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Decreto Rilancio, Marante (Cgil Liguria): «La regolarizzazione dei migranti è un atto di civiltà»

23 maggio 2020 | 12:37
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Decreto Rilancio, Marante (Cgil Liguria): «La regolarizzazione dei migranti è un atto di civiltà»

La Cgil ligure ha proposto un approfondimento sul tema dalla propria pagina Facebook

Genova. Il Decreto Rilancio voluto dal Governo apre alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri irregolari occupati nel settore agricolo, nel lavoro di cura e domestico. La Cgil ligure ha proposto nella serata di ieri un approfondimento sul tema dalla propria pagina Facebook con una iniziativa social dal titolo “La regolarizzazione dei migranti: un atto di civiltà” che ha coinvolto altre parti sociali e associazionismo. L’argomento è di stretta attualità e porta con sé oltre ad importanti rilievi economico sociali anche una maggiore esigibilità del controllo sanitario e contenimento del contagio da Covid-19.

«Sono forse oltre 300 mila le persone interessate a livello nazionale – ha spiegato Fabio Marante, segretario regionale Cgil – In Liguria la manodopera in agricoltura non assume i valori del Mezzogiorno e di altre realtà, ma sommando l’esercito di colf e badanti si sfiorano circa le 40 mila unità impiegate facendo presumere che nella nostra regione il provvedimento potrebbe interessare diverse migliaia di lavoratori e lavoratrici».

Per affrontare l’argomento si è partiti dalle elaborazioni di Marco De Silva dell’Ufficio Economico Cgil Liguria su dati Inps e Laboratorio delle professioni della Regione. In Liguria si stimano in 40 mila gli occupati nei due settori domestico e agricolo.

Al dicembre 2019, il settore del lavoro domestico contava 29.395 lavoratori domestici di cui 18 mila circa a Genova. Di questi 21.439 sono comunitari o extra comunitari e 11.150 assistenti alla persona; la maggioranza (26.290) sono donne. Nel lavoro di cura gli occupati sono 11.150, in pratica tutti stranieri (11.124). Nel comparto agricolo, il 55,41% dei contratti a tempo determinato è svolto da lavoratori stranieri e questa è la percentuale più alta in Italia. Gli ultimi dati disponibili (dicembre 2018) indicano in 4.005 gli occupati comunitari e in 2.902 quelli extracomunitari. I due terzi del totale complessivo ha la qualifica di bracciante agricolo e per la quasi totalità (92%) è stagionale, solo un risicato 7 per cento lavora tutto l’anno.

«Il provvedimento è stato oggetto di fibrillazione politica: tra chi intendeva regolarizzare in tutti i settori e chi invece solo una piccola parte – prosegue Marante – L’esito è quindi una mediazione con diversi limiti che rappresenta comunque un passo in avanti – come evidenziato da diverse associazioni che si occupano di accoglienza – e descrive una risposta in termini di giustizia sociale per chi ha operato e opera nel nostro paese».

«Nonostante gli importanti risultati della legge sul caporalato – fortemente voluta da CGIL e FLAI – c’è ancora tanto da lavorare per far emergere lavoro nero e sfruttamento. L’argomento va trattato senza pregiudizi partendo dalla vita delle persone in carne ed ossa e sottraendo opportunità a chi con la braccia dei migranti trae vantaggio economico come caporali e malavita organizzata.

Forse occorreva più coraggio estendendo i settori interessati dall’emersione per allargare le platee di riferimento conclude Marantee – che aggiunge – il sindacato è da sempre impegnato nella battaglia per includere chi è escluso».

L’iniziativa, introdotta da Elena Bruzzese Camera del Lavoro metropolitana di Genova ha visto gli interventi di Walter Massa Arci Liguria, Ivano Moscamora CIA Liguria, Bruno Vitali Campus Coronata. A Giuseppe Massafra Segretario CGIL nazionale sono state affidate le conclusioni.