tuffo nel passato |
Altre News
/
Sanremo
/

Sanremo, Giovanni Asquasciati fu sindaco dal 1951 al 1959: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

30 ottobre 2021 | 06:18
Share0
Sanremo, Giovanni Asquasciati fu sindaco dal 1951 al 1959: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Periodo storico in cui fu inaugurata la nuova stazione delle autolinee di piazza Colombo e venne annessa al Comune di Sanremo la frazione di Coldirodi

Sanremo. Il consueto appuntamento settimanale con lo storico Andrea Gandolfo sulla storia locale questa volta è dedicato agli anni del mandato, come sindaco di Sanremo, di Giovanni Asquasciati, in cui, tra l’altro, fu inaugurata la nuova stazione delle autolinee di piazza Colombo e venne annessa al Comune di Sanremo la frazione di Coldirodi.

Ecco quindi il racconto dello storico sanremese Andrea Gandolfo sulla storia di Sanremo tra il 1951 e il 1959: «Nel maggio 1951 si tennero le elezioni amministrative che sancirono ancora una volta la vittoria della lista democristiana, il cui esponente di spicco Giovanni Asquasciati, già vice sindaco nell’Amministrazione Gismondi, ottenne il maggior numero di voti preferenziali con 1.403 preferenze su 21.841 votanti. Alla tornata elettorale si erano anche presentati i floricoltori con una loro lista chiamata «Sole e Fiori», che ottenne una buona affermazione con 1.859 voti. Il nuovo Consiglio elesse allora sindaco Asquasciati, che costituì una Giunta formata dagli assessori effettivi Elena, Parodi, Eraldo Cugge, Francesco Bronda, Gentilini, e Adriano Morosetti, e dagli assessori supplenti Carboni, Gaglio e Viale. Durante i primi mesi dell’Amministrazione Asquasciati venne portato avanti l’iter dei lavori, divisi in sei lotti, per la ricostruzione di piazza Colombo, che poi la Giunta Asquasciati avrebbe trasformato in solettone, che, per anni, sarebbe stato adibito ad autoparcheggio nella parte alta e ad autostazione per i pullman nella parte bassa. Alla fine del 1951 l’Amministrazione comunale nominò inoltre una Commissione per la redazione di un regolamento edilizio aggiornato secondo le ultime tendenze urbanistiche, il quale potesse costituire un argine alle numerose costruzioni che stavano sorgendo un po’ ovunque in modo disordinato per la mancanza di un piano regolatore. Relatore della Commissione venne allora nominato l’ingegner Morando, che, dopo due anni di intenso lavoro, portò a termine il testo del regolamento, che venne allora inviato a Roma presso il ministero dei Lavori, che il 1° aprile 1953 lo avrebbe quindi restituito al Comune praticamente approvato in tutte le sue parti.

