Sanremo durante l’età napoleonica, il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Periodo storico caratterizzato da numerosi eventi politici e amministrativi, tra cui l’avvio del sistema catastale e l’inizio della costruzione della strada litoranea della Cornice
Sanremo. Il tradizionale appuntamento con la storia matuziana a cura dello storico Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato alle vicende di Sanremo durante l’età napoleonica, caratterizzata da numerosi eventi politici e amministrativi, tra cui l’avvio del sistema catastale e l’inizio della costruzione della strada litoranea della Cornice.
Ecco dunque il racconto dello storico Andrea Gandolfo sull’età napoleonica a Sanremo: «Sistemata provvisoriamente la ripartizione amministrativa della Liguria, Napoleone, che aveva assunto intanto il titolo di primo console di Francia in seguito al colpo di Stato del 9 novembre 1799, avviò i preparativi militari in vista di una seconda campagna d’Italia, che sarebbe poi culminata, il 18 giugno 1800, nella vittoriosa battaglia di Marengo contro l’esercito austriaco. Nel corso delle operazioni di trasferimento delle truppe francesi dal loro territorio a quello italiano, il contingente inglese di stanza in Liguria effettuò numerose azioni di disturbo nei confronti dei soldati transalpini, oggetto di sporadici attacchi provenienti soprattutto dal mare. Uno di questi attacchi fu sferrato proprio alla compagnia francese di presidio a Sanremo l’8 maggio 1800, quando, verso mezzogiorno, alcune navi britanniche, tra cui una fregata e un brick, comparse improvvisamente sulla rada del porto, iniziarono a sparare cannonate contro i soldati francesi, che furono costretti ad evacuare in fretta e furia la città e a ritirarsi verso la Foce e Coldirodi; alle quattro del pomeriggio sbarcò quindi a terra un ufficiale inglese per accertarsi che i francesi avessero effettivamente abbandonato la città, dove un’ora dopo entrarono altri soldati inglesi a cavallo che, per ritorsione verso i francesi, abbatterono tutti gli alberi della libertà innalzati dai cittadini al tempo della nascita della Repubblica Ligure. Il giorno successivo comunque, senza che succedessero altri incidenti, gli inglesi ritornarono sulle loro navi e ripresero il largo, mentre i soldati francesi rioccupavano la città, ormai fuori pericolo. Nell’ambito poi della generale riorganizzazione amministrativa del territorio dell’estrema Liguria occidentale attuata nel 1802 in seguito alla cessione del principato di Oneglia alla Repubblica Ligure, Sanremo e altre città e paesi limitrofi, già appartenenti alla smembrata diocesi di Ventimiglia, vennero inglobati nel nuovo dipartimento denominato Giurisdizione degli Ulivi, con capoluogo Oneglia».
«Nel 1805 infine il governo imperiale francese presieduto da Napoleone decretò l’annessione della Liguria all’Impero francese; nella nuova ripartizione amministrativa del territorio ligure che ne seguì, Sanremo venne promossa a sede di Sottoprefettura. Nel luglio di quell’anno, inoltre, trovandosi Napoleone a Genova, la Municipalità sanremese incaricò Tommaso Gio Batta Borea d’Olmo, l’avvocato Costanzo Grossi e gli agenti municipali Gio Batta Sapia Rossi e Luigi Stella, di recarsi nel capoluogo ligure per rendere omaggio all’imperatore. Giunta a Genova, la delegazione sanremese, a cui si aggregò anche il dottor Giacomo Rossi di Coldirodi, fu quindi ricevuta con molta cordialità da Napoleone, il quale non nascose la sua personale simpatia verso i Sanremesi, che egli considerava della «brava gente»; l’imperatore si intrattenne poi a conversare sull’origine e i componenti del suo casato con Tommaso Borea d’Olmo, che venne anche nominato presidente del Consiglio del Circondario di Sanremo. Il 22 settembre, quindi, con l’entrata in funzione dell’amministrazione francese, il signor Chassepot, già sottoprefetto di Monaco, venne nominato sottoprefetto della città