investiti da una lunga serie di incursioni, distruzioni e rapimenti da parte di sanguinarie bande di corsari barbareschi, che spadroneggiarono in tutto il Mediterraneo fino alla battaglia di Lepanto del 1571, continuando poi ancora a saccheggiare e devastare soprattutto le coste tirreniche anche dopo questa data, ma con minore intensità e frequenza. Le origini di queste incursioni risalivano a quando, nel 1453, subito dopo la conquista di Costantinopoli, il sultano ottomano Maometto II aveva decretato una vera e propria guerra santa contro gli infedeli, concretizzatasi in seguito in azioni di guerriglia e terrorismo da parte di flotte di pirati turchi, algerini e tunisini, che intensificarono le loro scorribande per tutto il mar Mediterraneo a partire dai primi anni del Cinquecento. La prima incursione sulle coste della Liguria occidentale di pirati barbareschi, che la popolazione locale chiamava allora saraceni, confondendoli con quelli che devastarono le coste liguri nel IX e X secolo, risale al 1508, quando una flotta partita da Biserta e capeggiata dal pirata turco Kurtogali sbarcò a Diano che saccheggiò selvaggiamente e vi rapì numerosi abitanti, poi venduti come schiavi se non riscattati prima tramite il pagamento di forti somme di denaro. Questa banda di corsari, dopo aver devastato e saccheggiato le coste della Liguria, si trasferì quindi nel mare del Lazio compiendo altri gravissimi atti di pirateria, che determinarono l’intervento dello stesso pontefice Giulio II, il quale chiese al governo di Genova di intervenire immediatamente con la sua flotta per sventare il pericolo rappresentato dai corsari turchi» – dice Andrea Gandolfo.

«La Repubblica di Genova rispose prontamente alla richiesta del Papa e si impegnò da allora strenuamente nella lotta contro i barbareschi, in cui si distinse in modo particolare il giovane capitano addetto alla difesa del porto di Genova Andrea Doria, futuro ammiraglio della flotta genovese. Sotto il suo comando le navi genovesi riuscirono a sconfiggere in più occasioni i pirati turchi, che sembravano sul punto di arrendersi tanto che lo stesso Andrea Doria riuscì a ottenere dal bey di Tunisi la solenne promessa, poi rivelatasi effimera, che i corsari barbareschi non avrebbero più assalito le coste della Liguria. Nel 1518 la maggior parte dei pirati turchi passarono sotto la guida di Kair-ed-Din, soprannominato Barbarossa, che era diventato in quell’anno governatore di Algeri, che sarebbe poi diventato nel 1533 bey di Tunisi e comandante dell’intera flotta musulmana. Una flotta di corsari turchi guidata da Barbarossa venne sbaragliata una prima volta nel 1526 dalle forze navali pontificie comandate da Andrea Doria, che due anni dopo passò al servizio dell’imperatore Carlo V come capitano generale di mare delle armate di Spagna. La scelta di Doria di schierarsi con l’imperatore irritò però moltissimo i francesi, che per rappresaglia iniziarono a infierire sulle popolazioni liguri ritenute da allora di fatto nemiche della Francia per aver avallato, seppur indirettamente, il tradimento dell’ammiraglio genovese. Sanremo in particolare si dimostrò particolarmente entusiasta della nuova alleanza con Carlo V, che fu considerato il vero trionfatore sui pirati turchi. Quando nell’aprile 1533 l’imperatore transitò con la sua flotta nelle acque liguri, i rappresentanti della città non esitarono a recarsi con delle barche nel punto dove si trovava la flotta imperiale e a portare a Carlo V e alla sua corte doni e rinfreschi, come segno di omaggio e gratitudine della comunità sanremese nei suoi confronti» – racconta Andrea Gandolfo.

