Barriere culturali, entroterra ed elefanti al quinto giorno del “Ponente International Film Festival” a Bordighera

1 dicembre 2021 | 09:38
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Barriere culturali, entroterra ed elefanti al quinto giorno del “Ponente International Film Festival” a Bordighera

Entra nel vivo la sedicesima edizione

Bordighera. Entra nel vivo la sedicesima edizione del Ponente International Film Festival, dopo la digressione di ieri sul palmeto storico di Bordighera a cura del giornalista e ambientalista Giancarlo Pignatta che auspica il ripascimento della costa del Beodo e, in generale, una maggiore valorizzazione paesaggistica della città.

Intanto, domani mattina, al cinema Olimpia si tornerà indietro nel tempo sotto i bombardamenti aerei della Belfast del 1941, per salvare un elefantino con Zoo, un amico da salvare; nel pomeriggio, allo Zeni, si proseguirà con un nuovo appuntamento dedicato all’entroterra, la proiezione del corto Geografie dell’Ubago alla presenza delle autrici Roberta Padovano ed Elena Vaccarino con Angela Denegri, neo sindaca di Borghetto D’Arroscia. Infine, la sera, ci si siederà sul lettino della psicanalista Selma in Un divano a Tunisi.

Giovedì 2 dicembre il Festival proseguirà al Cinema Olimpia, dalle 10,30 alle 13 con Zoo, un amico da salvare (Irlanda/Gran Bretagna 2017, 97’): ispirato, ancora una volta, a un episodio di vita reale avvenuto a Belfast, nell’Irlanda del Nord, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film racconta la vicenda di Tom, un bambino di dodici anni, figlio del veterinario dello zoo cittadino, che insieme ai suoi amici e a una stravagante signora, vedova e solitaria, farà di tutto per salvare Buster, un cucciolo di elefante, durante i bombardamenti aerei tedeschi del 1941, fino a rischiare la sua stessa vita (e quella degli amici altrettanto coraggiosi). Al Cinema Zeni, alle 18,10, per «Un corto al giorno… Cinema e Liguria», verrà proiettato Geografie dell’Ubago (Italia 2020, 21’), alla presenza delle autrici Roberta Padovano ed Elena Vaccarino con Angela Denegri, neo sindaca di Borghetto D’Arroscia: una miscela di storia e poesia che rende omaggio a un territorio sconosciuto ai più nell’entroterra di Imperia, immersi in un ambiente generoso quanto aspro, soffuso da un alone di mistero malinconico. A seguire alle 21, per «I film del Mediterraneo», si sorriderà delle avventure, disavventure ed esperienze professionali di Selma, psicanalista trentacinquenne che, nell’irresistibile commedia Un divano a Tunisi (Tunisia/Francia 2019, 87’), lascia Parigi per aprire uno studio nella periferia di Tunisi, la città dove è cresciuta. Si troverà però a dover confrontarsi con le barriere culturali di una comunità che si dimostra scettica verso la medicina ufficiale e preferisce confessarsi e parlare di sé nelle vasche dell’Hammam o sotto al casco del parrucchiere. Per non parlare della diffidenza generale, dell’amministrazione indolente e di un poliziotto troppo zelante che la boicotta.

Zoo, un amico da salvare

Zoo, un amico da salvare
Titolo originale: Zoo
Regia: Colin McIvor
Cast:Art Parkinson, Amy Huberman, Penelope Wilton, Toby Jones
Produzione: Irlanda, Gran Bretagna, 2017
Durata: 97’
Genere: Avventura, Storico
Belfast, 1941. Mentre le ingiurie della seconda guerra mondiale hanno raggiunto anche l’Irlanda del Nord, e infuriano gli attacchi aerei nazisti, il figlio del veterinario dello zoo cittadino, il dodicenne Tom, i suoi amici e una stravagante signora faranno l’impossibile per salvare Buster, un elefantino malato da poco accolto nella struttura. Salvarlo non tanto dalle bombe quanto dalla condanna a morte, per lui e gli altri animali considerati più pericolosi dall’esercito, che ne teme la fuga, proprio a causa dei violenti bombardamenti. Il film si ispira ad un’emozionante vicenda realmente accaduta. Zoo, un amico da salvare, scritto e diretto dall’irlandese Colin McIvor, è di quelli destinati ad aprirsi una breccia nel cuore degli spettatori, soprattutto i più piccoli, ma anche coloro che non hanno mai abbandonato la fanciullezza dell’anima. La storia trae spunto da un commovente episodio, verificatosi a Belfast, nel 1941, durante la seconda guerra mondiale. Sotto pressione per i bombardamenti tedeschi, col loro mortale carico di distruzione, e in un clima di violenza e terrore, le autorità decidono di trasferire gli animali dello zoo cittadino, abbattendo i più pericolosi. Si teme infatti che, spinti dalla fame e impauriti dalle bombe, possano fuggire, creando ulteriore panico. Ma la guardiana della struttura, Denise Austin, non ci sta e decide di provare a salvarne il più possibile. Tra loro, l’elefantina Sheila, che la donna nasconde nella sua casa, infrangendo la legge con gravi rischi per la sua stessa vita. Grazie a lei, Sheila sfuggirà alla morte, diventando un simbolo di speranza per tutta la popolazione.

