Il giovedì nero della Riviera dei Fiori, campi colmi e vendite azzerate. Il bando di Trump condanna i floricoltori

16 marzo 2020 | 17:34
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La botta all’intero comparto è arrivata dalla chiusura del mercato americano

Sanremo. In tempi di coronavirus e “coprifuoco commerciale”, è stata la decisione assunta giovedì scorso da Donald Trump a condannare, si spera non definitivamente, l’economia che ha fatto la storia della Riviera. Non il turismo, sviluppatosi in epoca relativamente più recente, ma quella legata alla coltivazione e alla vendita dei fiori. In pochi forse sanno che è con i voli di linea, infatti, che questo pregiato prodotto, eccellenza del Ponente ligure, viene esportato nel mercato statunitense. Voli che sono stati bloccati dal presidente americano per evitare che la pandemia italiana potesse alimentare i contagi negli Usa.

A spiegarlo è il presidente provinciale (e regionale) di Coldiretti Gianluca Boeri, giovane agricoltore di Taggia, protagonista e testimone diretto di una situazione drammatica di cui forse troppo poco si è parlato. Con la chiusura delle vendite al dettaglio, la serrata forzata di ristoranti, hotel e il divieto delle cerimonie civili e religiose, il fiore è rimasto orfano di compratori nel momento della “botta” – come si usa dire in dialetto – ovvero quando, come di questo periodo, i campi sono colmi di ranuncoli, anenomi e fronde di verde reciso, materiale deperibile che senza un’immediata commercializzazione non può essere altro che buttato.

«Il nostro settore è completamente in ginocchio – spiega Boeri – e la mazzata finale è arrivata giovedì scorso. Se prima il mercato aveva rallentato pur continuando a girare, per quanto riguarda il reciso siamo al blocco pressoché totale degli ordinativi che partono da Sanremo. Tutto il prodotto portato in questi giorni al mercato dei fiori di Valle Armea è rimasto al 100% invenduto.

A seguito della chiusura di ristoranti e alberghi, all’annullamento di ricevimenti, battesimi e manifestazioni pubbliche, il consumo del fiore si è azzerato. Il nostro prodotto, inoltre, veniva spedito al 90% nel resto d’Europa, Stati Uniti e Sud Est Asiatico. Quest’ultimo mercato è stato, per ovvie ragioni, il primo a crollare. Poi l’Europa e infine anche gli Stati Uniti. Quello scorso può definirsi un vero giovedì nero del fiore».

Lo scenario descritto dal presidente di Coldiretti Liguria si ripete nel resto del vecchio continente. In Olanda, dove si tiene la più importante asta del mondo, oggi le contrattazioni si sono chiuse con decine di milioni di euro di fiori mandati al macero (vedi foto).

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«Come associazione di categoria abbiamo chiesto un tavolo continuativo e permanente con l’assessore regionale Mai, mentre Coldiretti Roma sta curando i rapporti con il ministero. Oltre agli sgravi fiscali, alla sospensione del versamento dei contributi, alla cassa integrazione in deroga – tutti strumenti utili -, ciò di cui abbiamo più bisogno sono interventi diretti per dare risposte palpabili ai nostri coltivatori. Quasi la totalità delle aziende – continua Boeri – si ritroverà dal 70% al 100%di merce invenduta ancora in campo. Nella piana di Albenga, dove si coltivano prevalentemente piante in vaso come le margherite e gli aromi, la situazione è anche peggiore: le vendite per questa merce sarebbero dovute partire nei mesi di aprile e di maggio. Chi ripagherà i loro investimenti?».

Anche il comparto degli esportatori, entità molto importante dal punto di vista economico, sta conoscendo un momento molto difficile. Una mazzata questa, dettata dal virus Covid-19,  che rischia di mandare in bancarotta l’intero settore del florovivaismo che negli ultimi anni stava conoscendo un trend in crescita. Come uscirne? Per Coldiretti non c’è altra via che ricorrere a versamenti in conto capitale capaci di coprire almeno un parte delle perdite: «Senza queste misure tantissime aziende rischiano il default. Pensate che il nostro lavoro è fatto di investimenti che possono essere ripagati solo quando si realizza la vendita. Se il mercato è chiuso proprio in quel momento, allora è la fine».