« Nel corso del 1533 si fecero inoltre sempre più frequenti gli allarmi per possibili attacchi di pirati turchi. Il 28 agosto di quell’anno il Consiglio comunale discusse alla presenza del podestà della notizia, precedentemente diffusasi in città, dell’imminente passaggio nel tratto di mare antistante Sanremo di una flotta francese e di una turca. Dal momento che si riteneva molto probabile che tali navi arrecassero dei danni al paese, i nove consiglieri comunali presenti decisero di impartire disposizioni per riparare la cinta muraria e provvedere all’acquisto di armi e polvere da sparo. Nella stessa occasione venne concessa al podestà piena facoltà di adottare le misure di emergenza che la situazione avrebbe richiesto. Le autorità comunali ordinarono allora di porre delle guardie, cioè sentinelle, sui capi antistanti la rada sanremese: a Levante il capo dell’Armea, oggi detto Capo Verde e a Ponente il Capo Pino. In un primo tempo tali sentinelle sorvegliavano i capi soltanto per il periodo estivo, ma il 1° maggio 1534 il Consiglio comunale stabilì di rafforzare i corpi di guardia, pagando le sentinelle anche per la stagione autunnale e invernale. La sola sorveglianza della costa si rivelò però in seguito insufficiente e si dovette provvedere ad attuare delle opere di difesa più efficaci. Il 15 agosto 1534 il commissario di guerra di Sanremo, dopo aver visitato le mura del borgo, dichiarò al Consiglio comunale che esse presentavano molte aperture e porte non necessarie, che avrebbero potuto essere molto pericolose per la popolazione. I consiglieri decisero allora di far chiudere immediatamente tutti gli spazi rotti o aperti, affidando nello stesso tempo ad alcuni cittadini il compito di controllare la corretta esecuzione di queste operazioni. Quattro giorni dopo, il 19 agosto, il Consiglio comunale venne nuovamente convocato, questa volta alla presenza di dodici nobili, per decidere quali altri provvedimenti adottare per far fronte alla situazione diventata sempre più allarmante. Si convenne che sarebbe stato necessario trovare del denaro a prestito, cioè chiedere in mutuo ai mercanti e alle altre categorie la somma più alta possibile per poter sostenere le spese eccezionali previste per difendere la città dal pericolo delle incursioni barbaresche. Il Consiglio stabilì inoltre che sarebbe stato indispensabile reclutare degli uomini, e in quest’ottica nominò otto capitani, detti di guerra, con il compito di istruire e poi comandare le squadre destinate a intervenire in caso di necessità. Tali misure, concepite e attuate in via precauzionale, rimasero in gran parte inapplicate, tranne quella istitutiva dei Capitani di guerra, che sarebbe rimasta valida anche nei decenni successivi. Nel corso del 1534 Barbarossa effettuò con la sua flotta diverse incursioni sul litorale romano e napoletano, inducendo papa Paolo III a installare una serie di fortificazioni difensive, che contribuirono a frenare la spavalderia dei pirati, i quali da allora decisero di dirigere le loro scorribande verso altre zone, soprattutto le coste liguri, da loro saccheggiate selvaggiamente nel 1536 e 1537. Proseguendo poi la guerra tra Francesco I e Carlo V, il primo decise di allearsi con i turchi, che misero così a disposizione della Francia la loro flotta composta da più di cento navi al comando di Barbarossa. Per tentare di conciliare i due contendenti, Paolo III decise nel 1538 di recarsi a Nizza, dove si erano dati convegno il re di Francia e l’imperatore spagnolo nella speranza di raggiungere una tregua delle operazioni belliche. Durante il viaggio il pontefice passò anche da Sanremo, dove sostò il 18 maggio prendendo alloggio nel palazzo della famiglia Manara in via Palma sottana. Nella città matuziana il Papa venne festeggiato a lungo dal popolo e dal clero, che gli tributarono grandi dimostrazioni di ossequio e devozione. Quando poi ripartì alla volta di Nizza, il pontefice condusse con sé un sacerdote appartenente alla famiglia Manara, che volle creare suo prelato e che avrebbe in seguito perso il cappello cardinalizio pare per la sua scarsa discrezione e modestia» – fa sapere Andrea Gandolfo.

