Chiude la Dance Academy: la scuola che per vent’anni ha insegnato alle sanremesi a danzare

1 luglio 2020 | 10:43
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Chiude la Dance Academy: la scuola che per vent’anni ha insegnato alle sanremesi a danzare

Le difficoltà del periodo e gli strascichi di un incidente in auto hanno portato Debbie Slater alla difficile decisione

Sanremo. Chiude la Dance Academy. La scuola dove per vent’anni le sanremesi hanno imparato a muovere i loro primi passi di danza non aprirà più le porte. La sofferta decisione è stata presa dalla direttrice Deborah Slater a seguito delle difficoltà del periodo insieme agli strascichi di quell’incidente che nel 2015 l’ha costretta ad appendere le scarpette al chiodo.

«Ho lottato con tutta la mia forza per tornare nella scuola dopo l’incidente e anche con tutto il dolore fisico e mentale sono andata avanti per amore della danza e dei miei allievi. Adesso però non si può lottare contro l’indifferenza», scrive Debbie, come è da tutti chiamata, in un post su Facebook.

«Vorrei ringraziare tutte le persone che in qualche modo hanno reso i 23 anni della Dance Academy speciali. La danza perme sarà sempre la mia più grande passione. Da adesso in poi, però, dovrò apprezzarla in un altro modo. Saluto le mie insegnanti Mila, Michela, Beatrice e Noemi: senza il loro prezioso aiuto non saremo mai arrivati a 23 anni. Vi stimo e vi voglio un bene immenso. Saluto tutti i miei allievi, sarete sempre nel mio cuore».

Inglese di origine, la Slater si è trasferita a Sanremo nei primi anni Novanta. Qui, con tanta passione e sacrificio, ha aperto quella scuola di danza che sognava fin da bambina. Grazia, coordinazione, impegno e soprattutto tanta emozione. E se «tutte a Sanremo sono andate da Debbie», per l’etoile che ha avuto il privilegio di esibirsi con Peppino di Capri al posto di Carla Fracci sul palco del Festival 2005, «ora resterà solo un grande vuoto. Ma le cose sono andate così e voglio solo ricordare i momenti felici, tutti i saggi, e ringraziare le mie insegnanti e i miei allievi per la fiducia che mi hanno dimostrato in questi anni».

(La foto del saggio in copertina è di proprietà di Stefano Borea)