Geografie dell’Ubago

Geografie dell’Ubago
Regia: Roberta Padovano, Elena Vaccarino
Contributo: Mary Nicotra
Narratore: Pierino Denegri
Voce fuori campo: Roberta Padovano
Montaggio: Alberto Ruffino
Musica: Daniela Portonero
Produzione: Italia, 2020 (Mary Nicotra – Roberta Padovano)
Durata: 21’
Genere: documentario
Una miscela di storia e poesia, paesaggio e luogo dell’anima. Geografie dell’Ubago di Roberta Padovano e Elena Vaccarino, rende omaggio a un territorio sconosciuto ai più con amore e rispetto, che lo spettatore percepisce anche ascoltando la raffinata selezione di testi dei liguri Massimo Quaini e Italo Calvino. Perché è proprio in Liguria che ci troviamo, per la precisione nell’entroterra di Imperia, immersi in un ambiente generoso quanto aspro, soffuso da un alone di mistero malinconico. Il film è stato selezionato per il festival «Ethnografilm» che si terrà dal 19 al 23 aprile 2022 a Parigi. Frazione del Comune di Borghetto d’Arroscia, Ubaghetta è uno dei tanti paesi che si sono progressivamente spopolati, fino a rimanere con un pugno di abitanti. Uno di questi è Pierino Denegri, memoria storica del territorio, che con le sue parole accompagna lo spettatore in un viaggio a ritroso nel tempo, a cominciare dal nome. «Ubages, in dialetto, significa umido, terra d’ombra, spiega Denegri, da qui il nome Ubaga, paese confinante. Ubaghetta invece deve probabilmente il suo nome, ingentilito dal vezzeggiativo, alla sua migliore esposizione al sole». Denegri accompagna le autrici attraverso epoche e accadimenti, dall’economia rurale contadina di un tempo con i suoi attrezzi e le sue usanze, ai sacerdoti che volevano essere assegnati a Ubaghetta «perché facevano la vita da signori», vale a dire mangiavano regolarmente e non sempre castagne (storicamente alimento base dei liguri di montagna). Non mancano le storie sulla Resistenza e i partigiani che durante la guerra di Liberazione fecero base a Ubaghetta al comando di Fra’ Diavolo (Luigi Fiori, ndr), racconti che coinvolgono direttamente i genitori di Denegri, che alloggiavano partigiani e scamparono al rastrellamento che i tedeschi fecero in paese nel gennaio del 1945. Come non mancano i riferimenti alle basùre, che Denegri stesso definisce «le cugine delle streghe di Triora, un po’ più giocherellone, un po’ più mattacchione». Urtà, una piccola valle con un sentiero
che unisce Ubaga e Ubaghetta, con tre grandi querce disposte a triangolo (purtroppo abbattute negli anni ’50), era il luogo in cui, ogni plenilunio, leggenda narra si riunissero le basùre, che sotto la forma di caprette bianche si divertivano a spaventare chi passava di là nella notte proibita.