«Giunto a Nizza, Paolo III riuscì a convincere i due sovrani a sottoscrivere una tregua di dieci anni, che però in realtà ne sarebbe durata soltanto quattro. Intanto i pirati barbareschi, guidati dal luogotenente di Barabarossa Taurghout, detto solitamente Dragut, continuavano a imperversare sulle coste liguri saccheggiando e devastando le città e i paesi che incontravano nelle loro scorribande. Nel 1540 Dragut venne però catturato dal nipote di Andrea Doria Giannettino, che però dopo qualche anno lo fece rilasciare dietro il pagamento di una somma di denaro alquanto modesta. La guerra nel frattempo riprese con ancora maggiore intensità di prima. Francesco I, per ottenere una rivincita della sconfitta subita da Carlo V a Pavia, decise di orientare tutti i suoi sforzi per conseguire una clamorosa vittoria sul mare, che avrebbe certamente umiliato la potente flotta spagnola comandata da Andrea Doria e dal nipote Giannettino. Il re francese inviò allora a Costantinopoli in qualità di ambasciatore con pieni poteri il capitano Paulin, personaggio molto astuto e buon conoscitore del turco, che convinse il sultano ottomano Solimano II a inviare nel mare di Provenza la sua temibile flotta, poi partita effettivamente nella primavera del 1543. Nel gennaio 1543 giunse a Sanremo il nuovo podestà Luca Spinola, inviato dal governo genovese. Spinola era un uomo dal carattere molto forte e deciso, fiero della tradizione di coraggio e intraprendenza della sua famiglia. Il padre, Battista, appartenente al ramo di San Luca, si era già distinto nella vita politica genovese assurgendo alla carica di doge nel bienno 1531-32. Anche Luca si volle dedicare alla vita politica e ricoprì la carica di podestà di Sanremo una prima volta nel 1543 e una seconda, quasi cinquantenne, nel 1547. Alla carica di podestà, le autorità genovesi vollero aggiungere anche quella di commissario di Sanremo, grado che poneva Spinola al di sopra di tutti gli altri podestà della Liguria occidentale. Dopo una brillante carriera politica, Spinola sarebbe stato infine eletto doge per il biennio 1551-52, forse anche come riconoscimento del suo operato come podestà sanremese. A Sanremo e nel resto del Ponente ligure nessuno degli amministratori locali era ancora al corrente che il sultano ottomano aveva accettato l’incarico offertogli da re francese Francesco I di intervenire con le sue ingenti forze navali nella guerra che da decenni contrapponeva la Francia alla Spagna. Solimano II aveva allora ordinato al suo ammiraglio Barbarossa di trasferire l’intera flotta turca nei porti francesi di Tolone e Marsiglia per predisporre con la flotta francese una vasta azione navale che strappasse alla Spagna il predominio nel Mediterraneo occidentale» – afferma Andrea Gandolfo.

«Man mano che la flotta turca guidata da Barbarossa si avvicinava alle coste liguri, aumentava sempre di più la paura e lo sgomento delle popolazioni locale per il grave pericolo rappresentato dalle navi ottomane. Il podestà Spinola si tenne comunque sempre costantemente informato sull’avvicinamento delle navi turche e sui preparativi compiuti nello stesso tempo dai francesi, la cui frenetica attività in vista di un nuovo attacco alla flotta spagnola preoccupava non poco il governo genovese. Il 12 luglio 1543 Spinola venne informato da un frate arrivato a Sanremo dalla Provenza che le navi francesi si sarebbero unite alla flotta turca in arrivo per procedere alla conquista di Nizza. Pochi tuttavia pensavano seriamente in quel momento che i franco-turchi avrebbe tentato di espugnare Nizza, ritenendo più probabile un loro attacco ai porti spagnoli. Spinola si affrettò quindi prontamente ad informare il governo genovese dell’importante novità, mentre nel frattempo Barbarossa giungeva in Provenza al comando di una gigantesca flotta composta da oltre 110 galee, più alcune decine di altre navi di appoggio, quali brigantini, fuste e galeotte, che trasportavano circa 14.000 uomini pronti allo sbarco. La Repubblica di Genova, alquanto intimorita per l’entità