“La libera Repubblica di Pigna”, una parentesi di democrazia a cura di Paolo Veziano

20 dicembre 2020 | 08:58
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“La libera Repubblica di Pigna”, una parentesi di democrazia a cura di Paolo Veziano

Con il contributo di Giorgio Caudano e Graziano Mamone

Pigna. Il volume “La libera Repubblica di Pigna. Una parentesi di democrazia (29 agosto-8 ottobre 1944)”, a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e Graziano Mamone, sarà disponibile in libreria dal 20 dicembre. L’ISRECIm ne ha reso possibile la pubblicazione con il contributo del Comune di Pigna e della Regione Liguria.

Paolo Veziano è studioso delle persecuzioni antiebraiche nella provincia di Imperia e nella Costa Azzurra. Sioccupa attualmente delle migrazioni clandestine dal Ponente ligure verso la Francia neglianni 1918-1940. È membro del comitato scientifico dell’ISRECIM ed è condirettore della collana di storia moderna e contemporanea “Finisterre” di Fusta Editore. Trai suoi lavori, “Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista”, Diabasis, Reggio Emilia 2007, “Ombre al confine. L’espatrio degli ebrei stranieri dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra 1938-1940”, Fusta editore, Saluzzo, 2014.

Giorgio Caudano è docente presso l’I.I.S.S. “Enrico Fermi“ di Ventimiglia. Si occupa di storia della fotografia, della Prima e Seconda Guerra Mondiale in provincia di Imperia. Ha pubblicato, in collaborazione con Marco Cassini, La Magnifica Invenzione – I Pionieri della fotografia in Val Nervia1865-1925, IISL, Bordighera 2016 e Dal Mare alla trincea…Memore di Uomini, Europa Edizioni, Cuneo 2019.

La libera Repubblica di Pigna

«Armando Izzo, uno dei protagonisti della Repubblica, ha stigmatizzato la scarsa attenzione che gli storici hanno rivolto all’esperienza di Pigna che, “per l’asprezza dei combattimenti e la lunga resistenza opposta ai tedeschi”, non aveva nulla da invidiare a consorelle più celebrate. Con tono polemico sosteneva che l’oscurantismo storiografico nascesse da una discriminazione di carattere politico: fu una creatura dei garibaldini. Nel suo duro affondo Izzo non aveva però inserito un elemento dal peso specifico assai superiore alle questioni di natura discriminatoria: la mancanza di un volume che avesse le caratteristiche necessarie per approdare sul tavolo della discussione storiografica. All’epoca dei suoi scritti era però disponibile il lavoro di Osvaldo Contestabile La libera Repubblica di Pigna che fu pubblicato nel 1985 in occasione dell’inaugurazione del monumento che la ricorda. Volume di dimensioni ridotte e dal tono prettamente celebrativo, era destinato per sua natura a rimanere confinato in un ambito ristretto.

In tempi più recenti il libro, esaurito da tempo, è stato oggetto di discussione da parte del Comitato scientifico dell’ISRECIM che ha affidato a chi scrive l’incarico di lavorare al suo rifacimento. L’analisi testuale, che ha rivelato sia la ripetitività sia la debolezza di alcuni capitoli, ha suggerito di accantonare l’idea primigenia dell’irrobustimento di altri e l’immissione di nuovi elementi che da soli non sarebbero bastati a trasformarlo in uno strumento consono al presente. Ha quindi preso forma e corpo il progetto di un libro nuovo che del precedente ha mantenuto inalterato il titolo;nuovo invece il sottotitolo dal quale il lettore potrebbe ricavare l’errata impressione di un voluto, secco ridimensionamento del valore dell’avventura “pignasca”. Ma vedere la Repubblica come una parentesi di libertà in lunghe pagine di oppressione è solo una diretta conseguenza della decisione di allargare lo spettro dei temi e dilatare l’arco cronologico.

Il lockdown ha imposto la chiusura degli archivi, evenienza che ha condizionato il lavoro di orditura dell’intreccio della storia, tanto da costringere, obtorto collo, a impiegare inizialmente il solo filo ricavato dalla bibliografia sull’argomento. L’accostamento tra i testi ha evidenziato difficoltà interpretative di non poco conto, ingenerate dall’incongruenza delle date e dei numeri, dalle dissonanti versioni dello stesso accadimento sia nei documenti coevi sia nelle memorie e nei diari redatti post factum.