Un divano a Tunisi

Un divano a Tunisi
Titolo originale: Un divan a Tunis
Titolo internazionale: Arab Blues
Regia: Manele Labidi Labbé
Cast: Golfishte Farahani, Majid Mastoura Mastoura, Aisha Ben Miled, Hichem Jacoubi
Produzione: Tunisia, Francia, 2019
Genere: commedia
Durata: 87’
Selma Derwich, trentacinquenne di origine tunisina, forte e indipendente, è cresciuta insieme al padre a Parigi, dove si è laureata in psicoanalisi. Pronta ad iniziare la professione, decide di dare una svolta alla sua vita e tornare a Tunisi. Ma presto si rende conto di essere stata troppo ottimista e che i suoi connazionali, seppur reduci dalla Primavera Araba, non sono ancora pronti per sdraiarsi sul lettino di una psicanalista donna. Selma deve scontrarsi con una diffidenza che coinvolge persino i parenti, con un’amministrazione indolente e un poliziotto troppo zelante che la boicotta. In una città in cui la gente si confessa nelle vasche dell’hammam o sotto il casco del parrucchiere, si
ritrova ad avere a che fare con una pittoresca schiera di eccentrici pazienti, toccando con mano pregiudizi, caos e barriere culturali che non aveva considerato. Francese di origine tunisina, proprio come Selma, la regista Manele Labidi ricerca le sue radici attraverso l’epopea di questa eroina scapigliata in bilico tra due culture, in un Paese in mutazione evolutiva ma ancora legato alle vecchie tradizioni. E lo fa scegliendo il sorriso, conscia del potenziale comico della situazione: la dimensione surreale in cui una società schizofrenica rifiuta per pregiudizio l’aiuto psicologico. E infatti la comicità affiora a ogni seduta, a mano a mano che si dipinge una galleria di ritratti irresistibili di pazienti improbabili. Sul suo divano – nello studio aperto impulsivamente e senza troppa attenzione ai permessi necessari sulla terrazza della mansarda di famiglia – si alternano, tra gli altri, l’imàm depresso che ha perso la fede e la moglie, esuberante proprietaria di un salone di bellezza che vive un rapporto conflittuale con la madre, il paranoico in crisi di identità sessuale che sogna presidenti e dittatori, l’adolescente ribelle pronta a tutto pur di lasciare la Tunisia, il poliziotto reazionario e persecutorio. Ognuno di loro desidera un posto al sole e su quel lettino, diventato ambito, obbiettivo di una lunga fila di varia umanità, teatro di eccessi comici ma anche di momenti malinconici e interrogativi esistenziali. Perché contro la legge del silenzio, Selma ascolta i malesseri di una società intera, combattuta tra le tradizioni religiose e la necessità di parlare per ricostruirsi.

Ospiti le due registe di Geografie dell’Ubago: Roberta Padovano, gestalt counselor, attivista per i diritti umani. Quando incontra storie interessanti sente il bisogno di raccontarle. Ha realizzato insieme a Mary Nicotra Tdor a Torino (Italy, 2008), VisibiLes (2004), Do it (Italy, 1989). Elena Vaccarino, giornalista, ha realizzato Vaniglia&Cioccolato: testimonianza di imprenditrici straniere (2012). Ingresso gratuito con green pass obbligatorio.

Con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Direzione generale Cinema e audiovisivo-Ministero della Cultura, Pontificio Consiglio della Cultura, Regione Liguria, Società Dante Alighieri-Comitato di Cipro, Diocesi di Ventimiglia e Sanremo, Provincia di Imperia, Città di Bordighera, S.I.A.E., Genova Liguria Film Commission, CONADI. Con il contributo di Direzione Generale Cinema e audiovisivo-Ministero della Cultura, Regione Liguria e Città di Bordighera. Partner, Skull Joke Productions e ZuccherArte. I premi sono offerti da Presidenza Camera dei Deputati, Presidenza del Senato, Genova Liguria Film Commission, Città di Bordighera, CONADI.

Ponente International Film Festival nasce nel 2015, dopo un percorso che ha portato l’organizzatore — l’Associazione Culturale Decima Musa — dalle prime rassegne dedicate ai musical fino al 2014, a sperimentarsi con Mediterraneo, un festival/rassegna dedicato alle produzioni del bacino dell’omonimo mare, proiettando film prodotti da soggetti europei, nord africani, mediorientali e balcanici. Dopo aver cambiato nome, Ponente Film Fest, per ampliare quanto già fatto con Mediterraneo, il Festival ha applicato lo stesso stile e sguardo degli anni passati, ma con l’intenzione di strutturare meglio la proposta su tappe annuali, e importante è la volontà di coinvolgere il territorio del Ponente Ligure con questa iniziativa. Oggi, ormai collaudati anche nella priorità dedicata al pubblico più giovane, ci ripresentiamo con tanto entusiasmo.