Intanto si consumò un’altra tragedia legata al Casinò: il 19 febbraio 1952, infatti, alcuni giorni dopo la seconda edizione del Festival, il gestore della Casa da Gioco sanremese Pier Busseti si suicidò a Roma sparandosi un colpo di pistola alla testa. Le cause del suicidio rimasero sconosciute, anche se negli ultimi tempi, e soprattutto dopo l’invenzione della gara canora, Busseti aveva duramente contestato alcuni amministratori comunali, che erano stati accusati dal gestore del Casinò di essere delle persone sprovvedute e retrograde. Dopo la morte di Busseti, la gestione della Casa da Gioco venne affidata all’industriale milanese Rinaldo Masseroni. Nel febbraio 1953 l’Amministrazione comunale decise inoltre di gemellare Sanremo con la città danese di Helsinore, la patria di Amleto. La cerimonia ufficiale del gemellaggio, che in un primo momento si preferì chiamarlo patto di fratellanza, si tenne quindi in Danimarca alla presenza delle autorità danesi e di alcuni assessori e consiglieri sanremesi delegati dal sindaco Asquasciati a rappresentare il Comune. Intanto continuava l’abnorme sviluppo edilizio della città, la cui marcia inarrestabile era favorita in tutti i modi dall’assessore ai lavori pubblici e all’edilizia privata ingegner Parodi, mentre l’Amministrazione comunale preventivava la costruzione del nuovo mercato ortofrutticolo al posto della collinetta ai piedi di via Martiri della Libertà e della funivia ad un costo complessivo di 800 milioni. Di fronte al proliferare disordinato di centinaia di nuove costruzioni la Giunta Asquasciati non seppe tuttavia contrapporre un adeguato piano regolatore in grado di disciplinare questa smisurata crescita edilizia, che si realizzò senza alcuna programmazione e portò alla costruzione di decine e decine di palazzi e condomini in via Martiri della Libertà, via Pietro Agosti, nel centro del Parco Marsaglia e in quello delle Magnolie, che rappresentano il segno tangibile della speculazione edilizia verificatasi a Sanremo a partire dai primi anni Cinquanta. E tutto ciò nonostante il ministero dei Lavori pubblici avesse imposto al Comune di Sanremo nel 1953 di redigere un nuovo piano regolatore urbano, che, reso esecutivo nel 1957 in seguito all’approvazione ministeriale, non sarebbe stato messo in pratica rimanendo di fatto soltanto allo stadio progettuale. Il 9 novembre 1954 si tenne a Palazzo Comunale l’asta pubblica per l’aggiudicazione della gestione del Casinò, che venne vinta dall’industriale milanese Masseroni, che dopo aver rilevato la direzione della Casa da Gioco dopo la tragica scomparsa di Busseti, aveva fatto valere il suo diritto di prelazione offrendo ben il 73,01% degli incassi lordi al Comune. Masseroni iniziò allora la gestione del Casinò coadiuvato da validi collaboratori, quali il funzionario di banca Diomede Turitto, Tagliabue e Angelo Amato.

Nei primi anni Cinquanta il governo aveva inoltre varato il cosiddetto piano azzurro, che prevedeva ingenti stanziamenti pubblici per i porti italiani, tra i quali anche quello di Sanremo. Il sindaco Asquasciati convocò allora in Comune gli esponenti degli enti interessati alla zona portuale riferendo loro che la pratica del porto, già impostata nel 1950 e attentamente seguita dai parlamentari locali, aveva indotto il ministro della Marina Mercantile Cappa a classificare il porto sanremese tra quelli di «notevole interesse turistico». In base a questo riconoscimento il sottosegretario ai Lavori pubblici aveva comunicato al Comune di Sanremo che erano stati stanziati ben 190 milioni da destinarsi per un primo lotto di lavori all’area portuale che comprendevano il prolungamento del molo di ponente di almeno 100 metri e il ripascimento di gran parte della scogliera esterna. L’Amministrazione comunale avrebbe poi dovuto partecipare alla spesa con la somma di 50 milioni da ripartirsi in due annualità finanziarie. Il Genio Civile delle Opere Marittime, presieduto dall’ingegner Attilio Natale, era inoltre già stato incaricato di redigere il progetto esecutivo dell’opera che prevedeva, una volta terminati i lavori, il prolungamento di 350 metri del molo sud con una lieve deviazione a terra e l’allungamento di 250 metri del molo nord. Per reperire i fondi necessari a sovvenzionare i lavori, l’Amministrazione civica promosse anche una sottoscrizione popolare che raccolse più di dieci milioni di lire, oltre a 2.000 firme di cittadini interessati a patrocinare l’impresa. Nel settembre 1955 vennero quindi eseguiti i lavori di ripascimento alla scogliera da parte delle Opere Marittime per una spesa di 5 milioni, mentre il mese successivo sarebbero stati finalmente appaltati i lavori per il primo lotto all’Impresa SILBI di Roma, che venne incontro al Comune praticando lo sconto del 23,89% sulla cifra base di 190 milioni e impegnandosi a terminare i lavori entro diciotto mesi a partire dal mese di novembre. La spesa per il primo lotto venne poi ripartita in due quote, una di 140 milioni a carico dello Stato e l’altra di 50 a carico del Comune di Sanremo. Nel corso dei mesi successivi furono portati a termine 100 metri di prolungamento completo della fondazione alle opere fuori acqua e 100 metri di banchinamento nella parte finale del molo già esistente. Nel 1957 si procedette all’appalto di un secondo lotto di lavori sempre all’impresa Silbi per un importo di 60 milioni di lire, dei quali 15 furono corrisposti dal Comune. Vennero allora eseguiti 37 metri di prolungamento del molo di ponente secondo le direttive del ministero dei Lavori pubblici, che aveva prescritto di realizzare l’opera in tutte le sue parti per ciascuno dei lotti.