matuziana, mentre il signor Laforet, proveniente anch’egli da Monaco, assunse la carica di presidente del Tribunale del Circondario sanremese, composto inoltre dai due magistrati francesi Imbert e Greffier in qualità di procuratori imperiali; Tommaso Gio Batta Borea d’Olmo fu nominato Maire, cioè sindaco, e affiancato dai due aggiunti Carlo Laura e Luigi Arnaud (poi sostituito nel 1813 da Luigi Stella) e da trenta consiglieri comunali, il magistrato Grattarola divenne Giudice di Pace, Paolo Borea Giuniore Capitano del porto e il signor Aicardi commissario del locale presidio di polizia. Qualche anno dopo inoltre, essendo stato nominato Chassepot prefetto dell’Arriega, il maire Borea d’Olmo, che già ne svolgeva le funzioni ad interim fin dal maggio dell’anno precedente, assunse anche la carica di sottoprefetto della città. Nel 1813, infine, lo stesso Napoleone volle premiare l’attività svolta da Borea d’Olmo al servizio del governo imperiale, conferendogli, come speciale attestato della sua benevolenza, l’ambito titolo di Barone dell’Impero con facoltà di istituire una primogenitura nobiliare» – racconta lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«Il periodo della dominazione francese fu caratterizzato da una generale ripresa delle attività agricole e commerciali del comprensorio sanremese, allora basate soprattutto sulla coltivazione dell’ulivo e dei suoi derivati; in particolare, la caduta delle barriere doganali con la Francia e i paesi vicini arrecò un enorme beneficio al traffico oleario di tutto il Ponente ligure, che visse allora il suo periodo aureo. Al termine dell’età napoleonica il bilancio relativo alla produzione olearia era così positivo da registrare nel 1815 un aumento netto di un terzo del totale, che sarebbe certamente anche proseguito se non fosse sopravvenuta improvvisamente la caduta del dittatore e la conseguente inaugurazione di un sistema economico più strettamente autarchico nei primi anni dell’età della Restaurazione. All’inizio della dominazione francese era inoltre particolarmente sviluppato il settore della marina mercantile, che poteva contare nel 1797 su 80 grandi bastimenti, venti dei quali appartenenti ai padroni di Sanremo, che svolgevano un’intensa attività commerciale con le città e i paesi del Levante, dell’Adriatico e di tutto il Mediterraneo. Durante le guerre napoleoniche, tuttavia, gran parte del naviglio sanremese venne requisito per partecipare alla campagna d’Egitto del 1798-99, dalla quale sarebbero tornate soltanto tre imbarcazioni. La successiva crisi che investì la marineria sanremese appare confermata dal censimento navale del 1804, che, condotto in tutti gli scali della Liguria, registrò per Sanremo soltanto 39 navigli di stazza medio-piccola, di cui 3 tartane, 3 pinchi, 2 liuti, 5 feluche e 26 battelli; la cifra totale risulta inoltre particolarmente modesta se paragonata con i dati relativi alle altre città del Ponente ligure, che potevano contare su flotte mercantili ben più consistenti, come quelle ancorate nei porti di Savona, Oneglia e Finale, costituite rispettivamente da ben 268, 145 e 133 imbarcazioni destinate al gran cabotaggio. Nonostante questa situazione, a cui si aggiunse anche il persistente stato di conflitto dello scacchiere europeo, la marineria sanremese, ancora nel 1809, contava, su una popolazione complessiva di 10.000 abitanti circa, ben 720 addetti, che rappresentavano, sebbene in gran parte impiegati per scopi militari, un numero nettamente superiore a quello degli altri centri dell’estremo Ponente ligure, tra cui Oneglia e Porto Maurizio» – da sapere lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«Come nel resto dei paesi soggetti al suo dominio, anche a Sanremo l’amministrazione francese requisì i beni ecclesiastici appartenenti ad ordini religiosi, che vennero incamerati dallo Stato. Nella città matuziana peraltro le requisizioni colpirono soltanto i conventi dei Cappuccini