Incursioni dei Saraceni a Sanremo: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Compiute tra il IX e X secolo
Sanremo. Il tradizionale appuntamento con la storia matuziana a cura dello storico Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato alle incursioni compiute tra il IX e X secolo dalle bande dei Saraceni, nome con cui venivano solitamente designati gli Arabi che si davano alla pirateria, e che non vanno confusi con i corsari barbareschi del XVI secolo.
Ecco dunque il racconto dello storico Andrea Gandolfo sulle incursioni saracene del IX e X secolo: «Nel corso del IX e X secolo il territorio matuziano venne più volte devastato e saccheggiato da una fitta serie di scorrerie compiute da bande di Saraceni, nome con cui venivano solitamente designati gli Arabi che si davano alla pirateria e alla guerriglia. Questi partivano con flotte agguerrite e veloci dai vari porti nordafricani e spagnoli per razziare e depredare soprattutto le popolazioni rivierasche dell’alto Tirreno e del mar Ligure. La prima devastazione della Villa Matutiana da parte dei Saraceni potrebbe risalire all’838, quando una flotta saracena composta da Arabi spagnoli saccheggiò e depredò i sobborghi di Marsiglia e il territorio ventimigliese, investendo probabilmente anche la zona matuziana. Lo stesso tratto di costa venne nuovamente colpito nell’846 da altre bande di Saraceni, che non è escluso abbiano devastato anche la stessa Villa Matutiana. Nell’899 alcuni gruppi di Saraceni stanziarono il proprio quartier generale a Frassineto, una località della Provenza nei pressi del golfo dell’odierna Saint-Tropez, continuando quindi a compiere tutta una serie di scorribande per mare, nel corso delle quali distrussero tutte le città limitrofe alla loro base operativa.
Anche i borghi e i villaggi dell’estrema Liguria di Ponente subirono ripetutamente saccheggi e devastazioni ad opera di bande di Saraceni, che, dopo il sacco e la distruzione dei centri abitati, rapivano molti uomini e donne del luogo per poi ridurli in schiavitù. Nemmeno i villaggi dell’entroterra si salvarono da questa sistematica opera di devastazione e saccheggio e furono infatti più volte colpiti dai Saraceni, che avevano anche fissato dei punti di vedetta e controllo sui valichi più trafficati, stabilendo persino, secondo una tradizione non provata storicamente, una base navale nella località di Porto Maurizio. Ottenuto l’assoluto controllo del territorio per via della carenza delle strutture difensive e dell’opposizione armata da parte delle popolazioni costiere, i Saraceni iniziarono allora ad attaccare anche le città e i paesi della pianura e delle Alpi piemontesi, che dovettero subire sistematici saccheggi e razzie, nel corso delle quali le varie bande saracene compirono dei veri e propri massacri di civili e religiosi.
Tra il IX e il X secolo molti abitanti della Villa Matutiana, per sottrarsi al rischio di incursioni e saccheggi da parte delle bande saracene, si rifugiarono sui monti circostanti il villaggio costiero e vi impiantarono nuovi centri abitati. Pare sia questa l’origine di vari paesi che allora sorsero nell’immediato entroterra matuziano, tra cui il primissimo nucleo della futura Bussana, San Romolo e Coldirodi. La prima sorgeva infatti in un primo tempo sulla costa, nei pressi della foce del torrente Armea, fino a quando le continue irruzioni saracene indussero gli abitanti del piccolo borgo a trasferirsi gradualmente in un luogo più sicuro e difeso dell’interno, dove edificarono alcune case sparse da cui, intorno alla metà dell’XI secolo, sarebbe sorto il centro abitato chiamato originariamente Buzana, e poi, con grafia moderna, Bussana. Anche San Romolo venne fondata da alcuni abitanti della Villa Matutiana rifugiatisi sui monti per scampare alle incursioni saracene, mentre altri matuziani decisero di dirigersi verso una località denominata Colla, posta sulle alture occidentali del borgo costiero, dove fondarono l’omonimo villaggio, nel quale giunsero poco dopo, sempre per sfuggire alle razzie arabe, alcune squadre di cavalieri provenienti dall’isola di Rodi, in onore dei quali il nuovo paese avrebbe in seguito assunto il nome di Coldirodi.
