Papà Alessandro racconta la storia di Ariel, «un piccolo cuore in cerca di vita»

5 dicembre 2019 | 15:38
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A soli 40 giorni di vita ha manifestato un grave problema cardiaco che d’improvviso le accelerava le frequenze del cuore anche a 300 battiti al minuto

Sanremo. Ariel ha provato per la prima volta l’ebbrezza di una pedalata in ciclabile all’età di 15 anni. A 15 anni ha iniziato a correre, ad andare in palestra, a mangiare un pezzo di cioccolato senza paura. Fino alla scorsa primavera, infatti, Ariel soffriva di un grave problema cardiaco che d’improvviso le faceva battere il cuore all’impazzata. Duecentoquaranta, duecentocinquanta, anche trecento battiti al minuto. Ogni volta che accadeva, era la paura più folle, per lei, per i suoi genitori, per i suoi fratelli. Poi a maggio prende coraggio e chiede di essere operata per liberarsi da quella patologia che i manuali chiamano tachicardia parossistica sopraventricola (tpsv).

Come ci racconta il padre, Alessandro Condò, «oggi Ariel è “mentalmente” guarita, il rischio di una recidiva c’è sempre, ma il margine si è ridotto. Nell’ultimo anno siamo arrivati a contare una crisi al mese. Ogni trenta giorni eravamo in pronto soccorso per fare un trattamento di adenosina e bloccare la crisi. In ospedale Ariel ha passato compleanni e festività ea un certo punto lei stessa ha detto basta».

Ariel è stata molto coraggiosa, quel coraggio che arriva dal desiderio di vivere come ogni altra ragazza della sua età, anche se, sottolinea papà Alessandro, «è stata molto fortunata. La sua patologia le ha permesso di condurre una vita abbastanza normale, seppur con mille accorgimenti, quali no alle corse, no all’educazione fisica, no ad alimenti eccitanti e soprattutto il seguire meticolosemente la cura farmacologica giornaliera consistente in tre iniezioni con una siringa senza ago.Le difficoltà maggiori le abbiamo vissute quando era piccola». Ariel ha infatti iniziato ad avere i primi problemi cardiaci quando aveva appena 40 giorni di vita. Saltava le poppate, non faceva la pipì e sudava freddo. «Il pediatra non ci è stato d’aiuto, soltanto quando ci siamo rivolti al pronto soccorso, dopo ore di esami e discussioni, abbiamo scoperto che il suo cuore aveva delle frequenze altissime».

Papà Alessandro e mamma Daniela erano molto spaventati, «avevamo una neonata che in qualunque momento poteva avere un attacco. Ci siamo così rivolti al Gaslini dove abbiamo incontrato un personale ospedaliero fantastico. Ci hanno dato tutte le istruzioni possibili, insegnandoci a usare il fonendoscopio e altri strumenti, e specialmente rassicurandoci. Il supporto non ci è mai mancato, anche grazie ai Piccoli Cuori», una onlus che dal 1998 si occupa di aiutare le famiglie ad affrontare in modo consapevole il percorso di cura e di crescita dei bambini con cardiopatie congenite o acquisite.

A Piccoli Cuori ha anche aderito Sanremo Libera, l’associazione presieduta dal padre di Ariel, «così da portarne le iniziative sul territorio. Insieme raccoglieremo fondi, organizzeremo eventi benefici per l’acquisto di apparecchiature e per sostenere la ricerca». I progetti sono tanti, tutti con un unico scopo: «far crescere tanti “piccoli cuori” in cerca di vita».

L’intervista integrale ad Alessandro Condò nel video in apertura di articolo