e degli Zoccolanti, risparmiando quelli delle suore Turchine e Salesiane, probabilmente perché quest’ultimi erano allora impegnati a svolgere attività scolastiche la cui interruzione avrebbe danneggiato l’intera cittadinanza; in seguito a tali requisizioni, che non portarono tuttavia ad una immediata riutilizzazione dei nuovi locali così messi a disposizione, l’edificio degli Zoccolanti venne quindi trasformato nella nuova sede dell’Ospedale Civile con decreto imperiale dell’8 agosto 1811, mentre quello dei Cappuccini andò incontro ad un rovinoso degrado, che fu poi interrotto con i restauri promossi dalla cittadinanza in occasione del ritorno dei frati nel loro vecchio convento nel 1816. Nel corso dell’età napoleonica tuttavia l’amministrazione del prefetto di Nizza Dubouchage si limitò ad incidere sulla vita dei sanremesi soltanto sul piano delle imposte e degli oneri fiscali, anche se è doveroso sottolineare come tutto il periodo napoleonico abbia costituito per l’estrema Riviera di Ponente una parentesi particolarmente felice, caratterizzata da una serie di importanti innovazioni nel campo politico, sociale ed economico. La prima di queste riguardò in particolare la nuova ripartizione territoriale, che, avviata nel 1805 con l’inserimento del Circondario di Sanremo nel Dipartimento delle Alpi Marittime, ebbe senz’altro il merito di unire questa parte dell’estremo Ponente ligure ad un’area omogenea per caratteristiche economiche, sociali e culturali, di cui Nizza costituiva il centro più importante. Questa organizzazione territoriale, senza alcun dubbio più organica e funzionale della precedente, presentava inoltre il vantaggio di eliminare, almeno temporaneamente, il cronico problema dell’isolamento dell’estremo Ponente dal resto della Liguria, determinato dalla sua oggettiva posizione periferica rispetto a Genova. Un altro aspetto significativo dell’azione riformatrice condotta dall’amministrazione francese è costituito dall’attività di inchiesta sul territorio volta a stabilire un quadro complessivo di dati di riferimento certi ed attendibili che potessero fornire utili elementi di comprensione della realtà socio-politico-economica del comprensorio da parte degli amministratori locali. Il primo serio tentativo di analizzare scientificamente i problemi del territorio fu compiuto da François Emmanuel Foderé con la compilazione di una Statistique des Alpes Maritimes, realizzata nel 1803 ma data alle stampe soltanto nel 1821 con il titolo di Voyage aux Alpes Maritimes ou Histoire Naturelle, agrarie, civile et médicale du Comté de Nice et pays limitrophes enrichì de notes de comparaison aves d’autres contrées. L’opera, pur non avendo come oggetto precipuo di analisi soltanto il territorio sanremese, costituisce la prima dettagliata e analitica relazione sui problemi economici e sociali del comprensorio sanremese dopo secoli di totale assenza di pubblicazioni che trattassero anche solo di sfuggita queste fondamentali problematiche. L’inchiesta di Foderé ebbe anche il merito, notevole per i tempi, di non trascurare i paesi dell’entroterra, che vennero anzi messi sullo stesso piano di quelli certamente più attivi e popolosi della fascia costiera, che diventarono entrambi oggetto di maggiore studio e attenzione da parte dell’amministrazione francese, la quale, nonostante i suoi limiti nella realizzazione di interventi pratici atti a sanare gli squilibri esistenti, continuò sempre a interessarsi attivamente dei problemi relativi allo sviluppo socio-economico dell’estremo Ponente ligure» – ripercorre lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«L’età napoleonica vide anche un rinnovato interesse da parte delle autorità francesi verso le condizioni dell’area portuale sanremese, che furono oggetto di studi e ricerche volte alla sua ulteriore valorizzazione. Tra questi studi spicca la dettagliata relazione redatta a Nizza il 15 giugno 1807 dall’ingegnere