Imperia, la percezione di un lockdown non dichiarato tra i ragazzi

12 febbraio 2022 | 13:50
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Imperia, la percezione di un lockdown non dichiarato tra i ragazzi

Si sono piegati alle circostanze della pandemia e dopo due anni stanno ancora aspettando di vivere la loro gioventù

Imperia. Con il susseguirsi di notizie inerenti ai nuovi casi di positività al Covid-19 e con i continui aggiornamenti riguardo le nuove varianti del virus, aumenta sempre di più la tensione soprattutto nei giovani che sembrano accusare maggiormente le limitazioni che vengono imposte anche nelle più semplici azioni quotidiane.

All’inizio della pandemia quando i ragazzi uscivano la sera e si assembravano, venivano trattati da veri e propri irresponsabili e veniva loro attribuito l’onere di essere il mezzo attraverso il quale si spargeva il virus, facendoli sentire in colpa e costringendoli a condurre quelli che sarebbero dovuti essere i migliori anni della loro vita chiusi in camera, privati della possibilità di andare a scuola in presenza e della spensieratezza innata di cui ogni ragazzo dovrebbe godere.

Ad oggi non ci troviamo ad affrontare un vero e proprio lockdown; eppure, i ragazzi si comportano come se la situazione non fosse cambiata, si sono piegati alle circostanze e due anni dopo l’inizio della pandemia stanno ancora aspettando pazientemente di vivere a pieno la loro gioventù.

Ma come vivono realmente questa situazione i ragazzi? In provincia, molti esprimono le difficoltà legate a questo contesto anche dal punto di vista delle relazioni sociali: si evita, infatti, di fare nuove conoscenze proprio per fare a meno del contatto con le altre persone e per limitare il diffondersi del Covid-19.

Parole come divertimento o discoteca sembrano aver perso significato, in un momento in cui l’attività più esilarante che si possa svolgere è quella di fare una passeggiata.

Inoltre, T.M. 21 anni, afferma che possono essere presi in considerazioni altri aspetti: «Soffrendo di un disturbo d’ansia, trovo sia diventato molto più difficile rapportarmi con le persone e soprattutto cercare di controllare i miei attacchi di panico. Sento di aver perso due anni della mia vita che nessuno potrà restituirmi, dove non ho potuto usufruire del tempo insieme ai miei amici e, per alcuni versi, anche con la famiglia».

Dopo questo intervento, Rebecca Biglieri, 20 anni, aggiunge: «Il Covid-19 ha impedito di trasferirmi in un’altra città per proseguire i miei studi, inoltre mi sento sempre più responsabile e in ansia perché ho paura di prendere il virus e che questo metta a rischio la salute dei miei cari».