Il problema per quanto scomodo non è nuovo, Italo Calvino lo aveva già affrontato ne il Ricordo di una battaglia in cui immaginava metaforicamente i ricordi rintanati «come anguille nelle pozze della memoria»; era certo che fosse sufficiente «rimestare nell’acqua bassa per vederli affiorare con un colpo di coda» o sollevare «qualcuno dei grossi sassi che fanno da argine tra il presente e il passato» per vederli emergere. Ma quando finalmente decise di tirare a riva le reti dei ricordi per vedere quello che avevano trattenuto: «eccomi qui ad annaspare nel buio». Calvino conosceva i rischi della damnatio memoriae e temeva che i ricordi affioranti potessero trasformarsi in «un racconto con lo stile di allora, che non può dirci come davvero erano le cose ma solo come credevamo di vederle e di dirle».

La parte di Vittorio Curlo “Leo”, che propone un’attenta interpretazione della «tecnica del terrore», è l’unica traslata integralmente dal precedente volume. La si può considerare una seconda, e più breve premessa, che fornisce una convincente spiegazione delle stragi e delle devastazioni compiute dai tedeschi nel luglio del 1944 che potrebbero altrimenti apparire immotivate.

Nel suo contributo Giorgio Caudano ricostruisce il convulso avvicendamento delle unità tedesche e repubblichine in Val Nervia. Pagine che, per i numerosi ma necessari tecnicismi impiegati, potrebbero risultare impegnative e pur tuttavia decisive nell’identificare i reparti coinvolti nelle varie operazioni i cui comandanti, in qualche occasione, lasciarono ai sottoposti piena libertà di uccidere, saccheggiare, distruggere. Scontri sempre più aspri e frequenti, agguati, distruzioni, ordinati ripiegamenti di fronte alle offensive tedesche, offrono la summa dell’efficienza delle formazioni partigiane che raggiunse uno dei gradi più alti nell’agosto del 1944 con l’assedio al “fortino” della Guardia Nazionale Repubblicana di Pigna.

Presa la decisione, sofferta, di creare un fronte stabile in grado di difendere adeguatamente la nascente Repubblica, la guerriglia fu costretta a snaturare le sue caratteristiche ma fornì prova di raggiunta maturità tattica lanciando al nemico il guanto di una sfida psicologica oltre che militare. In un periodo di momentanea debolezza i tedeschi lo raccolsero e riconobbero la sovranità dei “ribelli” su Pigna, rimandando il duello a tempi migliori.

Lo scarno «Verbale n. 1» sancisce formalmente la nascita di un nuovo inquadramento amministrativo al quale fu successivamente attribuito l’appellativo di Repubblica. Il documento, l’unico prodotto, letto in trasparenza rivela la coabitazione sotto lo stesso tetto comunale di due amministrazioni – formale l’una, sostanziale l’altra – un’anomalia destinata probabilmente a rimanere unica, e non solo nel campo del diritto. La visita di una missione alleata a Pigna può essere interpretata come un altro riconoscimento sostanziale dell’esistenza della Repubblica. Il capitano inglese Geoff Long incontrò i comandanti partigiani, verificò lo stato degli armamenti, s’interessò della condizione morale e materiale della popolazione e, con un linguaggio freddo e analitico, fissò i risultati dei colloqui e delle osservazioni in un’articolata relazione.

Il documento di un ufficiale che non nutriva particolari simpatie per i garibaldini è da considerare in assoluto tra i più “nuovi” e importanti, poiché permette di misurare il grado di attendibilità delle coeve carte partigiane. Il corrispondente di guerra canadese Paul Morton, che alla missione era aggregato, non si limitò a descrivere gli aspetti militari e gli scontri di cui fu testimone. La sua innata curiosità lo spinse verso un lunapark che, quasi per incanto, a Pigna continuava a funzionare e ad attrarre bambini e adulti nonostante il perdurante stato di guerra. La giostra, un singolare tirassegno, la cartomante dall’immancabile fascino, sono descritti da Morton con un lessico fluente e colorito. Riproporre anche in questa sede le vicissitudini di Morton potrebbe apparire una scelta conseguente a una fascinazione o a un’ostinazione destinata a portare fuori tema. Ma altro non vuol rappresentare se non un doveroso riconoscimento a un giornalista che pagò un altissimo prezzo umano e professionale per aver testimoniato del rilevante contributo offerto dal movimento partigiano alla guerra di Liberazione.

