«Il senso di comunità spinga a vaccinarsi», l’appello del dottor Ravera ai no vax

8 gennaio 2022 | 07:15
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Intervista al primario di Psicologia di Asl1: «Sempre più richieste d’aiuto per burnout pandemico»

Sanremo. «Esprimere delle opinioni su un argomento come la vaccinazione comporta che si finisca con l’attirare tutta una serie di critiche, di tensioni, di risposte malevole. Io ho sempre fatto dell’ascolto delle opinioni altrui un punto essenziale della mia vita. Quel che mi dispiace è che questo argomento sia diventato un tema ideologico. Sarebbe dovuto sorgere in tutti un forte senso della collettività, perché sappiamo che se un’ampia fascia della popolazione non si vaccina, questa diventa serbatoio per la diffusione del virus e lo sviluppo di nuove varianti. Invece assistiamo al crescere dell’intolleranza». E’ questo uno degli estratti più significativi dell’intervista al dottor Roberto Ravera, primario della struttura complessa di Psicologia dell’Asl1 Imperiese, ospite del punto interviste a tu per tu di Riviera24.it.

Al centro del confronto anche la nuova patologia denominata “burnout pandemico”: termine che designa un disagio psicologico, talvolta anche psichiatrico, correlato allo stress ulteriore provocato dalle costanti ondate pandemiche. «Il Covid ha stravolto le nostre vite a più riprese, quando ci è sembrato che le cose potessero tornare nella norma. Non c’è niente di più temibile che affrontare lo stress ad ondate», – continua Ravera -.

«Sono solito recarmi in Africa per impegni umanitari. Lì la maggioranza della popolazione non è vaccinata. Non è una scelta, i vaccini semplicemente non ci sono. Quelle popolazioni sanno benissimo di essere vulterabili alla malattia e di rappresentare un bacino per lo sviluppo delle varianti. Credo che come i medici, gli insegnanti, le forze di pubblica sicurezza, abbiano accettato i rischi della vaccinazione, continuando a lavorare senza sosta, anche nei momenti più bui della pandemia, il senso di comunità dovrebbe spingere tutti a vaccinarsi. Al di là delle nostre ostinazioni, qualche volta dobbiamo mettere queste da parte per il bene collettivo».

Sintomi del burnout. «Il quadro è variegato ma alcuni sintomi sono comuni. A partire dallo stato d’ansia. La sensazione costante che qualcosa possa accadere, l’instabilità umorale con effetti depressivi che vediamo nelle popolazioni più esposte che si rivolgono alla struttura di Psicologia di Asl1: i giovani e gli anziani. Poi esistono aspetti funzionali come l’insonnia, l’inappetenza, il mangiare troppo, il fumare eccessivamente. Il problema è che diventa molto difficile fare una diagnosi di burnout perché questi sintomi si presentano spesso in persone con difficoltà esistenziali già presenti.

Altri sintomi possono essere il senso di frustrazione che provoca gli atteggiamenti più aggressivi. Questa forma di “scecheraggio” dovuto alla pandemia ha generato scompensi non prevedibili nelle persone. Mi sento di dire che le categorie professionali della sanità sono tra le più colpite. Bisogna tenere conto che l’età media della popolazione sanitaria è abbondantemente sopra i 50 anni, quando diventa più difficile applicare meccanismi di resilienza allo stress.

Sperimentiamo oggi la nostra fragilità, un fatto individuale che è anche un fatto collettivo, sociale. Questa è una delle ragioni per cui tutti gli eventi stressanti della vita possono essere meglio gestiti se come comunità sociale sappiamo coordinarci, essere solidali. Credo che questo aspetto sia venuto un po’ meno. E’ diventato ancora più facile entrare in conflitto. Questa pandemia ha accentuato il desiderio di prevaricazione sull’idee dell’altro».

L’invito. «Penso di poter interpretare la volontà dei sanitari nel rivolgere questo appello. Non a caso oggi parliamo di burnout: ci sono categorie che stanno sopportando enormi sacrifici, come i medici e gli infermieri degli ospedali. Stress ulteriore che si va ad aggiungere a quello che la vita normalmente già comporta. Il senso di responsabilità dovrebbe spingere chi è ancora indeciso a vaccinarsi, per la propria salute e quella degli altri».