L’8 marzo 1956, intanto, dopo tre anni di lavori, era stata inaugurata, alla presenza del ministro dei Trasporti Angelini, la stazione delle autolinee di piazza Colombo, un’importante opera pubblica fortemente voluta dal sindaco Asquasciati e costata complessivamente 230 milioni; il 21 dello stesso mese avvenne invece l’annessione al Comune di Sanremo del paese di Coldirodi, allora dipendente da Ospedaletti, che divenne così una nuova frazione della città matuziana, in esecuzione del decreto emanato dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Nel successivo mese di maggio si tenne invece una nuova tornata elettorale, che vide nuovamente l’affermazione della DC, e in particolare del sindaco Asquasciati, che ottenne ben 3826 preferenze, seguito subito dopo dall’avvocato Nino Bobba, capolista di una lista indipendente chiamata Campanile. Quest’ultima aveva conseguito un notevole successo con ben nove consiglieri comunali eletti contro i sedici democristiani e i cinque comunisti. Dopo il responso delle urne appariva chiaro come gli indipendenti costituissero l’ago della bilancia per formare una solida maggioranza in Consiglio Comunale e iniziarono allora delle trattative tra la DC e il Campanile per trovare un accordo. Fallito il tentativo di pervenire ad un accordo con gli indipendenti, i democristiani furono allora costretti a varare una Giunta di minoranza composta solamente da esponenti del loro partito, appoggiati dall’esterno dai socialdemocratici e dai missini, che avevano formato il Blocco Democratico. Il 27 giugno venne infine confermato sindaco Asquasciati, mentre gli indipendenti del Campanile abbandonavano l’aula consiliare in segno di protesta. La nuova Giunta, presieduta da Asquasciati, che assunse anche l’incarico di assessore al Turismo, risultò quindi formata da Sebastiano Elena, in qualità di vice sindaco e assessore alla Floricoltura, Guido Pancotti ai Lavori pubblici, Francesco Bronda all’Igiene e Sanità, Francesco Viale al Lavoro e Frazioni, Eraldo Cugge alle Finanze, Francesco Fusaro al Contenzioso, Giorgio Baldi al Patrimonio, Igino De Mori alla Polizia Urbana.

