Coronavirus verso fase 2, Mara Lorenzi: «Dobbiamo far riuscire l’”esperimento Liguria”»

3 maggio 2020 | 12:25
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Coronavirus verso fase 2, Mara Lorenzi: «Dobbiamo far riuscire l’”esperimento Liguria”»

«Bisognerà effettuare molti più tamponi con risultati veloci e implementare con rigore la distanza sociale, l’uso della mascherina e l’ossessiva igiene delle mani»

Bordighera. Mara Lorenzi scrive riguardo alle aperture accelerate della Regione Liguria che identifica come un “esperimento preliminare” da seguire attraverso numeri precisi, e da far riuscire attraverso l’impegno di cittadini e sanità.

«Attraverso le ordinanze del presidente Toti datate 14 e 26 aprile 2020, la Liguria è entrata in fase 2 di risposta al Covid-19 con un piccolo anticipo sul calendario nazionale, liberalizzando la mobilità e l’esercizio fisico all’aperto (con apprezzamento credo universale), e alcune attività produttive. Poiché ogni livello di riallacciamento sociale aumenta il rischio di diffusione del virus, le scelte fatte dalla regione, indipendentemente dalla valutazione che se ne può dare, ci hanno resi protagonisti di un “esperimento preliminare”. Che ci darà un segnale sulla nostra capacità di “convivere” con SARS- CoV-2, l’agente del Covid-19.

L’esperimento si configura così. Il tempo medio di incubazione di Covid-19 è 5.2 giorni, ma può estendersi fino a 14 giorni. Aggiungiamo il tempo di prendere coscienza dell’infezione, e conoscere i risultati dei tamponi. Quindi, 15-20 giorni dopo un evento di riapertura sociale, i dati giornalieri del Ministero della Salute iniziano a dirci se quell’apertura sta avendo un impatto sul trend dei contagi.

Volendo valutare gli effetti dell’ordinanza del 14 aprile, paragoniamo l’andamento dei contagi in Liguria durante le prime tre settimane di aprile con la quarta settimana. Tra l’1 e l’8 aprile il totale dei contagi era aumentato del 37%, tra l’8 e il 15 del 21%, tra il 15 e il 22 del 16%, e tra il 22 e il 29 del 14%. Dall’inizio di aprile gli aumenti settimanali di casi sono dunque progressivamente sempre più piccoli a fronte di un aumentato numero di tamponi per identificarli; e per ora non ci sono segnali di inversioni di tendenza. Ora sarà cruciale osservare le prime 2 settimane di maggio per cogliere l’impatto delle liberalizzazioni del 26 aprile. Dopo la metà di maggio si cumuleranno con gli effetti della riapertura nazionale. Poiché ciò che vedremo sarà in buona parte un riflesso dei nostri comportamenti e della gestione del contagio da parte della sanità, dobbiamo ognuno e tutti fare il possibile perché l’”esperimento Liguria” non sia una sconfitta.

Anche a beneficio di tutte le attività legate al turismo: come potremo invitare ospiti in Liguria se non mostriamo di saper contenere la diffusione del virus quando siamo soli in casa? Noi cittadini implementeremo con rigore la distanza sociale, l’uso della mascherina, e l’ossessiva igiene delle mani. Raccomanderemo queste buone pratiche a chi ancora non le usa. I datori di lavoro e i gestori di esercizi commerciali applicheranno le misure che permettono il distanziamento di sicurezza con qualche grado di produttività. Ma il contributo cruciale al contenimento del virus dovrà darlo la sanità sulla base delle informazioni scientifiche che sono state acquisite: il virus è trasmesso soprattutto nelle fasi iniziali dell’infezione, quando ancora non ci sono sintomi e anche se i sintomi non ci saranno mai. Ciò determina la necessità di un drastico investimento negli interventi sul territorio: perché è li che si intercetta capillarmente, e si traccia e circoscrive prontamente, il contagio.

Bisognerà effettuare molti più tamponi con risultati veloci, sia per far diagnosi a persone sintomatiche e testare a largo raggio i loro contatti, sia per iniziare un vasto programma di sorveglianza ripetitiva della popolazione asintomatica nei luoghi a rischio. In questo aiuteranno anche i test sierologici. Sarà una sfida per tutti riuscire a convivere con il virus in una società aperta; ma è una sfida da vincere perché non vogliamo che sia il riempirsi degli ospedali e delle Unità di Cura Intensiva a dettare i modi della nostra vita» – dice Mara Lorenzi.