Il giallo

Omicidio a Ventimiglia, svolta nell’inchiesta: a uccidere Fedele tre colpi esplosi dalla stessa arma

Riesame boccia richiesta di togliere aggravante mafiosa. Avvocato di Domenico Pellegrino annuncia ricorso in Cassazione

Probabile omicidio Ventimiglia

Ventimiglia. Sono stati esplosi dalla stessa pistola i tre proiettili che hanno ucciso Joseph Fedele, il 60enne italo-francese, ristoratore con numerosi precedenti di droga, il cui corpo è stato trovato il 21 ottobre scorso in un fossato in località Calvo, a Ventimiglia, dove era stato gettato almeno un mese prima.

Il nuovo dettaglio sulle indagini per omicidio che hanno portato in carcere il presunto killer, reo confesso, Domenico Pellegrino, 23 anni, è emerso nell’udienza che si è svolta oggi davanti al giudice del Tribunale del Riesame che ha rigettato la richiesta del legale di Pellegrino, l’avvocato Luca Ritzu, di levare dai capi d’accusa l’aggravante mafiosa contestata all’omicida.

Nella perizia balistica «sui reperti rinvenuti nel corso dell’autopsia in cui si evidenzia che – si legge nell’ordinanza – Dal cadavere sono stati estratti due proiettili calibro 6.35 Browning e un terzo proiettile dello stesso calibro è stato rinvenuto sul tavolo autoptico; sia in regione subclaveare sia sul tavolo settorio è stato rinvenuto un proiettile incamiciato (blindato) calibro 6.35; all’interno del cranio sono invece stati rinvenuti alcuni frammenti di proiettile per i quali la informazione del fondello e della camiciatura nonché l’ampiezza delle impronte di rigatura è identica a quella riscontrata sui proiettili calibro 635 suddetti».

L’esame dei manufatti balistici, sequestrati dagli inquirenti, sembra dunque smentire l’ipotesi iniziale che vedeva Pellegrino “coimputato” insieme a un secondo killer, complice nell’omicidio del sessantenne. Tutti e tre i proiettili, infatti, sono di calibro 6.35 Browning e non, come si ipotizzava inizialmente, provenienti da due armi diverse.

Ma secondo il giudice del tribunale del Riesame, tale elemento «non incide sull’ipotesi della compatibilità delle ferite con una forma di “esecuzione” in stile mafioso: anche qualora fosse stata usata una sola arma da parte di un unico esecutore materiale, la diversità di fori (quello della regione occipitale e quello alla nuca) è spiegabile con la diversa distanza dello sparo e/o con la successione degli spari che, se mirati nello stesso punto, potrebbero causare un foro di dimensioni diverse».

L’avvocato Ritzu ha annunciato il ricorso in Cassazione.

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