Ponente Forever, 11 kg di droga rubati da un francese. Sgrò: «L’ho trovato a livello veramente Gomorra»
In 116 pagine, gli investigatore delineano la figura di Sgrò
Genova. «Questo se n’era andato proprio…. Se ne era proprio andato; l’ho trovato, l’ho trovato a livello veramente Gomorra, mettere la pistola nella testa delle persone». «Siamo dovuti andare in Portogallo a sequestragli la famiglia, puntare i cannoni nella bocca alla famiglia per fargli portare tutto indietro, io ho recuperato tutto». Sono alcune delle frasi pronunciate da Carmelo Sgrò, 38enne originario di Oppido Mamertina (Reggio Calabria) ma residente a Sanremo, intercettate dai carabinieri nel corso dell’indagine “Ponente Forever“, volta a contrastare la criminalità organizzata e lo spaccio di droga nella Riviera dei Fiori.
A ricoprire un ruolo centrale nell’indagine che ha portato all’esecuzione di 46 misure cautelari è proprio Carmelo Sgrò, che si trova già in carcere a causa di una precedente condanna per traffico di sostanze stupefacenti. Legato alla famiglia Gallico (è il figlio di Maria Antonietta Gallico), ‘ndrina di Palmi, Sgrò è l’unico degli indagati a cui gli inquirenti contestano il 416 bis. E’ lui, secondo gli inquirenti, ad aver aiutato Filippo Morgante, 50 anni, esponente di spicco della cosca Gallico tanto da far parte del ‘braccio armato’, a fuggire a una condanna a 16 anni e 9 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso, minaccia, detenzione di armi clandestine e associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Al figlio di Morgante, Sgrò confessa: «Perché io a tuo papà gli mandavo sui 1000, 1500 euro al mese, ma io lo facevo con il cuore».
In 116 pagine, gli investigatori delineano la figura di Sgrò, del quale hanno raccolto numerose dichiarazioni frutto di intercettazioni ambientali, servizi di pedinamento e immagini riprese dalle telecamere. A raccontare il traffico di droga, anche di ingenti quantità, è lo stesso “Melo”, come viene chiamato Sgrò. Lo fa, nei dettagli, anche quando si pavoneggia con gli amici della volta in cui ha recuperato 11 chilogrammi di cocaina, per un valore di oltre 300mila euro, che due francesi (anch’essi arrestati nell’ambito dell’operazione Ponente Forever, ndr) si erano presi senza pagare il dovuto.
E’ il 12 maggio 2019 quando Sgrò riceve una partita di cocaina da parte di non meglio specificati soggetti di nazionalità albanese domiciliati a Parma. Il ruolo di “Melo”, in questo caso, è quello di mediatore. La coca, infatti, è destinata a Viegas Dos Santos Patrick Antony e alla sua complice, Elisa Quentin Remy. I due arrivano a Taggia, come pattuito, si prendono la droga e vanno via senza pagare i 317mila euro pattuiti. Quando la coppia francese si allontana, Sgrò capisce di essere stato tradito e teme di dover affrontare l’ira dei creditori. E’ in questo momento che fa leva sulla capacità della ‘ndrangheta di esercitare pressioni e “convincere” i due francesi a tornare sui propri passi, restituendo la droga.
Nelle intercettazioni, infatti, si sente Sgrò indicare tra i suoi contatti Domenico Magnoli, esponente di una famiglia originaria di Rosarno e inserita nel traffico di stupefacenti in Francia. All’albanese che gli ha fornito la droga dice, riferendosi a Viegas: «Lui lo sa che lo posso rintracciare, questo sì, cioè che io non so il punto preciso di casa sua… Perché è in Francia, ma vado da Domenico Magnoli al bar che sono paesani, mi ci porta subito a casa eh, cioè non è che… O vado da questo… Domenico Magnoli abita in Francia… La famiglia Magnoli di Rosarno abita in Francia… Hai capito loro sono… Loro sono amici…Lui è calabrese». Sgrò si dice pronto anche ad andare in Francia armato e puntare una pistola in faccia a Viegas, ma viene frenato dall’albanese Armand Kercuku che gli dice di non avere intenzione di finire in galera dopo aver anche perso lo stupefacente.
Il 27 maggio Sgrò si reca in Francia e qui, a Vallauris, insieme a Kercuku, incontra suo cugino, Alfonso Gallico, e Domenico Magnoli. Dopo pochi giorni, il 31 maggio, Viegas Dos Santos ed Elisa Quentin Remy si recano a Taggia per riportare gli 11 chilogrammi di coca che non avevano pagato.
Il giorno successivo 1 giugno 2019, nel corso di una telefonata, la moglie di Sgrò, riferendosi al marito, afferma che era più tranquillo e che «ce l’abbiam fatta». A raccontare altri dettagli della vicenda, è di nuovo “Melo” che il 10 gennaio scorso, conversando con amici nel suo magazzino a Taggia, rivendica il suo ruolo di mediatore nella vicenda: «Io mi sono trovato a far portare 11 kg di bianca eh, ok?… Io essendo in mezzo, da responsabile»; ribadisce che Viegas si era portato via lo stupefacente «questo qua si è preso 11 kg». Sostiene di avere corso un grave pericolo nei confronti dei fornitori albanesi: «se non ero io, se non ero io te lo dico chiaro, m’ammazzavano».
Per descrivere il modus operandi utilizzato per convincere Viegas a restituirgli la droga, aggiunge: «Questo se n’era andato proprio…. Se ne era proprio andato; l’ho trovato, l’ho trovato a livello veramente Gomorra, mettere la pistola nella testa delle persone. […] Siamo dovuti andare in Portogallo a sequestragli la famiglia, puntare i cannoni nella bocca alla famiglia per fargli portare tutto indietro, io ho recuperato tutto».