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Floricoltura a Sanremo, viaggio nell’economia del Ponente ligure con lo storico Andrea Gandolfo

20 febbraio 2022 | 08:00
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Floricoltura a Sanremo, viaggio nell’economia del Ponente ligure con lo storico Andrea Gandolfo

Nella seconda metà dell’Ottocento, Sanremo si trasformò nella “Città dei Fiori”: nome che ancora oggi la rende famosa nel mondo

Sanremo. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’economia del Ponente ligure e in particolare quella Sanremo venne rilanciata dall’avvio di una nuova attività che, ancora oggi, porta il nome dell’estremo lembo di Liguria in tutto il mondo: la floricoltura. A raccontarci cosa accadde in quel periodo è lo storico matuziano Andrea Gandolfo, che torna oggi con un nuovo appuntamento della sua rubrica su Riviera24.it dedicata agli approfondimenti di storia locale.

L’apertura della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, oltre a rivoluzionare il sistema dei trasporti nell’estremo Ponente ligure, ebbe tra le altre sue conseguenze quella di incentivare l’avvio di un’intensa produzione floricola a scopo commerciale nel comprensorio sanremese, il cui inizio si può collocare orientativamente intorno al 1872. A questa data, peraltro, la floricoltura era già stata attivata nel Genovesato e nel Nizzardo, dove il nuovo collegamento ferroviario aveva permesso agli agricoltori di quelle zone di passare dalle coltivazioni tradizionali alla coltivazione floricola.

Tuttavia, già prima della nascita delle prime attività floricole a fini commerciali, a Sanremo si coltivavano fiori destinati alla profumeria e alla confettura dolciaria, tra cui la violetta e la lavanda. Nello stesso tempo venivano prodotte notevoli quantità di acqua distillata di fiori d’arancio ed esisteva anche una fabbrica per l’estrazione delle essenze gestita dal profumiere Giovanni Battista Aicardi, che impiegava due operai e aveva un prodotto annuo lordo pari a circa diecimila lire.

Nei primi anni Settanta dell’Ottocento risultavano inoltre già attivi a Sanremo tre stabilimenti in cui si coltivavano fiori e piante. Il primo di questi era stato fondato dai signori Giuseppe e Pin Gullino, due abili giardinieri che avevano lavorato in precedenza nei giardini di Montecarlo acquisendovi una notevole esperienza nel campo floricolo e botanico. Intorno al 1870-71 i Gullino impiantarono le prime coltivazioni di fiori nel quartiere di San Martino e in seguito, non praticandosi ancora l’esportazione, aprirono la prima bottega di fiorista nel portico del palazzo dei marchesi Borea d’Olmo. Ben presto i due floricoltori estesero la loro attività anche nei paesi vicini, mentre il loro piccolo esercizio di rivendita di fiori divenne una importante ditta di esportazione.

Il secondo stabilimento era gestito invece da Giuseppe Grossi, un ormeasco che si era stabilito a Sanremo assumendo anche la proprietà del prestigioso Hotel Victoria. Grossi impiantò la sua coltivazione nel giardino del suo albergo, che era fornito anche di magnifici viali d’aranceti e palmizi; in un terreno poco distante dall’albergo il floricoltore di Ormea aveva inoltre installato un’estesa coltivazione di rose, situata nella cosiddetta “Villa Angiolina“, poi passata alla gestione degli Stern, una notissima famiglia di floricoltori svizzeri che la ampliarono ulteriormente facendone una ditta di importanza internazionale. Il terzo stabilimento era infine quello dei fratelli Asquasciati, che intorno al 1881 piantarono ben cinquemila rose in un loro terreno nella regione del Solaro.

Notevole era anche il volume del traffico di piante vive, fiori e palme che partivano e giungevano nella stazione ferroviaria di Sanremo, dove nel 1880 si esportarono 107 quintali di merce contro 79 quintali di merce importata. A Sanremo in particolare arrivavano quotidianamente enormi quantitativi di piante esotiche e non destinate all’allestimento dei numerosi giardini della città. Intanto proseguivano le fondazioni di aziende floricole nel circondario sanremese da parte di molti imprenditori, tra i quali il signor Brambilla, ex giardiniere dell’albergo di Grossi, il medico Costanzo Aicardi, nella sua tenuta lungo la salita verso Poggio, i fratelli Pesante nei pressi del rondò Garibaldi e a Pietralunga tra la Foce e Villa Helios, i fratelli Elena ai Tre Ponti e il cavalier Gio Bernardo Calvino, padre del futuro agronomo Mario.

