Rezzo frana ancora ma stavolta è catastrofe. Strage di bestiame? «Lo Stato promette aiuti ma non mantiene»



Il sindaco Renato Adorno ringrazia però la Regione per il supporto nell’immediato e negli anni scorsi
Rezzo. Ancora una volta, ancora la pioggia torrenziale ha colpito duramente il piccolo comune della valle Arroscia, straziata come l’Argentina dall’ennesima alluvione. Se, nel Ponente, Ventimiglia è stata più di tutti testimone e e vittima di una furia degli elementi, mai così devastante da più di mezzo secolo fa, altrettanto le due valli dell’entroterra citate, in provincia di Imperia, hanno patito danni, soprattutto materiali, di una portata drammaticamente eccezionale.
A Rezzo poi, purtroppo il dissesto idrogeologico causato dal maltempo è di casa da anni, sempre più dal 2016. Ma mai, come tra la mezzanotte e l’alba di quel maledetto sabato scorso, questo scomodo e terribile inquilino aveva flagellato il territorio.
«In più di cinquant’anni di vita non avevo mai visto qui nulla di simile» spiega uno stravolto ma combattivo Renato Adorno, parlando con gli auricolari mentre guida un camion, probabilmente pieno (o da riempire) di fango e detriti, altrimenti attrezzi come pale e picconi. Tutta la comunità rezzina, come quelle degli altri Comuni straziati, si sta infatti dimostrando parte essenziale della macchina dei soccorsi. Tutti volontari con le maniche rimboccate a fianco di protezione civile, vigili del fuoco, forze dell’ordine.

«Ringrazio tutti ma manca lo Stato», lamenta Adorno. Ma non è un mugugno tipico ligure, anzi. E’ un grido di dolore, una richiesta di aiuto indirizzata a chi, secondo il Sindaco, non ha mai fatto il suo dovere, per evitare che, a causa di frane e alluvioni, finisca letteralmente a fondo valle. Si parla di soldi per interventi, di riduzione del dissesto, promessi e mai elargiti. Circa 350 mila euro deliberati nel 2019, ma mai arrivati. Servirebbero fondamentalmente per svuotare dell’acqua, tramite dei pozzi artesiani in quota, la faglia sotto il territorio comunale. Negli ultimi anni, con l’intensificarsi delle piogge, quest’ultima si è riempita come una sorta di spugna, che trabocca e stravolge il terreno e tutto quello che sopra trova, alberi o case che siano.
La frana di Cenova, secondo atto di un dramma andato in scena quasi identico nel novembre 2019, è solo la punta dell’iceberg dei danni, causati dall’eccezionale evento atmosferico. Un mix di venti a cento all’ora e 400 millimetri di pioggia, come tutte le precipitazione della stagione invernale cadute in meno di 6 ore, ha messo messo il borgo della valle Arroscia in ginocchio. Si registrano frane anche nella frazione di Lavina e, sempre a Cenova, due case sono state evacuate e da queste follate cinque famiglie, composte da 11 persone, fortunatamente senza anziani e bambini piccoli. La luce, il gas e il telefono a Rezzo ritornano in queste ore, l’acquedotto è danneggiato.

«L’unica ad intervenire subito è stata la Regione, che ringrazio e che in passato aveva stanziato, per sopperire alle carenze dello Stato, fondi per la ricostruzione, ma quelli non bastano –dice Adorno – ringrazio tutti quelli che ci stanno aiutando, i miei cittadini, ma non lo Stato al quale paghiamo le tasse ma dal quale riceviamo, al limite, solo promesse che non vengono mantenute».
Non sono solo le cose e le casse comunali ad aver patito la furia degli elementi, anche se al momento che in tutta la valle non si registrano dispersi. C’è infatti un numero imprecisato di armenti, molti dei quali oramai ridotti allo stato brado da anni, da andare a recuperare sui pascoli in altura. Sarebbero soprattutto di decine bovini, tra mucche, buoi, tori e vitelli, sorpresi dall’evento catastrofico su monti. Malauguratamente le speranze di ritrovarne la maggioranza in vita sarebbero esigue, con gli sventurati animali, ulteriori potenziali vittime viventi dei fiumi di fango, fulmini e raffiche di una notte infernale.