della flotta nemica, emanò allora una serie di ordini urgenti a tutte le autorità della Liguria, intimando loro di sorvegliare attentamente le mosse dei Turchi, di cui dovevano essere segnalati tempestivamente tutti gli spostamenti per poter prevenirne eventuali attacchi alle città e ai paesi costieri. Per tutto il mese di luglio Spinola, preoccupato per il possibile precipitare della situazione, inviò numerose lettere al governo genovese tenendolo costantemente informato sui principali avvenimenti che si svolgevano nella zona. Nello stesso tempo il podestà sanremese mandava quasi giornalmente degli uomini fidati a Marsiglia e Tolone per raccogliere il maggior numero possibile di notizie interessanti. Il 13 luglio Spinola venne a sapere da un medico che aveva avvicinato Barbarossa che i franco-turchi avevano intenzione di attaccare la sabauda Nizza, desiderata sia da Francesco I per motivi di natura dinastica che dallo stesso Barbarossa, il quale sperava di farvi un ricco bottino con la possibilità di catturarvi molti nobili riscattabili a prezzi molto alti. Il podestà informò prontamente le autorità genovesi di questa importante novità, a cui ne fece seguire pochi giorni dopo un’altra con la quale faceva presente che il re di Francia aveva emanato un bando con cui aveva ordinato alla sua flotta di rispettare le terre, le persone e i beni della Repubblica di Genova. Spinola allegò a questa comunicazione una lettera, inviatagli dal vice ammiraglio della flotta francese, il conte dell’Anguillara, che ringraziava il podestà per aver aiutato una fregata francese trovatasi in difficoltà nel mar Ligure. Anche il capitano Paulin, che svolgeva le funzioni di comandante di squadra navale, volle rassicurare i Genovesi che la flotta franco-turca non avrebbe attaccato le coste liguri limitandosi ad assaltare soltanto la città di Nizza» – dichiara Andrea Gandolfo.

«In realtà a preoccupare maggiormente il governo genovese e la stessa popolazione ligure erano i turchi, che non si consideravano nemmeno degli alleati dei francesi, di cui avrebbero voluto volentieri fare a meno. Tenuto presente questo fatto risulta evidente come i turchi considerassero i paesi neutrali come la Repubblica di Genova dei veri e propri nemici. Spinola inviò a raccogliere notizie sull’atteggiamento che avrebbero assunto i barbareschi un suo uomo di fiducia, che però non poté sapere più di tanto dai turchi, che, anzi, dopo averlo scoperto nei pressi di Antibes, lo avevano inseguito per quattro miglia sulle montagne. Apparve allora chiaro al podestà sanremese che i turchi avevano la netta intenzione di dirigersi verso la Liguria per compiervi devastanti saccheggi e razzie. La stessa popolazione di Sanremo era consapevole che, se poteva essere risparmiata dai francesi, non lo sarebbe certo stata dai turchi, le cui navi apparivano spesso minacciose all’orizzonte. Per poter contrastare efficacemente eventuali attacchi barbareschi Spinola fece accrescere il numero delle sentinelle, organizzò delle squadre armate e predispose tutte le misure necessarie a garantire una valida difesa. Molti tuttavia speravano che i turchi rispettassero le direttive francesi che vietavano attacchi ai paesi neutrali, qual era appunto la Repubblica di Genova. In particolare la città di Sanremo poteva ben credere nelle promesse dei francesi, soprattutto in considerazione delle attestazioni di stima e amicizia manifestate dal conte dell’Anguillara e dal capitano Paulin al podestà Spinola, oltre al fatto che un cittadino sanremese, Antonio Gaudo, era il patrone di un’intera nave appartenente alla flotta francese. Proprio Gaudo scrisse da Marsiglia nel luglio 1543 ai suoi parenti e amici di Sanremo per rassicurarli che il re di Francia aveva ordinato ai comandanti della sua flotta di rispettare la neutralità della Repubblica di Genova. Il 31 luglio il podestà Spinola si affrettò a comunicare questa importante notizia alle autorità genovesi, aggiungendo che presto l’armata turca e quella francese si sarebbero allontanate verso