Condanna definitiva a 7 anni, torna in carcere Giovanni Ingrasciotta
Per tentata estorsione ai danni di una anziana di Ospedaletti, fabbricazione, detenzione e porto d’armi da guerra (molotov) ed incendio
Sanremo. Torna in carcere Giovanni Ingrasciotta: l’ex imprenditore della “Coffee Time” e collaboratore di giustizia in alcuni processi contro la mafia nel Trapanese, è stato arrestato ieri dai carabinieri della compagnia di Sanremo, al comando del tenente Sebastiano Meloni, che lo hanno condotto in carcere dove dovrà scontare la condanna, divenuta definitiva, a sette anni di reclusione per: tentata estorsione ai danni di una anziana di Ospedaletti, fabbricazione, detenzione e porto d’armi da guerra (molotov) ed incendio. Reati per i quali Ingrasciotta era stato condannato in primo grado dal tribunale collegiale di Imperia a 7 anni e 5 mesi di reclusione il 21 gennaio del 2020. L’ex imprenditore, invece, era stato assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di estorsione ai danni dei dentisti Roberto e Filippo Bistolfi di Ventimiglia.
I fatti nel 2016. Secondo la tesi accusatoria, Ingrasciotta in concorso con l’avvocato Riccardo Volanti e con Tiziano Bencivenni (braccio destro di Ingrasciotta. I due hanno patteggiato rispettivamente 5 e 4 anni di carcere, ndr) avrebbe tentato un’estorsione ai danni di un’anziana donna, all’epoca dei fatti residente in via Termini a Ospedaletti, al fine di farla allontanare dall’alloggio al primo piano di una villa di proprietà dell’Arte, oggetto di una compravendita che, se fosse andata a buon fine, avrebbe fatto guadagnare diverse decine di migliaia di euro all’avvocato.
Prima lo sversamento di amianto, allo scopo di ‘inquinare’ il terreno adiacente all’immobile con la speranza che l’Asl lo dichiarasse inagibile. Poi tre incendi, avvenuti rispettivamente il 31 marzo, il 26 aprile e il 1 maggio, che avrebbero dovuto spaventare l’inquilina e danneggiare l’abitazione. Nel corso dell’esame dell’imputato, Ingrasciotta aveva dichiarato di aver più volte ribadito a Bencivenni e Volanti la sua contrarietà all’attentato incendiario (l’ultimo dei quali avvenuto con il lancio di una molotov) perché «temevo per la signora che poteva rimanere ferita». Nonostante questo, aveva aggiunto: «Mi sento moralmente responsabile». A differenza di quanto dichiarato negli interrogatori precedenti, l’imputato ha negato di aver chiesto all’avvocato Volanti la somma di 5mila euro per aiutarlo nell’impresa.
Ad un certo punto, però, non avendo ottenuto il risultato sperato, Riccardo Volanti non paga nulla e si rende irreperibile. Ingrasciotta dichiara di aver tentato più volte di contattarlo telefonicamente e di essersi recato anche ad Albenga nel suo studio, senza trovarlo. A quel punto – racconta – decide di rivolgersi ai dentisti Bistolfi, con studio a Ventimiglia, sapendo che conoscevano l’avvocato. Secondo la pubblica accusa, l’imputato avrebbe estorto 4mila euro ai professionisti, mentre Ingrasciotta (difeso dall’avvocato Giulio Bettazzi) in aula si è difeso: «Volevo solo chiedere a Roberto Bistolfi di aiutarmi a trovare Volanti. Poi ho alzato i toni, ho usato espressioni forti dicendo che sarei andato ad Albenga a fare casino nello studio di Volanti, che gli avrei tirato un pugno in faccia, ma solo perché ero incavolato che mi doveva 10mila euro e non si faceva trovare». Alla fine, secondo Ingrasciotta, Bistolfi si sarebbe offerto di dargli del denaro per evitare problemi all’amico: «Ma di sua volontà, perché io non gliel’ho chiesto».