capo della Prefettura del Dipartimento delle Alpi Marittime Teulére, che aveva ideato un vasto progetto di ricostruzione e ristrutturazione della zona portuale matuziana con specificazione delle relative spese. In questa memoria, l’ingegner Teulére esponeva innanzitutto le condizioni generali della città di Sanremo, che, secondo la sua analisi, si stendeva in una baia formata da Capo Verde a Est e Capo Pino a Ovest distanti tra loro circa 7.500 metri; la profondità del mare era di 7 metri alle estremità e di 42 al centro, il fondo era sabbioso e ricoperto da un tappeto verde di alghe, mentre i venti del libeccio e dello scirocco, provenienti dal largo, erano più forti di quelli di terra, che tuttavia portavano all’interno del porto sabbia e alghe. L’ingegnere francese notava inoltre come la maggior parte degli abitanti fosse dedita ad attività marinare; dei circa 2.000 marinai sanremesi ne erano però regolarmente registrati nei fogli matricolari soltanto 1.212, di cui 140 al servizio dello Stato o prigionieri di guerra, 670 dediti al cabotaggio e al commercio e 402 invalidi o occupati nella pesca. Dopo aver quindi osservato come una tale tendenza verso il mare da parte dei Sanremesi rendesse indispensabile la presenza di un adeguato scalo marittimo nella città matuziana, Teulére si era quindi messo a ripercorrere per sommi capi la storia del porto sanremese, soffermandosi in particolare a trattare dell’annoso problema dell’interramento del bacino portuale e dei suggerimenti proposti per risolvere questo inconveniente. A questo punto l’ingegnere francese iniziava la trattazione del suo progetto vero e proprio, che prevedeva la costruzione di un molo di levante lungo 137 metri in direzione di quello di ponente e terminante con una massicciata larga 6 metri; l’apertura tra i due moli avrebbe dovuto essere di circa 80 metri in modo da garantire alle imbarcazioni che entravano o uscivano dal porto la possibilità di manovrare liberamente e senza intralci» – dice lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«Nel progetto Teulére raccomandava anche di procedere ad una accurata opera di dragaggio del bacino prima di iniziare i lavori del nuovo molo, facendo attenzione in particolare a far sì che i massi non venissero gettati in mare alla rinfusa, ma fossero calati con cura e secondo un piano prestabilito. L’ingegnere consigliava inoltre di sospendere poi i lavori per un paio d’anni in modo da permettere all’intera opera di assestarsi; al termine dei lavori portuali, si sarebbe infine dovuta costruire una strada carrozzabile dotata di ampio parapetto per proteggerla dai venti. Complessivamente, il progetto di Teulére avrebbe portato alla realizzazione di un porto esteso su una superficie di ben 20.000 metri quadrati, che, sempre secondo l’ingegnere francese, sarebbe diventato anche un centro commerciale importantissimo, soprattutto dopo la costruzione della rotabile tra Ventimiglia e il Piemonte, recando grande beneficio alle attività marinare e all’intera città. La relazione era infine completata da un prospetto riassuntivo delle spese previste, che ammontavano a 89.141 franchi e 10 centesimi più una somma per eventuali imprevisti pari a 10.858 franchi e 90 centesimi, che portavano l’ammontare complessivo della spesa a 100.000 franchi. In una successiva nota del 14 luglio 1807 l’ingegner Teulére precisò tuttavia che sarebbe stato necessario conservare il molo già costruito per evitare che, dato il suo estremo degrado, venisse distrutto un’altra volta da una violenta mareggiata. Il progetto elaborato da Teulére non fu però immediatamente preso in considerazione e soltanto nel 1809 arrivarono i primi finanziamenti, che permisero la stipulazione di una serie di contratti con varie imprese per dare finalmente inizio ai lavori, i quali furono poi effettivamente realizzati senza peraltro che venisse risolto il problema dell’interramento della rada, che