Il 17 dicembre del ’56 un gruppo di sanremesi, riuniti presso la Biblioteca Civica di via Morardo, posero le basi per la costituzione della Famija Sanremasca, che, nelle intenzioni dei promotori, avrebbe dovuto essere formata da due sezioni: una per gli studi storici, gli usi e i costumi, e l’altra per le manifestazioni folcloristiche. Il comitato promotore del nuovo sodalizio risultava costituito tra gli altri da Stefano Canepa, Giorgio Baldi, Arturo Bacherini, Franco Forneris, Emilio Bosso, Giuseppe Ferrari, Mario Feroldi, Antonio Moretti, Antonio Maccario, Mario Carasi e Iolanda Lazzarini. Il 15 aprile 1957 venne redatto l’atto costitutivo del sodalizio alla presenza del notaio Giacomo Birone. Primo presidente della Famija Sanremasca sarebbe stato Giuseppe Ferrari e vice presidenti Franco Forneris ed Ersilio Bosso. Intanto, mentre circolavano voci di una possibile fusione con i socialisti, i socialdemocratici ritirarono il loro appoggio esterno alla Giunta Asquasciati, che comunque resistette ancora, fino a quando, il 25 luglio 1957, si ebbe un rimpasto di governo con l’ingresso in maggioranza dei consiglieri indipendenti del Campanile. La nuova Giunta che ne scaturì risultò composta dal sindaco Giovanni Asquasciati, Guido Pancotti, vice sindaco e assessore ai Lavori pubblici, Eraldo Cugge alle Finanze, Carlo Bensa al Contenzioso, Paride Goya al Demanio e Attrezzature Turistiche, Angelo Trovati all’Annona, Vincenzo De Mori alla Viabilità, e Francesco Bronda all’Igiene. Prima del rimpasto si era dimesso a sorpresa, nel mese di marzo, l’assessore al Turismo Adriano Morosetti a causa della decisione della Giunta di spendere 18 milioni per costruire al centro del parco Marsaglia un auditorio musicale. Il 28 marzo del ’57, inoltre, il Consiglio comunale aveva anche approvato una nuova convenzione con l’Ata la società che gestiva il Casinò ed era diretta da Masseroni, la cui gestione, secondo le intenzioni degli amministratori comunali, sarebbe dovuta proseguire fino al 9 aprile 1964. Il 24 novembre successivo, però, Masseroni scomparve inaspettatamente colpito da un infarto. L’Amministrazione comunale decise allora di rinnovare la fiducia all’Ata, che fu però affidata all’avvocato Achille Cajafa.

Nel corso del 1958 si incrinarono ulteriormente i rapporti tra la Dc e il Campanile, che, in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione annuale, lanciò un vero e proprio ultimatum chiedendo di includere nel documento le pratiche riguardanti il mercato dei fiori, i bagni Imperatrice, una diversa sistemazione delle carceri di Santa Tecla, l’ospedale e le strade. Nel maggio del ’58 il Consiglio comunale, tenuto in piedi tra difficoltà sempre maggiori, approvò quindi il progetto per il nuovo mercato dei fiori nel parco delle Carmelitane in corso Cavallotti, che però non sarebbe mai stato realizzato a causa delle pressioni di tutti quelli che erano favorevoli alla salvezza del giardino. Il 15 gennaio 1959 l’avvocato Cajafa morì a Serravalle Scrivia in un incidente stradale e venne sostituito al vertice dell’Ata dall’avvocato Luigi Bertolini, che prima gestiva il ristorante del Casinò. Sempre nel mese di gennaio del ’59 l’Ufficio Anagrafe del Comune venne dotato di un moderno impianto meccanografico destinato a snellire la trascrizione degli iscritti nei registri della popolazione. In marzo l’assessore al Patrimonio Giorgio Baldi, per una serie di contrasti sorti con la maggioranza e con quelli del Campanile, rassegnò le dimissioni. La polemica che aveva indotto Baldi alle dimissioni era stata determinata in particolare dalle condizioni imposte dagli indipendenti sul mercato dei fiori, la ferrovia a monte e il risanamento della Pigna. Ne derivò che tutti i gruppi di minoranza si accordarono con gli indipendenti del Campanile designando come nuovo sindaco l’avvocato Carlo Bensa. Proprio in quel periodo il sindaco Asquasciati si trovava ad Helsinore in Danimarca per partecipare ai festeggiamenti per il gemellaggio della città danese con Sanremo. Al suo ritorno egli dovette constatare come praticamente la poltrona di sindaco gli fosse stata sottratta, ma, nonostante tutto, non rassegnò le dimissioni dalla sua carica. Il 23 agosto 1959, però, Asquasciati dovette cedere di fronte al mutamento degli equilibri politici cittadini e mise a disposizione il suo mandato davanti al Consiglio comunale, che ne accettò le dimissioni.Il 30 agosto venne quindi eletto sindaco non più l’indipendente Bensa, ma l’avvocato e senatore socialdemocratico Secondo Anfossi, che avrebbe potuto contare sulla ridottissima maggioranza di ventuno consiglieri su quaranta».