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Ingresso di Amat in Rivieracqua, Sinistra Italiana: «No ai privati nel consorzio pubblico»

8 febbraio 2021 | 12:41
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Ingresso di Amat in Rivieracqua, Sinistra Italiana: «No ai privati nel consorzio pubblico»

«Sarebbe una scelta contro gli interessi degli imperiesi», sottolinea Lucio Sardi

Imperia. «L’avvenuto passaggio degli impianti e della struttura aziendale di Amat in Rivieracqua è l’ultimo tassello del percorso tardivo e accidentato di riordino del sistema idrico integrato della nostra provincia. Un passaggio che, con anni di ritardo, consente di dare il via ad una gestione unica di ambito provinciale di un servizio pubblico fondamentale, su cui i cittadini italiani col referendum sull’acqua pubblica si sono espressi con chiarezza per sottrarlo alle logiche del mercato e del profitto», lo scrive in una nota Lucio Sardi di Sinistra Italiana.

Sulla vicenda travagliata del gestore unico Rivieracqua la politica locale ed in particolare il centrodestra imperiese ha avuto enormi responsabilità, perché è stata sempre poco interessata a rispettare l’esito del referendum che chiedeva la costruzione di un efficiente sistema pubblico di gestione del servizio, ma molto più attenta alla logica spartitoria che ha guidato la scelta di amministratori che hanno portato Rivieracqua ad un passo dal fallimento.

I costi di quella scellerata gestione politica incombono ancora in termini di inefficienze dei servizi e di costi a cui i cittadini imperiesi saranno chiamati a far fronte con probabili aumenti delle tariffe, proprio come già sperimentato col servizio di raccolta dei rifiuti. Questo perché, come avviene per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, anche per il servizio idrico integrato le tariffe pagate dai cittadini devono coprire tutti i costi del servizio, compresi quelli causati dalla politica.

Nella “cerimonia” imbastita in Comune per sancire il passaggio di testimone della gestione del servizio idrico cittadino da Amat a Rivieracqua, il sindaco Claudio  Scajola ha però annunciato la sua “ricetta” per mettere in ordine ed in sicurezza il gestore unico, ovvero l’ingresso dei privati in Rivieracqua. Peccato che sia stata proprio questa ricetta, applicata negli anni Novanta ad Amat con la cessione di parte del suo capitale ai privati, a trasformare quel patrimonio cittadino in un ibrido pubblico-privato che gli ha impedito, proprio per questa ragione, di partecipare da subito e con una posizione di forza al nuovo gestore pubblico del servizio idrico integrato provinciale.

Quella operazione di privatizzazione, esattamente nella stessa modalità che oggi Scajola ripropone per Rivieracqua, non ha però portato nessun investimento o maggiore efficienza in Amat che invece, proprio da allora, è entrata in una crisi finanziaria che ha finito per coinvolgere il Comune con il mancato riversamento
all’ente dei canoni di depurazione incassati con le bollette.

Proprio grazie a quella miope scelta oggi i cittadini imperiesi dovranno peraltro farsi carico, tramite Rivieracqua, dell’onere per rifondere il socio privato per la propria quota del valore degli impianti oggi conferiti da Amat, patrimonio che alla cerimonia di passaggio Scajola ha definito “proprietà storica degli imperiesi”, dimenticando però di dire che li aveva già svenduti anni fa.

Il classico esempio di privatizzazione del patrimonio pubblico contro l’interesse pubblico di cui il centro destra Scajolano è maestro, come già sperimentato nei casi di EcoImperia che era partecipata dai proprietari della discarica di Ponticelli, o dell’operazione Porto di Imperia-Acquamare.

Il percorso di messa in sicurezza infrastrutturale e finanziaria del servizio idrico integrato della nostra provincia è sicuramente ancora lontano dal realizzarsi, ma l’idea di riproporre lo schema della partecipazione “minoritaria” al capitale di Rivieracqua di soci privati per “garantire gli investimenti”, oltre a non rispettare la scelta per l’acqua pubblica, va contro gli interessi degli imperiesi.

Nessun socio privato avrebbe infatti interesse a investire risorse senza una prospettiva di rientro del capitale e realizzo di un profitto. La norma che regola la determinazione della tariffa del servizio idrico prevede
che questa debba coprire i costi di gestione, gli investimenti e garantire anche un margine di profitto al soggetto gestore, margine che ad oggi lo statuto di Rivieracqua, impone che sia reinvestito per migliorare il servizio.

L’ingresso di un socio privato nella società di gestione non garantirà quindi in alcun modo che questa apporti le risorse finanziarie utili a coprire i necessari investimenti per il piano di rinnovo degli impianti, che sono invece certamente recuperabili sul mercato finanziario anche da un soggetto interamente pubblico data la garanzia di copertura che la tariffa offre.

L’unica cosa certa che garantirebbe l’ingresso dei privati in Rivieracqua è invece che verrebbe a cadere l’obbligo, oggi presente nel suo statuto, di destinare gli utili di bilancio per investimenti nel servizio o per tagli delle tariffe, trovandoci così di fronte al solito schema di commistione tra pubblico e privato che ha sempre danneggiato l’interesse della collettività.

Il completamento del percorso di affidamento al gestore unico provinciale del servizio idrico integrato necessita invece della costruzione di un piano di investimenti, attingendo anche a risorse pubbliche straordinarie, che rimetta al centro la qualità del servizio idrico e del ciclo di depurazione delle acque e che risolva le attuali criticità, piano che solo una visione e gestione pubblica può garantire».