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Accusato di essere un falso invalido, Oscar Capossela si racconta: «Il dolore è troppo e rimarrà sempre»

10 febbraio 2021 | 15:57
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Quello che resta di buono, di una storia che di buono non ha nulla, è la consapevolezza di poter essere da esempio per chi soffre e combatte battaglie durissime, come la sua

Imperia. «Il dolore è troppo, e rimarrà sempre». Lo dice con gli occhi lucidi, Oscar Capossela, 47 anni di Bordighera, che dopo essere stato vittima di un grave incidente stradale che gli ha portato via l’uso delle gambe, ha dovuto subire anche la cattiveria di sentirsi accusato di essere un falso invalido.

Una storia paradossale, quella di Oscar, che inizia nel 2005, quando l’uomo in sella ad uno scooter viene travolto da un’auto pirata mentre si reca al lavoro. Un incidente che, come dimostrato dalla documentazione sanitaria prodotta, gli provoca una paraplegia agli arti inferiori. L’uomo viene riconosciuto vittima di infortunio sul lavoro.

Ma la seconda “batosta”, quella che forse fa ancora più male, arriva nel 2013 quando tre donne sporgono denuncia contro Capossela: «Non è vero che è invalido», dicono. Raccontano di averlo visto camminare, addirittura correre, insieme al figlio, all’epoca un ragazzino. Scattano le indagini, l’uomo viene rinviato a giudizio e, contro ogni possibile aspettativa, nel giugno del 2016 il Tribunale di Imperia lo condanna in primo grado a 2 anni e 6 mesi di carcere per falso e truffa. Un’accusa gravissima.

«Una sofferenza enorme, una lacerazione interna che penso mi rimarrà a vita – dice – Non esisterà nessun risarcimento che possa farmi tornare come prima».

La sentenza viene poi ribaltata in Appello, con l’assoluzione piena, confermata anche dalla Suprema Corte di Cassazione che nell’estate del 2020 si pronuncia, accogliendo in toto la sentenza di assoluzione del secondo grado di giudizio.

Ma se un iter giudiziario durato otto anni già da solo non bastasse a piegare un uomo, seppur forte della propria innocenza, Oscar è vittima anche della burocrazia: nonostante il dissequestro di un appartamento e dei conti correnti (avvenuto con l’assoluzione), il 47enne ancora oggi non percepisce più la pensione di invalidità che gli spetta di diritto. «Ci dovrebbe essere una riforma giudiziaria – spiega – Perché pur vincendo in Cassazione formula piena e assoluta, è assurdo non ricevere in automatico la pensione, gli arretrati e tutto quello che mi spetta dall’Inail». 

Quello che resta di buono, di una storia che di buono non ha nulla, è la consapevolezza di poter essere da esempio per chi soffre e combatte battaglie durissime, come la sua: «Il bene sconfiggerà sempre il male – conclude – Sto continuando a combattere e combatterò sempre tutta la vita a testa alta, ma anche per coloro che forse al posto mio non ce l’avrebbero fatta. E chissà quanta gente al posto mio sta soffrendo e magari non ha la forza di arrivare fin dove sono arrivato io».