“Ho paura del covid”. I problemi e le incertezze dei bambini spiegate dal Dottor Ravera
Un black out digitale è il consiglio che il dottor Ravera si sente di dare ai genitori
Sanremo. La pandemia ha cambiato tutti minando sicurezze e tante abitudini. Parlando di rassicurazioni, sono soprattutto quelle dei bambini, in particolare di chi si trova a frequentare asilo e scuole elementari, ad essere state messe in difficoltà.
E’ notizia di questi giorni il caso “simbolo”, a livello nazionale, di un bambino di 10 anni che non è andato scuola con la giustificazione “paura del Covid”. Come vivono i bambini la pandemia? Si può parlare di una sorta di “sindrome Coronavirus” legata al loro sviluppo psicologico? Lo abbiamo chiesto al Primario della Struttura Complessa di Psicologia dell’ASL1 Imperiese Roberto Ravera.
«Quello che è successo in questi due anni ha in una certa misura frantumato in noi la sensazione di poter avere tutto sotto controllo. Anche i bambini, che normalmente si sentono protetti dai genitori e dalla visione del mondo che essi rappresentano, percepiscono che qualcosa è cambiato. Ciò che ha rotto questo equilibrio è che la pandemia da Covid si è protratta per lungo tempo e con gravi effetti: lockdown, scuole chiuse, mascherine, ricoveri».
I bambini hanno ampi margini di adattamento ma è anche vero che ciò dipende dalla natura dello stress: «Ciò che ha creato problemi è chemla portata di questo evento stressante si è caratterizzata per una forma di ciclicità conseguente alle diverse ondate e varianti. Il Covid ha avuto un effetto “ondulatorio” che impedisce il ritorno alla normalità e aumenta il senso di incertezza. Sarebbe forse corretto dire che siamo tutti molto tesi ed esasperati e respiriamo a volte un senso di angoscia che i bambini colgono molto bene. La loro fragilità nasce dal fatto che sono spugne che assorbono tutto ciò che sentono intorno a loro. Se la famiglia, la scuola, gli educatori non li aiutano a elaborare questi sentimenti, tendono ad elevare risposte difensive come l’ansia, somatizzazioni, aggressività, l’ipocondria, paura di socializzare, che sono espressione del loro disagio. Sebbene i bambini abbiano la capacità di elaborare i traumi, devono però avere una “sponda” dagli adulti. Il problema è che questo non sempre avviene in quanto siamo stati tutti contagiati da questa sensazione di incertezza. Sembra che abbiamo paura del futuro. Persino la conflittualità sociale che vediamo sempre più diffusa contribuisce ad esasperare il mood, l’umore con cui guardiamo al mondo. I bambini sono profondamente istintivi, hanno interiorizzato tale situazione e percepiscono il mondo e gli altri non più come un luogo da esplorare, ma da cui difendersi. Dobbiamo ricordare che una certa fragilità emotiva era presente anche prima della pandemia, ma ora tutto si è esasperato e dobbiamo stare attenti che la salute mentale non diventi il primo problema del post covid» spiega il dottor Ravera.
Non siamo più in un caso di eccezionalità ed i più piccoli hanno iniziato a pensare che il mondo sia questo «E’ quello che succede ai bambini che vivono esperienze di guerra come in Siria ad esempio: si abituano a vivere nella paura e nello stress e attuano meccanismi difensivi che hanno alcuni pro e tanti contro».
Cosa si può fare e come si possono rassicurare i genitori che, oggi ancora di più, vivono situazioni incertezza e impotenza? «Vorrei sempre ricordare che i bambini hanno sempre straordinarie capacità di resilienza. Quello che mi preoccupa di più è la pervasività di quello che in gergo tecnico si definisce il “sè digitale”: la connessione a internet e tutto quello che è virtuale. Questa costante presenza nella vita di tutti e dei bambini e dei giovani in particolare, crea aspetti imprevedibili, problematici e talvolta di vera dipendenza. La loro costruzione del mondo e del sapere è oramai indissolubilmente legata al digitale e agli effetti distorti che esso può determinare. È come se affidassimo ad un “tutor” sconosciuto la formazione cognitiva ed emotiva dei nostri figli. È pura fantasia pensare che gli adulti abbiamo un filtro totale su questo flusso virtuale. Ma il fatto più problematico è che tutto ciò avviene a scapito del corpo e della sua funzione di mediazione alle emozioni e all’incontro con l’altro. La socialità dei bambini si nutre di esperienze corporee è questo processo che costruisce la fondamentale forma di regolazione emotiva del bambino. Il gioco con i coetanei nei prati a nascondino non può essere sostituito da nessuna play station! L’importanza del corpo come mediatore sociale nell’infanzia è un assunto biologico dello sviluppo.
Un black out digitale è il consiglio che il dottor Ravera si sente di dare ai genitori: «esorto a provare periodicamente, nell’arco della settimana, momenti di black out digitale, prendere una breve pausa da tv, cellulari, computer e stabilire un silenzio che permetta alla famiglia di guardarsi e ascoltarsi. Questo momento rivoluzionario potrebbe scatenare sorprese all’interno delle famiglia, potrebbero essere finalmente rappresentati sentimenti, emozioni, storie che non avevano mai avuto lo spazio adeguato per essere condivise. Sarebbe anche un ottimo antidoto allo stress di questa epoca»