rappresentava ancora, all’inizio dell’Ottocento, il maggiore ostacolo ad una stabile e sicura fruibilità dello scalo sanremese. Il periodo napoleonico fu anche contraddistinto da una serie di celebrazioni della figura dell’imperatore, che divenne addirittura oggetto di un vero e proprio culto da parte di molti suoi sudditi. Al culmine della sua potenza venne persino istituita la festa di San Napoleone, la cui celebrazione fu fissata al 15 agosto di ogni anno dal un decreto imperiale del 19 febbraio 1806. Il 5 agosto di quell’anno il prefetto del Dipartimento delle Alpi Marittime comunicò quindi il contenuto di questo decreto ai vari sottoprefetti, che nello stesso giorno trasmettevano la circolare prefettizia ai sindaci dei circondari. Una volta ricevuta tale circolare, i sindaci del circondario di Sanremo inviarono al sottoprefetto Chassepot un sùbito contenente il preventivo delle spese ch’essi intendevano sostenere per celebrare degnamente quella festa. Ritenuti però troppo alti questi preventivi, il sottoprefetto di Sanremo chiese istruzioni al prefetto di Nizza, il quale gli fece sapere che le spese di ogni singolo comune non avrebbe dovuto superare in ogni caso il tetto di 50 franchi. A Sanremo tuttavia la locale Municipalità, che voleva evidentemente celebrare l’avvenimento con particolare grandiosità e magnificenza, aveva già preventivato una spesa di ben 505 franchi, come riconobbe lo stesso maire della città Tommaso Borea d’Olmo in una preoccupata missiva indirizzata inviata il 13 aprile 1807 al sottoprefetto Chassepot. Le spese aumentarono comunque ancora quando, l’anno successivo, l’amministrazione del Santuario della Madonna della Costa deliberò di collocare un quadro o una statua di San Napoleone all’interno della chiesa. Alla base di questa decisione vi era però con ogni probabilità il timore che il governo napoleonico volesse sopprimere il Santuario e la sua Confraternita, come era stato preannunciato da una circolare del 24 marzo 1806, che fortunatamente non trovò in seguito applicazione concreta anche per la ferma opposizione a questo progetto da parte del Consiglio Municipale. Appoggiata dal vescovo di Albenga, monsignor Vincenzo Dania, la delibera del Santuario sanremese venne quindi presentata all’autorità locale e poi, attraverso il ministero dei Culti, allo stesso imperatore, che l’avrebbe definitivamente approvata nell’ottobre 1807. L’11 maggio 1808 fu infine risolto il dilemma se collocare un quadro o una statua, con scelta della prima soluzione su indicazione del del Culto francese. Successivamente venne anche stabilito l’ammontare della spesa per la realizzazione del quadro, che sarebbe costato 948 franchi, secondo quanto comunicato dal sottoprefetto Chassepot al maire Borea d’Olmo con lettera del 4 giugno 1808. In vista della festa dell’inaugurazione, l’amministrazione del Santuario ottenne anche dal Comune la somma di 500 franchi per sovvenzionare le spese della celebrazione, mentre il sindaco di Sanremo invitava i colleghi dei paesi vicini ad affiggere sui muri delle zone più popolose il manifesto che annunciava la festa. Nello stesso periodo in cui si svolgevano i preparativi della festa, l’imperatore fece anche relegare a Sanremo il vescovo di Foligno monsignor Moscardini e quello di Todi monsignor Gazzoli. Il 14 agosto 1808, infine, alla presenza del maire Borea d’Olmo, del vescovo Dania e delle più alte autorità civili e militari, il quadro di San Napoleone venne solennemente collocato in una cappella del Santuario della Madonna della Costa, mentre la popolazione festeggiava l’avvenimento con balli e canti e l’amministrazione municipale decideva di illuminare la città alla sera e indire uno spettacolo di fuochi d’artificio per il giorno successivo» –dichiara lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«Contemporaneamente alle celebrazioni in onore di Napoleone, l’amministrazione francese assumeva anche una serie di