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Coronavirus, «i giovani sono degli irresponsabili?»: la riflessione di Age Liguria

12 aprile 2020 | 13:47
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Coronavirus, «i giovani sono degli irresponsabili?»: la riflessione di Age Liguria

La presidente Murante insieme alla dottoressa Monica Borgogno, psicologa clinica e consulente familiare, fa una panoramica sul mondo dei giovani e dei loro genitori

Imperia. «Stare lontani dagli amici, attraverso giornate disordinate con tempi dilatati e senza una regola precisa, allo stesso tempo divieti e decreti da rispettare anche se, a volte, non se ne capisce il perché. Le notizie andrebbero spiegate e contestualizzate con cura e invece sono trasmesse 24 ore su 24 da tutte le reti, senza sosta e senza filtri. L’isolamento, la paura e le difficoltà ci atterriscono, gli adulti perdono i loro punti di riferimento e, di conseguenza, i ragazzi sono ancora più in difficoltà. Questa emergenza da Coronavirus ha cambiato gli scenari e mette a dura prova non solo gli adolescenti, ma tutti. Senza la scuola che veicolava i giovani verso i contatti quotidiani, verso gli amori nati sui banchi, ci si ritrovano costretti all’interno di casa, insieme a quegli adulti che, molto spesso, li conoscono poco e li giudicano tanto. L’ufficio di mamma in salotto, la scuola in cameretta, il fast food in cucina, la geometria delle case viene ridisegnata». La presidente A.Ge Liguria Deborah Murante propone una panoramica sul mondo dei giovani attraverso una serie di interviste e, insieme alla dott.ssa Monica Borgogno, psicologa clinica e consulente familiare, che da anni collabora con l’A.Ge, proverà ad attraversare il mondo dei giovani, e dei loro genitori. Da più di 25 anni, alterna la libera professione, all’attività di consulenza psicologica presso associazioni specifiche in varie aree di difficoltà (tossicodipendenza, disturbi dell’attenzione, dell’apprendimento, adozione, alcolismo, e sviluppo evolutivo), con le varie collaborazioni che negli anni si sono susseguite.

L’A.Ge. a livello territoriale cura i rapporti con le scuole, le parrocchie, il comune, le radio e la stampa locale; a livello provinciale e regionale i referenti sono le Amministrazioni, gli organi scolastici territoriali e l’opinione pubblica. A livello nazionale l’A.Ge. è una presenza rappresentativa delle esigenze delle famiglie presso le istituzioni amministrative e politiche (Commissioni parlamentari, Ministeri, ecc.).

«L’adolescente che usa troppo il telefono, ascolta musica sbagliata e non fa niente in casa. Queste son le affermazioni che i genitori fanno spesso riguardo i loro figli, sono sempre vere? Dietro all’adolescente di oggi e ai suoi comportamenti, che sono spesso una corazza, un atteggiamento da esibire, si nasconde una grandissima dolcezza, grande serietà e generosità. Molto spesso i figli adolescenti non raccontano tutto ai propri genitori, e si pensa sempre al peggio. Invece ognuno di loro è molto più consapevole dei propri sentimenti di quello che si possa pensare. Sono coscienti di cosa sia la paura, in ogni sua declinazione, conoscono l’incertezza e il vuoto che a volte li assale, saprebbero descrivere i propri sentimenti uno per uno, senza tralasciare nessuna sfumatura. Sanno che la pura è contagiosa, sanno quanto possano essere fragili gli adulti e per questo, tengono per loro questo mare di sentimenti. Provate a domandare agli adolescenti cosa provano e vi stupirete della ricchezza che hanno dentro e della dolcezza che esprimono. In questo giorni ho avuto modo di parlare con moti ragazzi in chat e tutti si sono rivelati molto preoccupati per i loro nonni prima di tutto.

Pensi che i giovani sia incoscienti di fronte ai pericoli del virus? Un mese fa, prima delle restrizioni del governo, camminavo per la città. Sai quanti gruppi di adolescenti ho visto? Pochi, molto meno di quanti sono gli anziani che vedo ora, che tutti siamo consapevoli dei pericoli. Allo stesso modo non ci sembra che gli “assalti” a supermercati e treni del sud li abbiano fatti i ragazzini. In questo momento siamo tutti confusi ed impauriti, e i messaggi degli adulti sono contraddittori, pieni di angoscia. Imputare ai ragazzi la colpa di una maggior diffusione del virus, senza dati epidemiologici precisi, mi sembra esagerato. Ogni comportamento a rischio, in adolescenza, è un modo per mettere alla prova se stessi.

Chiedere improvvisamente agli adolescenti di aprirsi agli altri, è sicuramente una missione impossibile, è un progetto di crescita che si inizia da piccoli. Gli adolescenti di oggi crescono nell’individualismo, in solitudine, senza un filo che li unisce agli adulti, anche loro troppo impegnati con se stessi. Da anni sostengo che abbiamo costituito la più grande emergenza educativa degli ultimi tempi: bambini adultizzati e adolescenti infantilizzati. I genitori non riescono ad essere punti di riferimento e delegano, agli educatori, agli insegnanti, ai nonni. Mai una generazione è stata più affettivamente legata ai nonni di questa. Non è addossando loro una colpa che li si responsabilizza.

Tra poche settimane potremo tornare ad uscire, con tutte le precauzioni del caso. Anche i nostri ragazzi torneranno ad uscire, ma in questo momento di emergenza, come possiamo fare, noi adulti, a renderli coscienti del pericolo reale a cui possono andare incontro? Responsabilizzandoli, avendo fiducia in loro, costruendo un patto in cui ognuno deve fare la sua parte. Non servono le prediche, le raccomandazioni esagerate, le angosce, bisogna costringerli a ragionare con la loro testa, facendo capire loro che siamo sinceri, che siamo un esempio da seguire, con solidarietà e altruismo.

Noi adulti abbiamo una grande opportunità, tornare ad essere autorevoli ai loro occhi, ma potremo riuscirci solo se saremo credibili, assumendoci le nostre colpe per aver consegnato a loro un pianeta devastato, una società malata e ora anche un virus. Pensavamo tutti che fossero dei drogati di social e ora ci rendiamo conto che ciò che manca di più e avere dei contatti, a cui sembra non possano rinunciare. Tu che ne pensi? Penso che noi adulti siamo molto bravi a criticare i giovani, ma molto poco inclini a prendersi le proprie responsabilità.

Da sempre penso che uno dei compiti principali che abbiamo noi adulti, sia quello di essere esempi soldi e coerenti per i nostri figli. I giovani sono i massimi esperti di relazioni, soprattutto virtuali: sono stati bambini confinati in casa per la paura di lasciarli esplorare o provare anche solo ad attraversare la strada e da ragazzi a cui poi, verso i 12-14 anni, gli si è detto: “Insomma non esci mai dalla tua camera! Sempre attaccato ai videogiochi o al telefonino”.

Approfittiamo per capire chi sono i figli che abbiamo in casa, come vivono online, coinvolgiamoli nel nostro mondo, facciamoci conoscere anche noi. Anche la scuola, ora che si è virtualizzata, dovrebbe puntare su tematiche affettive. Al posto di riempirli di compiti, perché non chiedere ai ragazzi: come state? Parlate delle vostre angosce».