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La testimonianza di Lucia Scajola al lavoro nella “sua” Milano spettrale e spaventata dal virus

18 marzo 2020 | 11:05
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La testimonianza di Lucia Scajola al lavoro nella “sua” Milano spettrale e spaventata dal virus

«Questa città mi rende orgogliosa ma anche questo Paese che risponde unito, dalle più alte istituzioni a quelle locali, all’emergenza»

Milano. Dalla trincea di una Milano deserta e spettrale come non mai (i milanesi evidentemente spaventati dai dati lombardi più atroci e più gravi di quelli cinesi se ne stanno in casa molto di più dei rivieraschi) Lucia Scajola,  giornalista di Mediaset (è caposervizio del Nuovo Tg4), racconta come è cambiata la sua vita ai tempi del Coronavirus, tra turni ridotti, misure precauzionali, molto rigide anche sul luogo di lavoro, tante ore trascorse in casa da sola tenendosi in contatto con famiglia e amici grazie alla tecnologia.

«Hanno ridotto turniracconta la sua vita quotidiana la figlia del sindaco –  quindi entro in ufficio alle 11 e c’e più relax.  Mi sveglio,  guardo la rassegna stampa e scarico i quotidiani. Faccio una spremuta con un limone e un’arancia e assumo un integratore che mi ha consigliato uno degli specialisti che sono venuti da noi al Tg. Indosso giacca, scarpe e poi lavo le mani  e con le mani pulite metto la mascherina». «Prendo l’auto -prosegue Lucia Scajola –  e chiamo prima mia nonna e poi mamma e papà che sono insieme. La tangenziale è deserta. Ai cancelli dell’azienda ci misurano la febbre. Ieri ero calda. Mi hanno fatto fare una passeggiata e abbiamo riprovato. Al secondo tentativo era tutto ok. Probabilmente a causa del caldo dell’ abitacolo dell’auto che ha modificato la percezione. Parcheggio all esterno,  disinfetto le mani al dispenser e prendo le scale».

Tra l’altro due collaboratori di Mediaset, il giornalista Nicola Porro e lo showman Piero Chiambretti ricoverato in ospedale sono risultati positivi al Covid-19.

«Quando torno a casa prendo le scale per evitare l’ascensore e lascio scarpe borsa e giacca all’ ingresso. Tolgo la maschera, misuro la febbre, tengo sempre un termometro in borsa, prendo la vitamina C e attacco con i notiziari. Prima la diretta di Gallera (l’assessore al Welfare della Regione Lombardia ndr), poi quella del capo della Protezione civile Borrelli. Alle 19 inizia il mio telegiornale  e io lo seguo tale e quale come se fossi in regia».

«Milano, al di là delle critiche di pochi, è rigorosa, come lo è sempre, nella gloria e nel dolore. La locomotiva d’Italia si è fermata. Un milione e mezzo di persone hanno capito e fanno la loro parte con grande consapevolezza. Mi rende ogni volta orgogliosa questa città ma anche questo Paese che risponde unito, dalle più alte istituzioni a quelle locali, all’emergenza, dando grande prova di sé».

«Siccome vivo sola, sono quasi contenta di dover lavorare. Almeno sul lavoro ci sono interazioni, seppur in un clima di panico e consapevole pericolo. Sappiamo di non fare noi per primi ciò che invece diciamo ai telespettatori di fare. La famiglia e lontana, gli amici e gli affetti pure.  C’è stata quindi la grande scoperta, per me, della tecnologia. La sera, tra un tg che finisce e un altro che inizia, facciamo grandi aperitivi e chiacchiere via skype. Certe sere “ceno” con la famiglia, certe altre con gli amici o gli affetti più privati», conclude Lucia Scajola.