La relazione

Banca d’Italia, gli effetti del Covid in Liguria: -15% di fatturato per molte imprese e -60% di assunzioni

E' stata presentata oggi "L’Economia della Liguria – Giugno 2020"

Genova. E’ stata presentata oggi “L’Economia della Liguria – Giugno 2020”.

Le imprese. «Sulla base di nostre stime sui Conti economici territoriali dell’Istat, la chiusura delle attività considerate non essenziali per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha riguardato in Liguria attività economiche cui è riconducibile direttamente circa il 24 per cento del valore aggiunto, a fronte del 27,7 nella media italiana». Secondo l’indagine straordinaria della Banca d’Italia sugli effetti del virus, l’85 per cento delle imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi con almeno 20 addetti ha accusato conseguenze negative della pandemia e delle connesse misure di contenimento.

La metà delle aziende industriali liguri stima per il primo semestre del 2020 un calo del fatturato, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, almeno pari al 15 per cento. Per la seconda parte dell’anno gli operatori contattati si attendono un parziale recupero, che limiterebbe nel complesso la contrazione delle vendite per l’intero 2020 intorno al 5 per cento. L’impatto sarebbe maggiore per le aziende del terziario rispetto a quelle industriali: nei servizi la quota di imprese che prevede per il primo semestre una diminuzione delle vendite almeno pari a 15 punti percentuali sale al 70 per cento.

L’economia ligure, che presenta la più elevata terziarizzazione tra le regioni del Nord, trae una porzione non trascurabile del proprio prodotto (16 per cento, a fronte del 10 per l’Italia) da comparti che si basano sulla mobilità di merci e persone: trasporti, logistica e turismo, tra cui il comparto crocieristico, che negli ultimi anni aveva registrato una forte crescita. I risultati delle imprese dipenderanno quindi dalla loro effettiva capacità di operare in condizioni di equilibrio economico compatibilmente con le cautele di distanziamento sociale e a fronte di una maggiore prudenza da parte della clientela.

La contrazione della domanda interna viene indicata dalla maggioranza degli opera- tori intervistati come la prima conseguenza dell’emergenza sanitaria, sia nell’industria, sia nei servizi. Il sistema produttivo sta affrontando la crisi in condizioni migliori rispetto al passato: nell’ultimo decennio è aumentata la redditività ed è calato l’indebitamento; è diminuita la percentuale di aziende finanziariamente vulnerabili. L’emergenza sanitaria tuttavia può incrementare il fabbisogno finanziario delle imprese, specie in ragione delle accresciute difficoltà nei pagamenti da parte dei clienti; la necessità di fronteggiare i mancati o ritardati incassi commerciali ha probabilmente determinato un maggiore utilizzo dei margini disponibili sulle linee di credito: nel primo trimestre del 2020 il calo dei prestiti bancari alle imprese ne è risultato attenuato (-2,9 per cento; -5,9 a dicembre 2019).

Il mercato del lavoro e le famiglie. Il mercato del lavoro regionale affronta le conseguenze dell’emergenza sanitaria ancora pesantemente segnato dalle recessioni dello scorso decennio; nel 2019 il numero degli occupati era aumentato solo dello 0,4 per cento (rispettivamente 0,8 e 0,6 nel Nord Ovest e in Italia) ed era ancora quasi 4 punti percentuali inferiore al livello precedente alla crisi del 2008. Vi si aggiunge il perdurare di crisi e ristrutturazioni di grandi aziende, oggetto di interventi di integrazione salariale straordinaria.

Nel primo trimestre del 2020 l’occupazione si è ridotta dello 0,6 per cento. Nei mesi di marzo e aprile di quest’anno i dati sulle Comunicazioni obbligatorie evidenziano un calo di quasi il 60 per cento del numero di nuove attivazioni di posizioni lavorative dipendenti. Le ricadute occupazionali, oltre che per i dipendenti, potrebbero essere pesanti anche per i lavoratori autonomi, tradizionalmente meno protetti dagli ammortizzatori sociali e la cui incidenza sull’occupazione totale (26,7 per cento nel 2019) è maggiore rispetto al complesso del Paese (22,7).