destinazioni ignote ponendo di fatto termine alla situazione di emergenza che si era venuta creando. Successivamente però le notizie che provenivano dalla Riviera di Ponente cambiarono tono e registro, tanto che il governo genovese venne a sapere che probabilmente Barbarossa, dopo aver attaccato Nizza, non sarebbe rientrato subito a Costantinopoli, ma avrebbe passato l’inverno nel mar Ligure. Il 4 agosto Spinola scrisse nuovamente al governo della Repubblica per informarlo che un cittadino sanremese di ritorno dalla Provenza gli aveva riferito di aver visto la flotta turca nel pieno della sua potenza con moltissime galee cariche di uomini pronti allo sbarco e di una grande quantità di materiale da assalto costituito da scale, calce e legnami. Queste notizie suscitarono un’enorme impressione tra gli abitanti di Sanremo, che erano notevolmente preoccupati per le future mosse dei Turchi, che potevano comparire all’orizzonte da un momento all’altro. All’alba del 5 agosto si scorse in lontananza la flotta franco-turca, che era giunta davanti a Nizza e Villafranca, spaventando non poco i Sanremesi e lo stesso Spinola, che ne informò immediatamente il governo di Genova; fortunatamente però l’armata nemica rispettò le direttive francesi e rimase ancora nelle acque antistanti Nizza» – dice.

«Nella notte tra il 6 e il 7 agosto nove galee turche, che si erano staccate dalla flotta impegnata nell’assedio di Nizza, si presentarono di fronte alla spiaggia di Sanremo e cominciarono a sbarcare uomini armati. Poche ore dopo, quando ormai era giorno, altri sei vascelli si aggiunsero a quelli approdati durante la notte, sbarcando altri uomini. Si svolse allora tra i Turchi, che erano circa un migliaio, e le sentinelle sanremesi un serrato combattimento che durò per ben otto ore e che causò diversi morti da ambo le parti. I pirati barbareschi, dopo essere stati respinti dalla costa, ritornarono sulle loro navi dirigendosi verso Levante, mentre alcuni di loro tentavano di prendere la città alle spalle salendo verso i monti. Mentre i sanremesi guidati dal podestà Spinola attendevano i nemici nella zona di Poggio Radino, il grosso delle forze turche venne sconfitto da un contingente di armati sanremese in località Parà nei pressi di Verezzo. I turchi in fuga non rinunciarono però a catturare molte donne e bambini di Verezzo, Poggio e delle altre frazioni di Sanremo che erano stati sorpresi all’aperto e che purtroppo non fecero più ritorno. I turchi lasciando il territorio sanremese inferociti per il mancato successo dell’attacco, proferirono pesanti minacce alle sentinelle costiere avvertendole che presto sarebbero tornati per vendicarsi. Il giorno dopo la fallita incursione su Sanremo la flotta franco-turca avrebbe poi attaccato in forze la stessa Nizza, che, dopo alcuni giorni di eroica resistenza, venne conquistata dagli assedianti, che non riuscirono però ancora ad espugnare il castello, ultimo baluardo della resistenza cittadina. La battaglia della Parà, avvenuta il giorno di San Donato, era destinata a diventare una data simbolica e particolarmente significativa in quanto rappresentava una grande vittoria dei Sanremesi sui temutissimi pirati barbareschi, che erano stati clamorosamente sconfitti proprio nel momento della loro massima potenza. Il 7 agosto 1607 il Consiglio Comunale di Sanremo proclamò il giorno in cui si era svolta la battaglia della Parà solenne festività cittadina, mentre nello stesso periodo venne deciso di celebrare l’importante avvenimento con la costruzione a Verezzo di una chiesa dedicata a San Donato nei pressi del luogo della battaglia, poi terminata nel 1630. Venne anche stabilito che una delegazione di Sanremesi si sarebbe recata in processione ogni anno alla chiesa di Nostra Signora degli Angeli per celebrare l’importante ricorrenza, che sarebbe stata anche commemorata tramite l’erezione di una croce sul luogo della battaglia in località Parà, a futura memoria dell’epica vittoria dei Sanremesi sui corsari barbareschi» – conclude Andrea Gandolfo.