Altri due importanti pionieri della floricoltura sanremese furono Michele Natta di Ospedaletti e il dottor Giovanni Littardi di Coldirodi. Il primo, originario di Bussana, impiantò in località Pian di Poma una vasta azienda coltivata a fiori e a palmizi, che occupava una superficie di ben 100.000 metri quadrati; Natta possedeva anche un’altra azienda floricola a Ospedaletti, che si estendeva per un’area di 60.000 metri quadrati. In entrambi questi stabilimenti il floricoltore di Ospedaletti produceva centinaia di migliaia di ceppi di rose, che venivano poi esportati in tutto il mondo. Il dottor Littardi, invece, dopo aver sradicato tutti i limoni che si trovavano in una sua proprietà alle Porrine, una località sopra Ospedaletti, suscitando le proteste dei suoi genitori ancora attaccati alla coltivazione degli agrumi, decise di impiantarvi delle colture floreali, che rappresentavano ormai un’attività ben più redditizia di quella legata alla produzione e al commercio degli agrumi.

Frattanto la contemporanea arretratezza tecnica e culturale dei piccoli proprietari coltivatori indusse il governo a istituire a Sanremo e in tutti gli altri capoluoghi di circondario dei Comizi Agrari, che, sorti nel 1866, avevano tra i loro compiti quelli di far conoscere ed adottare le migliori colture, le pratiche agrarie più convenienti, i concimi più vantaggiosi e gli strumenti rurali maggiormente perfezionati, che potevano essere utilizzati proficuamente dalla classe agricola. Fu proprio il Comizio Agrario di Sanremo ad organizzare la prima esposizione agricola, industriale ed artistica, che si tenne nella città matuziana dal 13 al 30 marzo 1873 nei locali dell’Istituto Corradi. Nel corso della mostra, a cui erano stati invitati i produttori di tutte le attività agricole, furono anche premiati i maggiori imprenditori del settore floricolo sanremese, tra i quali Giuseppe e Pin Gullino e Battista Sampietro, che ricevettero una medaglia d’argento, e Giacomo Viacava, che ebbe una menzione onorevole per il buon andamento della sua azienda floricola. L’anno successivo il floricoltore Luigi Bessi e il suo socio Julien, un ex commerciante di tessuti di Parigi, iniziarono a spedire i loro fiori all’estero fondando anche la omonima Casa floricola, che divenne in breve tempo una delle più importanti ditte floricole della provincia.

Prima dello sviluppo delle attività floricole il circondario sanremese traeva le sue risorse quasi esclusivamente dai proventi dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca. Nella prima metà del XIX secolo le terre coltivate costituivano meno della metà della superficie circondariale complessiva, oltre un quarto del territorio risultava invece occupato dai boschi, mentre più del 10% era costituito da terreni improduttivi e il restante erano prati e pascoli. Le colture più praticate nel comprensorio sanremese rimanevano quelle della vite e dell’ulivo, accanto alle quali sussisteva una produzione agricola diversificata nelle varie fasce territoriali. Nella fascia costiera prevalevano le coltivazioni delle palme, sia di tipo cattolico che ebraico, degli agrumi, dei fichi, delle mandorle, degli ortaggi e dei legumi, mentre risultava molto limitata la produzione di grano, orzo, segale e meliga; nella zona collinare erano invece situati prevalentemente vigneti e uliveti e infine nella zona montuosa si raccoglievano castagne e patate. Si trattava comunque di un’agricoltura particolarmente povera, che non bastava nemmeno a soddisfare il fabbisogno interno; soltanto l’olio era prodotto in quantità notevoli tanto che veniva esportato insieme agli agrumi e alle palme.

Anche il patrimonio zootecnico sanremese era molto modesto, come è testimoniato dal fatto che nella prima metà dell’Ottocento i bovini erano soltanto un migliaio, gli equini poco meno di quattromila, i suini cinquecento e gli ovini e caprini diciassettemila. La pesca era invece praticata in numerose cittadine del litorale, ma era poco lucrativa e veniva esercitata quasi unicamente per abitudine professionale. Estrememente ridotto era poi il comparto industriale, che in tutto il circondario di Sanremo non occupava più di duemila persone, di cui cinquecento impiegati nell’industria molitoria, mille nell’industria olearia e cinquecento nell’industria edilizia e manifatturiera, compresa la tessile a domicilio. La proprietà fondiaria sanremese si caratterizzava invece per il suo estremo frazionamento, tanto è vero che su una media di cento abitanti vi erano ben 53 proprietari, di cui quaranta di fondi rustici.

Nel periodo successivo al 1870, in coincidenza con l’affermazione delle attività turistiche lungo la fascia costiera del circondario, si verificò una notevole contrazione della superficie coltivata, che passò dal 50% al 30% del totale, a cui fece riscontro anche una drastica diminuzione della produzione di cereali, vino e olio. La causa principale di questa contrazione era costituita dal progressivo affermarsi delle attività terziarie nei centri costieri, che attiravano sempre di più gli addetti del settore agricolo. A determinare questo esodo rurale concorsero anche altri fattori quali l’eccessiva pressione fiscale, la sempre maggiore concorrenza da parte delle altre regioni italiane, la crisi agraria sopraggiunta dopo il 1870 e la diffusione di alcune malattie delle piante tra cui la filossera e la crittogama della vite, la mosca olearia e l’inchiostro del castagno.