Il reportage |
Cronaca
/
Ventimiglia
/

Ventimiglia, a un mese e mezzo dall’alluvione artigiani in ginocchio a Roverino: «Ci hanno abbandonati»

20 novembre 2020 | 14:29
Share0

«Senza un aiuto dalle istituzioni non possiamo ripartire»

Ventimiglia. A vederlo oggi, ridotto a poco più di un rivolo d’acqua che scorre verso il mare, il fiume Roja non sembra far paura. Ma di quella notte tra il 2 e il 3 ottobre scorso, quando tonnellate di fango e acqua si riversarono sulla città di Ventimiglia, nei magazzini, officine e negli uffici di corso Limone Piemonte, a Roverino, c’è ancora un segno tangibile. Così come il ricordo di quei due metri di fango che hanno spazzato via tutto, portandosi via in pochi istanti anni di duro lavoro, sono impressi negli occhi e nella mente dei tanti artigiani che in quell’area hanno investito e creato la propria attività.

«Ci siamo sentiti completamente abbandonati dalle istituzioni – racconta Hermes Alizzi, titolare della Olam Service -. Le attività coinvolte, come la mia, purtroppo hanno perso tutto». Lui, come il vicino Santo Putrino della “Graci e Putrino serramenti“, ancora non è riuscito a ripartire. A un mese e mezzo dall’esondazione del Roja, nelle loro aziende si spala ancora il fango. A parte un paio di ore i due giorni immediatamente successivi all’alluvione, Roverino è rimasta sola. A tirarsi su le maniche, dandosi una mano a vicenda, sono stati abitanti e titolari di aziende. Ma questo non basta.

«Qui il fiume non è straripato – dichiara Alizzi – Ma l’acqua ha trovato un passaggio dalle falde. A differenza delle scorse alluvioni, quando nei magazzini entravano poche decine di centimetri di acqua, sempre pulita, questa volta purtroppo il fiume ha trovato anche lo sbocco dei tombini e ha fatto fuoriuscire fango in quantità industriali. Questo ha provocato danni ingenti ad attrezzature e merce». Per Alizzi, così come per le aziende vicine, l’unico modo di evitare altri danni è «fare manutenzione periodica e costante, pulendo il fiume». Invece, continua il titolare della Olam Service «a diverse settimane dal disastro, vediamo ancora affiorare all’interno del fiume carcasse di veicoli, pezzi di plastica, serbatoi del gas, che ad oggi, a mio avviso, dovrebbero essere già state rimosse».

Ripartire, al momento, sembra impossibile. Soprattutto senza l’aiuto delle istituzioni: «Ogni giorno cerchiamo di ripartire – afferma Alizzi, che ha sulle spalle anche cinque dipendenti – Ma da soli diventa difficile ed è per questo che chiediamo il vostro intervento e un intervento delle istituzioni che possa in qualche modo farci sentire la presenza dello Stato. E invece chiedono solo dei grandi sacrifici: il sacrificio per il Covid, l’anticipo delle tasse dell’anno prossimo che a fine mese comunque bisognerà versare, il versamento dell’Inps, il versamento degli acconti… Noi non siamo delle banche, siamo degli artigiani che nel nostro piccolo cerchiamo di portare avanti il Pil della nazione, ma ad oggi, purtroppo, senza aiuti economici diventerebbe difficile».

«La nostra officina, come è adesso, è oro – dice Santo Putrino – Ma quella notte era un inferno con il fango che era arrivato a 2 metri e mezzo di altezza. Quel fango lo abbiamo tolto noi, nessuno è venuto ad aiutarci». Sono circa 100mila euro i danni alla “Graci e Putrino Serramenti”, che ancora attende i soldi per i danni, quantificati in 20mila euro, dell’alluvione del 2019. I macchinari, sommersi completamente dal fango e dall’acqua, ancora non funzionano, nonostante le riparazioni. «I soldi per comprarne di nuovi purtroppo non li abbiamo più – aggiunge – Siamo dei piccoli artigiani».

Nella disgrazia è andata meglio al panettiere Massimiliano Bottino, che dopo una settimana dall’alluvione ha potuto riaprire l’attività, anche se ha perso tutto quello che aveva nel magazzino, completamente allagato, così come gli scooter che utilizzava per le consegne e le celle frigo. «Un danno enorme – dice – Ho dovuto ricomprare tutto».  Stessa sorte per Roberto Viale, che vende salumi e formaggi: «Ho buttato via tutto, anche i computer che erano in ufficio», racconta. E la paura è che possa riaccadere ancora: «Se nessuno pulisce mai il fiume, se ci sono contrasti tra chi lo dovrebbe gestire, alla fine siamo solo noi che ne paghiamo le conseguenze», spiega.

Circa 40mila euro di danni anche per l’azienda di import-export di Brunella Bastardini. «Il fango era più alto di me – racconta la donna -. Ora abbiamo ricomprato tutto, messo in ordine l’ufficio. Ma c’è ancora tanto da fare. Nessuno ci ha aiutato».