Proprio per sventare possibili pericoli derivanti dalle incursioni saracene, il vescovo di Genova Sabatino decise di recarsi verso l’890 nella Villa Matutiana per sottrarre al rischio di un’eventuale profanazione o distruzione da parte dei Saraceni il corpo di San Romolo, che, come si è visto, era custodito dall’inizio dell’VIII secolo nella cripta della chiesa locale. Imbarcatosi solennemente su una galea con molti rappresentanti della nobiltà genovese, Sabatino giunse quindi in terra matuziana, vi prelevò le reliquie di San Romolo e le riportò a Genova, dove queste vennero sepolte con una solenne cerimonia presso la tomba di San Siro nella chiesa di San Lorenzo. Nel 935 la stessa Genova subì una tremenda devastazione da parte di una flotta di Saraceni agli ordini del condottiero musulmano Ya’cub ibn ‘Ishâq, che stava compiendo una serie di scorrerie in Liguria e in Provenza nell’ambito della vasta offensiva saracena ordinata dal califfo fatimida Abû al-Qâsim; dopo il feroce saccheggio di Genova, in cui perirono tra l’altro 5000 persone, i Saraceni si diressero subito dopo verso la Riviera di Ponente, dove depredarono numerosi paesi e villaggi costieri, tra i quali molto probabilmente anche la Villa Matutiana.
Nell’estate del 942 tuttavia le truppe al soldo del re Ugo d’Arles furono sul punto di sconfiggere definitivamente le bande saracene, quando lo stesso Ugo, per rivalità con il suo antagonista Berengario d’Ivrea, venne a patti con loro e li incaricò addirittura di presidiare i valichi alpini per contrastare l’avanzata dei reparti del suo avversario Berengario. Quest’ultimo raggiunse però egualmente il potere nel 950 assumendo la corona di re d’Italia e procedendo ad una riorganizzazione amministrativa del territorio che venne diviso in marche; l’ex comitato carolingio di Ventimiglia, comprendente il territorio matuziano, entrò allora a far parte della Marca arduinica. Per contrastare i Saraceni, che continuavano indisturbati nella loro opera devastatrice, il conte di Provenza Guglielmo d’Arles si fece allora promotore di una vasta alleanza militare, stipulata nel 972 tra diversi feudatari liguri e provenzali, cui aderì anche il conte di Ventimiglia Guido. Dopo una lunga serie di scontri e battaglie protrattasi tra il 975 e il 980, i Saraceni vennero quindi completamente sbaragliati e la centrale di Frassineto espugnata e distrutta. Dopo oltre un secolo di continui saccheggi e devastazioni, terminava finalmente l’incubo delle incursioni saracene per le martoriate popolazioni dei centri costieri della Riviera ligure, molti dei cui abitanti, come abbiamo visto, si erano rifugiati nell’immediato entroterra, dove avevano fondato altri villaggi dedicandosi ad attivià agricole e pastorali.
Anche nella Villa Matutiana la popolazione riprese le consuete attività economiche e sociali, mentre molti suoi abitanti ritornarono dalle montagne, iniziando il lento e faticoso lavoro della ricostruzione del borgo, devastato per decenni dalle scorrerie saracene. Nell’ambito di questo lavoro, furono allora riallacciate relazioni commerciali con i paesi vicini e riavviata la formazione del tessuto economico e produttivo della zona. Un ruolo molto importante in questo processo fu assolto dagli ordini monastici e dagli stessi vescovi, che distribuirono terre alle famiglie, incentivarono la ripresa delle attività agricole tramite anche l’introduzione di nuove tecniche e colture, e proseguirono con rinnovato impegno il compito di educare ed istruire la gioventù. Il desiderio di tornare finalmente ad una vita serena e normale spinse molte famiglie della Villa Matutiana ad impegnarsi severamente nell’opera di ricostruzione, che, condotta con grande impegno e partecipazione da parte di tutti gli abitanti, riportò in breve tempo il piccolo borgo ligure alla stessa condizione sociale ed economica del periodo precedente alle incursioni saracene» – racconta lo storico sanremese Andrea Gandolfo.