Green pass, comunità accoglienza Vallecrosia: «I nostri ragazzi non possono averlo, costretti a stare reclusi»

La fondazione che ospita ragazzi stranieri soli si trova di fronte ad un muro di gomma: «Senza codice fiscale, non viene rilasciato il certificato»
Vallecrosia. Con l’introduzione dell’obbligo di Green Pass anche per i ragazzi di più di 12 anni anche solo per salire sui mezzi pubblici, alcuni giovani sono costretti ad andare a piede, isolandosi da tutto e da tutti, perché privi dei documenti necessari per ottenere il certificato: sono i minori stranieri non accompagnati che vivono nella struttura di accoglienza in via Romana, a Vallecrosia. A lanciare un appello, nel tentativo di sensibilizzare le istituzioni sul tema, è il diacono permanente Alessandro Volpi, responsabile della comunità Gilardi – Fondazione Somanischi Onlus.
I minori stranieri non accompagnati, non avendo il codice fiscale italiano, anche se vaccinati (o tamponati) non posso ottenere il green pass e restano dunque esclusi da qualsiasi attività sociale. Un problema, quello che attanaglia questi giovani, che al momento sembra insormontabile, ma che deve essere risolto al più presto. «E’ un paradosso – dice Alessandro Volpi -. Sono vaccinati, ma senza green pass non possono fare nulla. Abbiamo una serie di iniziative volte ad integrare questi ragazzi nella società ma non possiamo farle, se non in modo limitato. Si tratta di giovani che hanno visto di tutto nella loro vita e sono arrivati qui con un viaggio della speranza. E ora si trovano rinchiusi».
«Sui minori stranieri non accompagnati abbiamo avuto sempre adesione alla richiesta di poter fare il vaccino – aggiunge – Ma ci scontriamo con un muro di gomma. Per loro sembra che non ci siano solo i muri fisici, quelli che si stanno alzando in diversi confini europei e non. Abbiamo fatto fare il vaccino, con diligenza, rispettando le attese, avendo molta stima degli operatori sanitari e non, che fanno questo servizio con passione e alta professionalità. Il muro di gomma però va oltre: possibile che non riescano, i nostri ragazzi stranieri in questo caso accompagnati eccome, ad avere il green pass?».
«E sì – spiega Volpi – Perché non avendo il permesso di soggiorno, per il quale ci vogliono dai 3 ai 5 mesi, e non avendo quindi il codice fiscale ufficiale, generato con il rilascio del permesso di soggiorno, il sistema di registrazione nazionale dei vaccini diventa appunto un muro di gomma. Noi andiamo a far fare il vaccino con il codice fiscale rilasciato dall’asl di competenza al momento di fare il tampone molecolare. Ma il muro di gomma persiste, ormai da mesi. Abbiamo telefonato ai vari numeri verdi, scritto mail, dato indicazioni……e tutto rimbalza, come con un muro di gomma, appunto».
«Allora cosa dobbiamo fare? – chiede il diacono -. Devono andare a piedi e non poter prendere mezzi pubblici e camminare solo e soltanto? Devono stare rinchiusi e non poter fare una vita normale perché un codice alfanumerico è il loro muro di gomma? Dobbiamo smetterla di far fare il vaccino in attesa dell’agognato codice fiscale? Mi pare , anche se spero di sbagliarmi, che non vi sia rispetto non solo per la salute, ma neanche per chi è in balia di viaggi infiniti e che approda su una terra, dove avrebbe bisogno se non di cure, quanto meno di attenzione, di rispetto. In fondo al muro di gomma ci sono persone, bambini con un volto affaticato».