Coronavirus, insegnante a Ventimiglia, ma residente in Francia: l’Asl gli nega il vaccino per i frontalieri

25 febbraio 2021 | 07:30
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Coronavirus, insegnante a Ventimiglia, ma residente in Francia: l’Asl gli nega il vaccino per i frontalieri

L’uomo, immunodepresso per terapia anti rigetto dopo un trapianto di cuore, è regolarmente iscritto al Sistema Sanitario Nazionale

Ventimiglia. Ad un insegnante italiano di 62 anni, qualche anno fa sottoposto a trapianto di cuore, è stato negato il vaccino riservato ai lavoratori trasfrontalieri. Il motivo? Per l’Asl1 è un frontaliere “al contrario” in quanto residente in Francia, a Mentone, che ogni giorno si reca a Ventimiglia a scuola. E’ l’incredibile e surreale vicenda capitata a Marco D’Ottavi, docente presso le scuole elementari dell’Istituto Comprensivo Biancheri della città di confine.

Così come i suoi colleghi frontalieri, D’Ottavi, regolarmente iscritto al Sistema Sanitario Nazionale in Italia, ogni giorno supera il confine per recarsi al lavoro e ogni sera rientra a casa, a Mentone, dove risiede con la famiglia. La sua “colpa”, almeno secondo l’azienda sanitaria, è quella di percorrere la frontiera in direzione inversa rispetto a quella di migliaia di lavoratori che da Ventimiglia e altre zone di confine ogni giorno si recano in Francia o nel Principato di Monaco per raggiungere il proprio lavoro.

«Ho ascoltato con grande attenzione sul vostro giornale l’intervista al direttore generale dell’Asl1 Silvio Falco in cui affermava che i frontalieri avrebbero avuto una via preferenziale per il vaccino e la notizia mi ha positivamente colpito – racconta D’Ottavi – Così martedì 16 febbraio ho aderito alla campagna di vaccinazione Covid indirizzata ai lavoratori transfrontalieri». Ma proprio nel compilare il modulo richiesto per la prenotazione, l’insegnante incontra il primo scoglio: «Viene chiesto di indicare la propria residenza in Italia, ma io abito a Mentone dove mia moglie è direttrice di una scuola. Questo il motivo per cui viviamo nell’appartamento di servizio in uso ai funzionari di Stato, altrimenti saremmo andati a cercare una sistemazione in Italia», dichiara.

Senza nascondere nulla della sua situazione, il docente compila il formulario e invia la richiesta. Ma l’ufficio frontalieri, che legge per conoscenza la mail, replica che la specifica posizione di frontaliero di D’Ottavi non rientra nelle disponibilità attuali per la somministrazione del vaccino.

«Mi sembra una discriminazione, anche io sono un lavoratore frontaliero italiano», dice l’insegnante, che tra l’altro insegna «in una classe di 28 bambini, sono medicalmente immunodepresso per terapia anti rigetto per trapianto d’organo e dunque la vaccinazione nel mio caso oltre a proteggere me, costituisce anche un’indubbia garanzia per i miei alunni, per i loro familiari e per l’ambiente sociale dove lavoro».

D’Ottavi non si è arreso e, dopo aver ricevuto risposta negativa per il vaccino ha inviato una mail direttamente al direttore generale Silvio Falco.

Considerando, tra l’altro, che la percentuale dei lavoratori frontalieri residenti in Italia che ha aderito alla campagna è piuttosto bassa, non si capisce perché al docente (e ad altri suoi colleghi nella stessa identica situazione) sia stato negato il vaccino.

Da parte sua l’Asl1, interpellata sul caso di D’Ottavi, ha fatto sapere che valuterà se ci sono gli estremi per fare il vaccino.