Reportage

Riapertura bar e ristoranti, a Ventimiglia un respiro di sollievo ma mancano ancora i francesi

«Finché non arrivano i francesi andiamo avanti, ma si fa poco»

Ventimiglia. «Ieri abbiamo lavorato bene, è stato molto emozionante rivedere le persone sedute ai tavoli, sempre in sicurezza». A dirlo è Maurizio Rea, consigliere comunale di maggioranza e titolare del Bar Canada, in via Aprosio, nel cuore di Ventimiglia. Il passaggio, domenica, dalla zona arancione a quella gialla, ha comportato la riapertura di bar e ristoranti fino alle 18 e la possibilità, per i cittadini liguri, di spostarsi dai propri Comuni di residenza. Un “assaggio” di normalità, dopo quasi due settimane di semi-lockdown, che ha pesantemente inciso sui bilanci dei negozianti, già gravati dalla chiusura primaverile e, nel caso di Ventimiglia, dall’ondata di maltempo che ha investito la città nella notte tra il 2 e il 3 ottobre scorsi.

Ma a mancare, e anche tanto, sono i francesi che ancora non possono spostarsi oltre-frontiera per una semplice passeggiata o per fare acquisti. E i negozianti ventimigliesi, così come i gestori di bar e ristoranti, ne risentono parecchio: i francesi, infatti, costituiscono la clientela più affezionata della città di confine, dove arrivano numerosi attratti dal costo minore di tabacchi e alcol, ma anche dalla qualità dei prodotti, siano essi alimentari che di altro genere di consumo.

«Finché non arrivano i francesi andiamo avanti, ma si fa poco – dichiara Fabrizio De Marchi del Planet Cafè Senza di loro si va avanti come si può». A dimostrarlo, è il fatto che delle due dipendenti del titolare del bar gelateria, solo una è rientrata al lavoro mentre la seconda è ancora in cassa integrazione, in attesa di tempi migliori.

A rendere tutto più difficile è anche il tempo: «Dopo giorni chiusi in casa in cui c’era il sole, oggi è una desolazione – commenta Roberto Albanese, titolare del Caffè CavourNoi però andiamo avanti, non ci demoralizziamo. Cerchiamo di andare avanti, raschiamo finché possiamo… Anche se a me, ad esempio, il contributo Covid ancora non è arrivato. Non è facile perché mancano i francesi, che sono quelli che fanno andare avanti l’intera Ventimiglia».

Ad aver risentito della chiusura di bar e ristoranti, aperti solo per asporto, e delle restrizioni che impedivano di spostarsi tra i comuni, non sono stati solo i ristoratori. La conferma arriva da Patrizia Romeo, titolare del negozio di borse e accessori Patty: «Se ci avessero fatto stare chiusi sarebbe stata la stessa cosa – dichiara – Perché farci stare aperti con la Francia chiusa, i Comuni chiusi, bar e ristoranti chiusi, abbiamo fatto apertura, spendendo solo tempo e soldi inutilmente. La città era deserta».

Nel periodo in cui la Liguria è stata classificata in zona arancione, sono stati molti i locali che hanno provato a restare in piedi con il take away e facendo consegne a casa. «E’ stata dura – dichiarano da Hanbury BistròMa siamo riusciti a mantenere un servizio di qualità». Da ieri con la riapertura (fino alle 18), il lavoro è aumentato: «Oggi abbiamo lavoricchiato a pranzo – aggiungono – Anche se con le distanze da mantenere tra i tavoli, i coperchi sono molto ridotti. Cerchiamo comunque di essere presenti sul territorio sia per noi che per chi lavora con noi: da chi ci dà la verdura ai fornitori di prodotti, sempre locali».

«Il take away è andato abbastanza bene – dichiara Diego Romagnone del Sir Thomas di via Hanbury – Ora ci aspettiamo di lavorare, sempre con le dovute cautele. Speriamo bene».

Resta difficile la situazione per chi, come Alessandro Vaccari, titolare di “Al 6“, gestisce un locale che lavora prettamente con gli aperitivi e dunque di sera: «E’ stato un momento critico, ho questo locale diviso in due – spiega – E nella parte del wine bar aprivo solo all’ora dell’aperitivo e purtroppo è stato un grande colpo. Adesso si spera che si riesca a fare qualcosa di meglio, anche se si lavora dalle 16 alle 18. Ma non basta, con tanto personale che lavora con noi». Per Vaccari, e per chi come lui lavora in un bistrò specializzato in aperitivi, sarebbe necessario prolungare di almeno una o due ore l’orario di apertura: «Sarebbe fantastico – dice – Soprattutto per non far stare in cassa integrazione i ragazzi che lavorano con me. Penso che il virus circoli nello stesso modo alle 18 e alle 19».

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