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Reggio Calabria, processo Breakfast: oggi è il giorno della sentenza

24 gennaio 2020 | 07:00
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Reggio Calabria, processo Breakfast: oggi è il giorno della sentenza
Reggio Calabria, processo Breakfast: oggi è il giorno della sentenza
Reggio Calabria, processo Breakfast: oggi è il giorno della sentenza
Reggio Calabria, processo Breakfast: oggi è il giorno della sentenza
Reggio Calabria, processo Breakfast: oggi è il giorno della sentenza

Dopo oltre cento udienze, il processo si avvia a una conclusione. Il pm ha chiesto 4 condanne, gli imputati si sono sempre dichiarati innocenti

Reggio Calabria. Dopo 102 udienze, il collegio giudicante del Tribunale di Reggio Calabria, presieduto dal giudice Natina Pratticò, pronuncerà oggi la sentenza del cosiddetto “processo Breakfast” che ha portato alla sbarra l’ex ministro dell’Interno e attuale sindaco di Imperia Claudio Scajola, insieme con Chiara Rizzo, Martino Politi e Maria Grazia Fiordalisi, accusati di  procurata inosservanza della pena per il presunto tentativo di favorire la latitanza di Amedeo Matacena: l’ex parlamentare di Forza Italia attualmente latitante dopo una condanna a tre anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.

Per Scajola, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha chiesto una condanna quattro anni e sei mesi di reclusione, richiedendo l’esclusione dell’aggravante mafiosa. La pena più alta è quella chiesta per l’ex moglie di Matacena, Chiara Rizzo: il pubblico ministero ha chiesto una condanna a 11 anni e 6 mesi. Per gli altri due imputati, Lombardo ha chiesto 7 anni e 6 mesi di reclusione.

Nei giorni scorsi l’ex Lady Matacena ha rotto quel silenzio mantenuto per oltre cinque anni. Lo ha fatto con una lettera, indirizzata al presidente del Tribunale di Reggio Calabria, Natina Pratticò. Ha voluto scrivere le sue memorie, la sua verità, raccontando l’amicizia che la legava a Claudio Scajola, al quale avrebbe chiesto un aiuto, trovandosi da sola, con un due figli, e con un marito che aveva scelto di farsi latitante per evitare il carcere. Lo stesso Scajola si è sempre difeso negando ogni addebito, e dichiarando invece di aver solo tentato di aiutare una donna disperata e sola.

Insomma, quello che per la pubblica accusa è un vero e proprio disegno criminale volto a favorire la latitanza di un ex parlamentare vicino ad ambienti mafiosi, per due degli imputati è solo un agire per semplice amicizia, rafforzata da un momento di necessità dell’uno che avrebbe spinto l’altro a muoversi per un sentimento di umana pietas.

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