iniziative finalizzate al miglioramento qualitativo della vita sociale e culturale del comprensorio sanremese. Nel 1809, ad esempio, venne avviato un riordino generale del sistema scolastico locale tramite l’istituzione di scuole primarie a Sanremo e a Verezzo, che furono dotate di cattedre di lingua francese e di altre importanti discipline umanistiche e scientifiche. L’impegno degli amministratori francesi per garantire una maggiore efficienza e fruibilità dei servizi pubblici è testimoniato anche dalla vicenda del nuovo catasto di Sanremo, che, avviato nel 1810 secondo l’innovativo modello cartografico particellare, venne quindi portato a termine nel 1812. La direzione dei lavori di redazione del nuovo catasto venne affidata al geometra di prima classe Gardon, che si avvalse della collaborazione di un nutrito numero di esperti catastali, reclutati quasi tutti nel Dipartimento delle Alpi Marittime. Nella delineazione planimetrica degli immobili del catasto napoleonico la città venne divisa in tre settori ben delimitati, dei quali il primo era quello del Piano di San Siro e della salita dei Costiglioli, il secondo comprendeva la zona della crociera di Palazzo e della Marina, mentre il terzo era rappresentato dalla ville vera e propria, ovvero dal quartiere della Pigna. Quest’ultimo conteneva il maggior numero di immobili, soprattutto se confrontato con l’area circostante, destinata in gran parte alla coltivazione degli agrumi; la consistenza del centro storico della città rilevata dal catasto napoleonico era stata colta nella sua fase di massima espansione, precedentemente quindi agli sventramenti e alle demolizioni seguite al terremoto del 1887 e proseguite poi in pieno Novecento in rapporto ai danni bellici o alla ricerca di terreni edificabili. Nel quartiere della Pigna prevaleva inoltre una dimensione decisamente minima dell’unità residenziale, retaggio del tessuto medievale, mentre, a differenza dei centri storici di altre città vicine, tra cui ad esempio Porto Maurizio, non vi era un numero rilevante di palazzi signorili, con la parziale eccezione della casa Manara in via Palma, peraltro già parcellizzata e divisa tra vari proprietari. Il settore di San Siro-Costiglioli aveva invece il centro nella omonima piazza, dove si affacciavano tre grandi edifici religiosi (oltre alla collegiata, il battistero di San Giovanni Battista, l’oratorio dell’Immacolata e quello, oggi scomparso, di San Germano)» – afferma lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«A Levante non esisteva ancora la piazza del mercato, mentre a Ponente sorgeva l’ampio complesso dei padri Cappuccini, sulla cui area sarebbe sorto, un secolo più tardi, l’edificio del Casinò Municipale. Sul lato Sud erano ubicati invece la cappella di San Rocco e il primo cimitero cittadino, spostato in quella zona in esecuzione dei provvedimenti napoleonici in merito alla sepoltura dei defunti. Il settore della Marina era infine individuato dalla strada che, partendo dalla via Imperiale, l’attuale via Palazzo, raggiungeva il mare fiancheggiando il palazzo Borea d’Olmo. L’importanza del catasto napoleonico di Sanremo per una più moderna e approfondita conoscenza del territorio è innegabile poiché, anche se venne usato per poco tempo (dopo la caduta di Napoleone nel 1814 il governo sardo sarebbe infatti tornato al vecchio sistema del catasto descrittivo), esso registrava per la prima volta, servendosi di una base topografica aggiornata e fedele, non soltanto i dati fisici essenziali ma anche la parcellazione e l’utilizzazione del suolo. Sulla base di questa nuova topografia della città venne anche tracciato il percorso della nuova strada litoranea della Cornice, che venne iniziata nel 1810 come tratto della strada Roma-Parigi con i primi espropri dei terreni necessari a coprirne il percorso. Dopo due anni di attesa di adeguati finanziamenti, nel 1812 il governo francese mise finalmente a disposizione