Trova ospitalità nel volume la rilettura di due poco noti racconti giovanili di Italo Calvino pubblicati nel 1945 in L’epopea dell’esercito scalzo. Nel breve Castelvittorio, paese delle nostre montagne egli rivolge un encomio solenne a una popolazione che conquistò la sua libertà combattendo. Nel più lungo, articolato e a tratti enfatico, Le battaglie del comandante Erven, Calvino rende omaggio al valore di un combattente che fu gravemente ferito in battaglia e dovette percorrere, non senza insidie, la via dolorosa che lo condusse a una difficile, e solo parziale guarigione. Presenta sorprendenti analogie la non meno drammatica esperienza vissuta da Armando Izzo “Fragola Doria”. Non diversamente da “Erven”, fu ferito in uno scontro, rimase sospeso per giorni tra la vita e la morte e, sulla via della guarigione, dovette toccare molte stazioni di un’angosciosa via crucis. L’epica dello scontro, il continuo scorrere del sangue, la morte sempre in agguato, temi ricorrenti nei due racconti di Calvino, due anni dopo ne I sentieri dei nidi ragno perdono la loro centralità. Il romanziere li relega sullo sfondo e porta in primo piano argomenti scomodi, e forse per questo a lungo dimenticati: la difficile sessualità, la violenza gratuita, la lunga mano della giustizia partigiana.

La presunta ovvietà di una scelta dettata dalla tradizionale fedeltà alla monarchia, dal fatto di possedere armi e preparazione militare, esperienza nel lavoro d’intelligence è probabilmente all’origine della scarsa attenzione riservata dagli storici al contributo dato dai carabinieri alla Resistenza. Ma dopo l’8 settembre i militari delle piccole stazioni di Pigna e Dolceacqua furono chiamati a compiere una scelta che non aveva nulla di scontato. Nei mesi successivi semplici carabinieri e comandanti entreranno nelle formazioni partigiane, parteciperanno ad azioni e combattimenti nei quali mostreranno tutte le loro “ovvie peculiarità”. L’8 ottobre del 1944 terminava a favore dei tedeschi il duello per Pigna. La sua riconquista fu voluta per soddisfare l’improcrastinabile necessità di assumere il controllo di un centro vitale per le comunicazioni e, solo marginalmente, per dare adeguata risposta a un atto di lesa maestà. La Repubblica era caduta, l’eco della battaglia era già un ricordo, l’ordine era ristabilito. Perché dunque occuparsi di avvenimenti che si verificarono al principio dell’inverno?

La risposta sta nella decisione tedesca di insediare proprio a Pigna, nell’autunno del 1944, il comando della 34ª Infanterie division. L’ubicazione dei centri di comando, la presenza di ufficiali e soldati, ben documentata per immagini, divenne presto nota agli alleati che affidarono a una squadriglia francese il compito di colpirli. Il 22 dicembre gli aerei comparvero nel cielo di Pigna, sganciarono numerose bombe che mancarono i target, ma colpirono alcune abitazioni dalle cui macerie furono estratti i corpi senza vita di numerose persone. Esito fallimentare avranno anche le successive incursioni che indurranno tuttavia il comando tedesco ad abbandonare negli ultimi giorni dell’anno l’ormai insicura sede.

Nel suo robusto saggio, Graziano Mamone analizza i passaggi artistico-istituzionali che hanno portato alla realizzazione, nel 1985, dei monumenti dedicati alla Libera Repubblica di Pigna e all’eccidio di Castelvittorio. Sullo sfondo della vicenda emergono sinergie e conflittualità tra sopravvissuti e potere politico e si tenta di ricostruire la complicata parabola che culmina nella genesi di una nuova geografia urbana della memoria partigiana. Sul valore e la comprensione di questi luoghi si gioca la sopravvivenza tanto dei monumenti quanto del messaggio che gli stessi ambiscono a difendere.

Solo pochi giorni dopo la Liberazione Italo Calvino si chiedeva: «Chi canterà le gesta dell’armata errante, l’epopea dei laceri eroi»? Negli anni la Resistenza imperiese ha trovato i suoi cantori ai quali si affianca oggi un’altra voce che facendosi interprete del pensiero di Armando Izzo auspica che il libro possa avere “una buona stampa”» – dicono Paolo Veziano, autore del volume, e Giovanni Rainisio, presidente dell’ISRECIm.