“Capped dice” di Lamberto Garzia contiene una ricostruzione della toponomastica del Ponente ligure negli anni ’60

22 febbraio 2022 | 11:09
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“Capped dice” di Lamberto Garzia contiene una ricostruzione della toponomastica del Ponente ligure negli anni ’60

L’autore ha cercato di svelare molti misteri che negli anni ’60 hanno interessato la provincia di Imperia e non solo

Sanremo. Quasi in contemporanea alla messa in onda sulle televisioni di Cina, Nuova Zelanda e Australia, di una sua poesia dal titolo “La danza e la pennellata” (tradotta in mandarino e inglese), che ha preso vita grazie ad un’interpretazione di una ballerina orientale, amalgamando tecniche di danza classica occidentale a quelle tradizionali cinesi, è uscito, dopo otto anni di lavoro (tra ricerca e stesure su stesure) il romanzo diario di pagine 525, “Capped dice”, nel quale, tra le altre cose, vi è una ricostruzione della toponomastica del Ponente ligure negli anni ’60, e in particolare modo quella di Arma di Taggia.

Il titolo del libro «Capped dice», prende spunto da un termine desunto dal gioco dei dadi o Craps, che vuole intendere un dado (truccato) sottoposto a limatura di uno dei lati e consequenziale certosino riempimento/incappucciamento (capping) dello spazio lavorato con un materiale diverso, che alla vista appare identico all’originale, ma anche e più semplicemente l’Incappucciato (l’autore) dice, racconta, attraverso le pagine di un diario allucinato e a tratti esilarante, di una pericolosa indagine tesa a svelare un mistero, nella quale il personaggio principale, almeno nelle prime pagine, è quello del grande scrittore Tommaso Landolfi («Giusto appunto, mi hai detto dell’esistenza del gran segreto, che se permetti lo intenderei col termine inganno. E quindi, più precisamente, mi hai rivelato di possibili, sebbene in dato modo catalogabili, malefatte di tale signor Landolfi. Ma questo oscuro non me lo puoi per il momento squadernare, anche perché questo oscuro non è ancora per te del tutto chiaro… e una volta portato alla luce ciò che è intimo nella sua mantella lisa, sarà una calamità, anche se poi una calamità per chi, Lamberto…»). Ma accanto all’illustre narratore, nel Diario compariranno, sotto forma di racconto diretto o citazione, personaggi reali noti (Valentino Zeichen, Giuseppe Conte, Nico e Matteo Garrone, Oriana Fallaci, Rocco Carbone, Franco Cordelli, Alberto Sironi, Antonio Franchini, Alessandro Ceni, Giovanni Maccari, Aldo Gabrielli, Jonny Deep, Orson Welles, Sylvester Stallone, Sugar Ray Leonard, Roberto Duran, Eddy Merckx, Philip Warren Anderson e molti altri, che per “opportuna delicatezza” verranno nominati soltanto con la lettera X, sia perché alcune indagini non sono concluse e sia perché alcune sono donne che nei loro specifici campi sono assai popolari) e meno noti, ma non per questo meno importanti all’interno della puntigliosa struttura del romanzo, come non lo sono alcuni fatti di cronaca nera che hanno interessato le località ponentine, avendo eco nazionale, come in esempio “L’omicidio del bitter”, o dello scienziato americano Richard Jarecki, che tra il 1968 e il 1969 fa saltare il banco del Casinò di Sanremo per cinque volte, portando la direzione di quel tempo a considerarlo come “persona indesiderata”. Ma cosa si nascondeva dietro tutto questo, e cosa dello scrittore Tommaso Landolfi, assiduo frequentatore della Sala da Gioco matuziana?

Le pagine del libro cercano di fare chiarezza, o almeno l’autore ha cercato di svelare molti misteri, che negli anni ’60 hanno interessato non solo la provincia di Imperia, ma l’Italia intera, sconfinando nella vicina Montecarlo del 1870, fino a giungere Parigi, dove emerge la figura del più grande giocare di tutti i tempi di roulette: lo spagnolo Thomas Garcia, reso immortale dal suo metodo di gioco che porta ancora il suo nome: Metodo Garcia (in rete è il metodo più citato tra i siti del gioco d’azzardo e scientifici). E cosa hanno in comune Thomas Garcia e il garibaldino d’origine siciliana morto suicida ad Arma di Taggia nel 1868?