dell’amministrazione dipartimentale la somma di 100.000 franchi, anche per dare un concreto aiuto all’economia della zona che stava attraversando allora un periodo di profonda crisi. Nel decreto prefettizio del 2 febbraio 1812 si precisava infatti che i fondi avrebbero dovuto essere utilizzati per procurare lavoro alle persone più indigenti dell’area interessata alla nuova strada, e in particolare del circondario di Sanremo. Lungo il percorso Ventimiglia-Taggia vennero così costituti otto cantieri di lavoro con un impiego complessivo di 860 operai. Nell’ambito del territorio urbano di Sanremo, il tracciato della nuova arteria coincise approssimativamente con il percorso delle attuali vie Roma e Nino Bixio e corso Orazio Raimondo. Durante il periodo napoleonico furono tuttavia effettuati soltanto alcuni lavori preliminari, quali le espropriazioni e il tracciato della prima parte dell’odierna via Roma, mentre la strada venne poi completata nel 1827 dal governo sardo, che peraltro la portò a termine seguendo un percorso cittadino parzialmente diverso da quello previsto dal progetto originario del 1810. La costruzione della strada della Cornice determinò tra l’altro la nascita di nuove opportunità legate al sistema dei trasporti e della viabilità, di cui si sarebbero fatte quindi interpreti le nuove classi borghesi cittadine, che avviarono la pianificazione del tessuto urbanistico di Sanremo nei successivi anni ’40 e ’50» – sottolinea lo storico sanremese Andrea Gandolfo.
«Nonostante le varie iniziative assunte dall’amministrazione francese per migliorare la qualità della vita delle popolazioni del Ponente ligure, l’età napoleonica rappresentò per gli abitanti della Riviera un periodo caratterizzato anche da miseria, vessazioni e dolori. La speranza in un miglioramento delle condizioni dell’esistenza quotidiana spinse molte persone a dimostrare qualche simpatia nei confronti dell’Impero francese, ma ben presto questo iniziale atteggiamento mutò radicalmente quando la gente entrò direttamente in contatto con la dura realtà del regime napoleonico. Già nel 1800 le cronache ricordavano come le vallate del Ponente fossero state sottoposte ad ogni genere di violenza da parte dei Francesi, che alla fine dell’anno avevano soppresso tutti gli ordini religiosi e occupato i conventi. Nel 1812 la miseria della popolazione giunse al culmine: alcuni abitanti, soprattutto dell’entroterra, morirono addirittura di fame, mentre molti altri erano costretti a cibarsi di erbe selvatiche. La situazione, ulteriormente aggravata dalle continue chiamate alle armi e dall’oppressione fiscale, che aveva ormai raggiunto limiti insopportabili, causò molte diserzioni e disobbedienze, punite con brutali rappresaglie. L’età napoleonica non fu tuttavia soltanto contrassegnata da eventi luttuosi e negativi, ma, come è stato ampiamente descritto, costituì anche un periodo di grandi innovazioni positive nel campo amministrativo, sociale ed economico, tra le quali si possono citare la redazione del nuovo catasto cittadino, l’inaugurazione della strada della Cornice, i progetti di intervento nell’area portuale e la grande fioritura della produzione e del commercio oleario. Inoltre il legame politico con la Francia determinò il sorgere di una particolare attenzione da parte del notabilato locale verso le vicende economiche e sociali delle vicine città francesi della Costa Azzurra, che, nella seconda metà del secolo, sarebbero diventate il modello ideale di tutte le città della Riviera italiana per le loro attività turistiche. Sul piano immediato invece questa esperienza rinnovatrice della vita civile avrebbe risvegliato nella popolazione del Ponente ligure quel desiderio di indipendenza e autonomia, che si sarebbe poi concretizzato, qualche decennio più tardi, nel concreto apporto dato dai patrioti locali al processo di formazione dello Stato nazionale» – conclude lo storico sanremese Andrea Gandolfo.