Il sindaco di Rezzo Renato Adorno: «Chiediamo solo di poter vivere dignitosamente il nostro territorio»
Dopo le alluvioni del 2019 e del 2020 che hanno cambiato il volto del borgo di Cenova
Rezzo. Due alluvioni consecutive, nel 2019 e nel 2020 hanno condannato la frazione di Cenova, nel Comune di Rezzo, all’isolamento. Un fiume d’acqua e fango ha travolto metà dell’abitato distruggendo abitazioni e parte del patrimonio storico, come l’antico oratorio del ‘500 di cui rimangono in piedi solo la facciata anteriore e posteriore.
«In più di cinquant’anni di vita non avevo mai visto qui nulla di simile», aveva dichiarato il 4 ottobre 2020, a pochi giorni dall’ultima alluvione il sindaco Renato Adorno.
Un altro anno è passato. Cenova è ancora così. E’ di ieri la notizia dell’arrivo di un finanziamento di 250mila euro. «Praticamente – spiega Adorno – dall’alluvione del 2 e 3 ottobre 2020 lo Stato aveva fatto firmato lo stato di calamità, ma non aveva ancora dato nessuna tranche dei soldi soldi per ripartire, non soltanto per il Comune di Rezzo, ma per tutta la comunità e la valle Arroscia. In settimana, ci siamo visti con il presidente della Provincia Domenico Abbo, si è pensato di fare una lettera accorata e, proprio oggi, il presidente ha fatto sapere che siamo andati in firma con la prima tranche di finanziamento. Quindi il Comune riceverà un contributo per le somme urgenze».
Cosa è stato fatto fino ad oggi?
«Le somme urgenze sono state tutte messe in cantiere e si sta lavorando alacremente. Il problema è che noi è soltanto come comune di Rezzo abbiamo più di 3 milioni di danni e più di un milione e 800mila euro di somme urgenze. Capite bene che per il bilancio comunale senza un aiuto nazionale è veramente impossibile portare a termine tutto quello che che necessita. Anche perché l’alluvione 2020 rispetto all’ alluvione 2019 ha colpito interamente tutto l’abitato di Rezzo, ha colpito sia Cenova portando distruzione anche tante prime case con gravi danni per le persone che abitano al nostro territorio, ma ha colpito anche la Lavina e ha colpito pesantemente anche Rezzo capoluogo, quindi con questi fondi andremo a incominciare a saldare alcune fatture di lavori che sono già stati portati addirittura a termine».
Ci può dire come si può convivere con le conseguenze di due alluvioni?
«Noi dal 2019 abbiamo ancora cinque famiglie sfollate, cinque famiglie che stanno fuori casa con tutto l’aiuto che comunque il Comune e lo Stato possono dare, e comunque, pur continuando noi a pagare l’assistenza e quant’altro, non è mai come stare nella propria casa, soprattutto quando la propria casa non esiste più. Ed è quello che è accaduto a ottobre 2020 quando alcune case sono inghiottite dal fango. Quindi dovremmo pensare oltre al patrimonio pubblico a dare un’adeguata possibilità di vita nel nostro territorio a queste famiglie colpite».
Tra l’altro era anche sorto un albergo per l’accoglienza in questa bellissima valle…
«Assolutamente sì, abbiamo un albergo 3 stelle che è chiuso da ormai un anno e mezzo i cui titolari avrebbero voglia di riaprire, anche se poi con le pandemie è un po’ un problema nel problema. Ma in questa situazione dove non si riesce a dare una data certa, non è facile. Devo dire che oltre alle estreme urgenze noi siamo andati anche a bussare alla porta della dello Stato centrale e abbiamo ottenuto un finanziamento da parte del Ministero degli interni di circa mezzo milione di euro che servirà, comunque, sempre per Cenova per la prima emergenza sicuramente, dando la possibilità, a breve di risolvere un altro problema sempre legato alla frana».
I tempi?
«I tempi è difficile a dirsi, ritornare esattamente come eravamo prima temo sia impossibile. Impossibile perché soprattutto il patrimonio artistico verrà recuperato ma non verrà recuperato quello del 1500. Qui è cambiato tutto, è cambiata la morfologia, è cambiato il territorio, è cambiata qualsiasi cosa. Quello che noi chiediamo fortemente è che ci venga data la possibilità di vivere dignitosamente i nostri territori. Non vogliamo niente di più, ci siamo rimboccati le maniche dal primo giorno e stiamo portando avanti la nostra vita. Però noi chiediamo di andare avanti, di non fermarci ma di proseguire. Devo dire che la Provincia di Imperia, la Regione Liguria e anche i parlamentari liguri in questo periodo sono stati molto molto vicini al territorio e di questo li ringrazio veramente tanto».
La signora Magritte insieme al marito Luigi Negro gestiva l’albergo di Cenova. La coppia nella notte del del 24 novembre 2019 si trovava proprio nella struttura «Ci hanno chiamati, siamo scappati e siamo stati ancora fortunati ad essere riusciti a scendere in auto», ricorda la donna. «Vorrei riaprire per mia figlia, noi potremmo dare una mano ma siamo ancora in zona rossa -prosegue Magritte.- Purtroppo tutta Cenova non si potrà recuperare. Venga la tragedia e le case che non ci sono più con un cartello e un piccolo giardino».
Anche Luigi, il marito vorrebbe tornare a gestire il suo albergo. «Allora nacque per favorire lo sviluppo del paese. Dopo tutta questo disastro, però è chiuso e le case non si vendono più per il momento per via della frana. In molto hanno rinunciato, speriamo che le cose cose vadano meglio, cioè lavoriamo per quello. Però passano anche gli anni. Io non voglio rinunciare, vorrei poter fermare il tempo».