In Liguria il reddito disponibile pro capite, pari a poco meno di 22.000 euro, si colloca stabilmente al di sopra della media italiana (circa 18.900), ma con riferimento alle fasce più deboli della popolazione le quote di famiglie in povertà assoluta e di individui che vivono in nuclei familiari senza reddito da lavoro si situano su livelli prossimi al complesso del Paese e superiori a quelli del Nord Ovest: le prime sono circa il 7 per cento, i secondi oltre il 9 per cento (rispettivamente 6 e 5 per cento nella media delle regioni nordoccidentali).

In media, tuttavia, le condizioni finanziarie delle famiglie rimangono solide. La loro ricchezza totale è pari a circa 11 volte il reddito disponibile. Per quanto riguarda la ricchezza finanziaria, la tendenza alla ricomposizione del portafoglio a favore di attività più liquide o più diversificate potrebbe contribuire ad attenuare l’impatto negativo della crisi economica in essere. Anche l’indebitamento finanziario delle famiglie resta nel complesso contenuto: nell’ultimo decennio il rapporto tra debiti e reddito disponibile è diminuito di quasi un punto, al 44,8 per cento, rimanendo a un livello inferiore all’Italia (50,4) e al Nord Ovest (51,6).

Nello stesso periodo si è inoltre osservato un rilevante incremento della quota di mutui a tasso fisso, che nel 2019 ha superato il 52 per cento del totale; ciò rende le famiglie meno esposte agli effetti di un eventuale rialzo dei tassi d’interesse. Nei primi mesi del 2020 il credito erogato alle famiglie consumatrici liguri da banche e società finanziarie ha rallentato all’1,7 per cento (2,7 a dicembre 2019): le nuove operazioni di mutuo hanno risentito della riduzione del numero delle transazioni immobiliari; il credito al consumo della minore spesa in beni durevoli, in particolare in autoveicoli.

Il mercato del credito. Nel primo trimestre di quest’anno i prestiti al settore privato non finanziario si sono ridotti dell’1 per cento circa, in misura meno intensa rispetto a quanto osservato nel 2019 (-2,3 per cento a dicembre). La qualità del credito è rimasta elevata e il tasso di deterioramento, pari all’1,1 per cento, si è collocato su livelli contenuti nel confronto storico: vi ha contribuito, nell’ultimo decennio, un progressivo mutamento della composizione degli affidati verso imprese con bilanci più solidi. Nel 2019 la consistenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti si è ridotta considerevolmente (dal 13,7 all’8,7 per cento), anche per effetto del maggiore ricorso a operazioni di cessione e stralcio dai bilanci bancari; il tasso di copertura dei prestiti deteriorati è tornato su livelli di poco discosti da quelli precedenti la crisi finanziaria del 2008 (50 per cento circa).

La finanza pubblica. Per affrontare l’emergenza Covid-19 in Liguria è stato potenziato il sistema sanitario locale, con l’ingresso di nuovo personale e un raddoppio dei posti in terapia intensiva. La situazione di bilancio degli enti territoriali è mediamente equilibrata: il lieve disavanzo, registrato all’inizio del 2019, è in larga misura ascrivibile alla Regione, sul cui saldo negativo gravano i costi connessi con il comparto sanitario; la quasi totalità dei Comuni ha conseguito un avanzo.

Nel 2020 gli equilibri di bilancio di questi ultimi risentiranno degli effetti dell’emergenza sanitaria: a fronte di spese in gran parte incomprimibili, vi saranno da fronteggiare i vincoli di liquidità connessi con lo slittamento degli incassi e con le perdite di gettito.

La pubblicazione comprende altresì alcuni riquadri di approfondimento: Le imprese con attività sospesa a rischio
illiquidità; Il credito alle imprese con attività sospesa; Evoluzione e caratteristiche delle posizioni di lavoro a tempo determinato e indeterminato; Il credito per l’acquisto della prima casa; I Programmi operativi regionali 2014-2020.

L’Economia della Liguria: 2007-Liguria